L’essere umano, in generale, prima o poi muore;
Le probabilità di morire per malattia aumentano considerevolmente con l’età;
Le probabilità di morire aumentano considerevolmente in presenza di concomitanti patologie gravi e multiple.
Questa è la realtà storicamente sperimentata e da tali premesse si potrebbe ipotizzare ragionevolmente che:
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si soffre di più se muore una persona giovane;
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si soffre di meno se muore una persona anziana e molto malata;
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la sofferenza è di bassissima intensità, sia nel caso a) che nel caso b), se i deceduti non appartengono alla cerchia di parenti stretti e/o amici reali, non i conoscenti;
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la sofferenza si annulla o addirittura vira verso il sollievo se non si appartiene ai gruppi a rischio o, se pur appartenendo a questi gruppi, ci separa da loro una notevole distanza geografica (es. caso di malattie contagiose);
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la sofferenza si annulla o addirittura vira verso il sollievo se non si appartiene ai gruppi a rischio o, se pur appartenendo a questi gruppi, ci separa da loro una sostanziale distanza socio-economica (es. caso di malattie che richiedono cure costose);
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i matematici più cinici, in controtendenza rispetto alla percezione comune, in alcuni casi sono sollevati se muore una persona o meglio ancora se muoiono più persone appartenenti al loro stesso gruppo a rischio, in quando il decesso altrui comporta matematicamente una diminuzione delle probabilità di essere colpiti a loro volta.
Per il Coronavirus sono gruppi maggiormente a rischio le persone con più di 80 anni che nel contempo hanno 2/3 importanti patologie o più.
Per le persone sotto i 60 anni, in assenza di gravi patologie, la letalità è dello 0,1%, rischio bassissimo.
Per i ragazzi e i bambini sotto i 30 anni la letalità è nulla, rischio inesistente.
La paura di morire per circa il 70% della popolazione non ha ragione di esistere, quindi, ma dovrebbero essere presenti solo un grande senso di responsabilità e un profondo senso civico nei comportamenti quotidiani al fine di non danneggiare gli altri, soprattutto i più anziani.
Ma, purtroppo, le osservazioni da a) ad f) appartengono solo alle persone aride e ciniche con una sensibilità miserabile ed una assoluta mancanza di rispetto della vita come me; è risultato evidente da alcune considerazioni che mi sono permesso di fare nei giorni scorsi, non da solo.
Tutti gli altri sono diversi e migliori; se decede una persona a loro cara di 20 anni o una di 90 anni o uno sconosciuto, soffrono per tutti allo stesso identico modo, senza alcuna gradazione, come stiamo constatando in questi drammatici momenti.
Così come hanno sofferto con pari intensità, ed è solo uno dei tanti esempi possibili, per le 100.000 persone (ISTAT) che ogni anno sono decedute per malattie del cuore. Infatti, su tutti i media, giornalisti e comunicatori affranti hanno fatto quotidianamente la conta dei morti con dirette h24 e milioni di italiani sono usciti sui balconi a cantare l’Inno di Mameli.
(risposta.. eeh!! ma che c’entra… è diverso!!. No non è diverso, sono morti per malattia come per il Coronavirus).
E per quanto riguarda gli anziani, così colpiti dal Coronavirus, il nostro amore per loro è dimostrato dal fatto che fino a non molti decenni fa trascorrevano i loro ultimi anni in famiglia con figli e nipoti mentre oggi o da soli, se hanno la fortuna di avere una casa e sono autosufficienti, o in ospizio, oltre 300.000 soprattutto molto anziani e non autosufficienti.
NO!!.. scusate in case di riposo... suona meglio.
Di tutto questo me ne sono fatto una ragione da tempo, e allora per recuperare vi dico “abbracciamoci forte e vogliamoci tanto bene, continuiamo a volerci tanto bene” come abbiamo fatto sicuramente dal 2006 fino ad oggi con il Coronavirus. Tutti ogni giorno.
Oppure aspettiamo di vincere un altro mondiale o un altro xvirus per riscoprire l’amore universale che irradia tutti indistintamente, presente in ognuno di noi e che ci farà uscire sui balconi e cantare tutti insieme.
Un po’ come accade con i buoni propositi di Capodanno.