Sono trent'anni che chi scrive fa questo mestiere e altrettanti nel corso dei quali ha avuto più volte l'occasione di fermarsi a domandarsi in che cosa consista, realmente, la professione di giornalista. Tempo sufficiente, tre decenni, per capire che le regole base che fanno da sfondo e da minimo comune denominatore sono eguali a tutte le latitudini e, in molti casi, marce e rancide. Eppure continuano a restare immutabili senza che nessuno abbia il coraggio di modificarle per restituire a questo lavoro una dignità che, ormai, più nessuno, tantomeno l'uomo della strada, gli riconosce.
Questa mattina le locandine acchiappacitrulli recavano, a caratteri cubitali, la notizia della morte di una donna di 80 anni per Coronavirus. Ebbene, in trent'anni di professione mai un morto di quell'età ha fatto scalpore meritandosi, addirittura, l'onore della locandina. Non solo, ma, anche quando la morte era violenta, ossia causata da un incidente stradale, il suggerimento del caposervizio più esperto di noi pivelli, era sempre di sparare la notizia, ma evitando di usare la parola anziano/a altrimenti non gliene fregava un cazzo a nessuno.
E' vero, a 80 anni si può anche morire dopo aver contratto il virus cosiddetto Covid-19, ma non è, a nostro avviso, meritevole di così tanto risalto e non soltanto per una questione di rispetto umano. A 80 anni basta molto di meno per terminare la propria avventura su questa terra. Quante persone di quell'età e anche un po' più giovani, infatti, muoiono ogni giorno per complicazioni legate a patologie che, inevitabilmente, rendono precaria la sopravvivenza? E se ad una persona anziana si aggiungono malattie come diabete, tumori, insufficienze cardiocircolatorie o respiratorie, utilizzo di farmaci particolari, è comprensibile che una improvvisa infezione possa essere fatale.
Purtroppo siamo arrivati ad un punto e lo sottolineava benissimo la psicologa e psicoterapeuta Emanuela Giannotti in un articolo sul nostro giornale, in cui anche morire è vietato e, se ciò avviene, desta sorpresa e irritazione nonostante il de cuius abbia raggiunto una età in cui, oggettivamente, il nostro organismo è giunto alla fine dei suoi giorni. Invece, ci hanno voluto far credere che l'immortalità è ad un passo, che si può essere eternamente vivi e vegeti anche dopo aver oltrepassato il secolo, che la morte non è una inevitabile certezza, ma soltanto una eventualità da spingere oltre il più a lungo possibile e a tutti i costi.
E' arrivato a turbare non solo i nostri sonni, ma anche a compromettere il nostro equilibrio psicologico, già di per se stesso fragile e sottoposto, quotidianamente, a sollecitazioni impensabili fino a mezzo secolo fa, il Coronavirus, uno dei milioni di virus che bazzicano intorno o, perfino, dentro il nostro organismo la maggior parte dei quali, però, si guarda bene dal causare danni irreparabili.
E' una polmonite, una brutta forma di polmonite che, se colpisce chi è già alle prese con malattie tutt'altro che facili da affrontare e curare, provoca la morte. Ha, per di più, il bruttissimo difetto di essere particolarmente contagiosa anche se, al di sotto di una certa soglia, non fa grandi danni. Non lo diciamo noi, ma l'istituto superiore di sanità, secondo il quale, addirittura, i morti per causa di Coronavirus in Italia sarebbero, addirittura, tre.
A noi che proveniamo da un altro secolo, molto meno tecnologico, ma molto più intriso di buonsenso e disposizione al sacrificio e alle difficoltà, cresciuti con una Tv che trasmetteva solo su due canali e, soprattutto, dalle 16 fino alla mezzanotte, in una scuola che pensava ad insegnare e in mezzo a uomini e donne che avendo conosciuto la guerra e le amare conseguenze, sapeva accettare gli ineluttabili drammi e le tragedie dell'esistenza, tutto quello che sta accadendo appare come un gigantesco show dove, invece di rassicurare e di abbassare i toni, si alimenta la paura e si alza volutamente il volume. E, per di più, si uccidono tutti coloro che osano pensare diversamente e lo dicono.
Hanno trovato, diciamolo pure, il modo per metterci a tacere, per sedare ogni istinto di ribellione, per mostrarci la nostra caducità, per iniettarci le loro paure e annientare le poche certezze, per esaltare le nostre inquietudini e distruggere l'unica cosa che ancora ci resta, sempre quella, sempre in pericolo, sempre, questa sì, a rischio estinzione: la nostra identità.
Che senso ha e quale utilità riveste diffondere le immagini dei camion militari che trasportano le bare fuori Bergamo? Ché forse qualcuno, in altri evi, si è preoccupato di quanti cadaveri uscissero e, credete, ne uscivano ogni giorno, diretti al camposanto? Guardate le statistiche e vi renderete conto che solo in Lombardia il tasso di mortalità con il Coronavirus è del 14 per cento quando in Germania, altra zona industriale e, quindi, inquinatissima, dove la composizione sociale è identica o quasi alla nostra, con una popolazione anziana ragguardevole, è dello 0,2 per cento.
A Lucca, ieri, ci sono stati quattro contagi. A Prato, dove esiste la comunità cinese più grande d'Europa, i contagiati sono 70 e nessun decesso. In gran parte d'Italia il rapporto tra il numero dei contagiati e quello dei morti è inferiore al 2 per cento. Eppure, hanno distribuito, da subito, parole ed immagini più adatte a suscitare terrore che a infondere fiducia. Gli esperti si sono succeduti nel descrivere questa epidemia come il Male del secolo, eppure, incredibile a dirsi, ma i bambini, che nelle situazioni di emergenze sanitarie sono i primi a pagare, in questo caso non si ammalano se non raramente e in forma così leggera da non costituire, parole dette in conferenza stampa nazionale da uno dei responsabili della sanità, un problema pediatrico.
Che epidemia è una epidemia che non colpisce i bambini, che non colpisce gli adolescenti, che a malapena sfiora i giovani uomini e che tocca, magari creando qualche problema, tutti coloro che arrivano a 59 anni? Cos'è, una epidemia part-time? Che epidemia mortale è un virus che è sì contagioso, ma non è la peste bubbonica che uccideva quasi all'istante, né l'ebola, né qualsiasi altra forma di infezione galoppante come se ne sono avute nel passato e che, certo, non facevano distinzione tra giovani e vecchi, uomini e donne o bambini?
Eppure, i professionisti del terrore che ogni giorno, dalla mattina alla sera ci ammorbavano con trasmissioni riservate a chi amava la cronaca nera e gli omicidi di povere donne, adesso fanno altrettanto con maratone televisive sul Coronavirus, il cui unico effetto è diffondere la sensazione che siamo alle soglie di una catastrofe umanitaria, che il mondo è di fronte a una sfida enorme, che ci attendono milioni di morti.
E nessuno cui sia concesso di contraddire il Pensiero Unico Dominante. Così, finiscono anche il povero pescatore che vive in un'isola sperduta del Mediterraneo o il pastore delle montagne dell'Appennino per credere alla favola che la terra è piatta e che la fine del mondo, se non si chiuderà ermeticamente in casa, è prossima.
Ecco, questa classe dirigente di incompetenti, invece di comprendere che il vero problema non è il Coronavirus, ma le condizioni in cui si trova la sanità, molto simile, a volte e se ci è concesso, all'Armir spedita sul fronte russo con le scarpe di cartone e il moschetto 91. Il Coronavirus fa il suo corso e il suo maledetto lavoro, infiltrandosi ovunque, con le sue microparticelle capaci di bucare anche le mascherine che la gente si mette perfino quando va al cesso. E chi si ammala, ha bisogno di strumenti che, purtroppo, non ci sono o non ce ne sono abbastanza. E se già soffre di alcune patologie, è la fine.
Prendiamo l'esempio delle mascherine. C'è la corsa ad accaparrarsele. Ovunque, perfino in mezzo ai campi e con la prima persona distante un chilometro o giù di lì, chiunque indossa una mascherina. Ma a che cosa serve? Durante una delle ultime conferenze stampa del capo del dipartimento della Protezione Civile Angelo Borrelli con il presidente dell'ISS Silvio Brusaferro, è stato spiegato benissimo: a un cazzo a meno che non si tratti di persone come medici e infermieri che ne hanno assoluto ed evidente bisogno. Per il resto, è sufficiente tenersi a distanza. E, infatti, sia Borrelli sia Brusaferro non le indossano, ma come farlo capire ai milioni di telespettatori ormai ossessionati dal terrore?
Ci hanno lavato a tal punto il cervello che sono riusciti ad impedirci di ragionare con la nostra testa. Uno dei principi basilari su cui si fondano l'umanità e la logica, è quello di trattare situazioni diverse in maniera diversa e non, come sta accadendo, situazioni differenti in maniera eguale. Eppure lo hanno fatto. Hanno chiuso a chiave l'Italia anche laddove non c'erano i numeri della Lombardia e, idiozia macroscopica, lasciando fuggire i buoi senza aver prima chiuse le stalle fino all'ultimo giorno. Con il risultato che le misure che sarebbero dovute essere applicate, sin da subito, nelle regioni più colpite, sono state estese a cani e porci per rimediare alle cazzate fatte.
I risultati sono due e sono così tremendi che ci sorprendiamo dalla ignoranza con cui si fa finta di non tenerne conto: innanzitutto, diffondendo e facendo di tutto per radicarlo, il terrore del contagio, si è introdotta la volontà nelle persone di non voler più recarsi al lavoro anche quando il pericolo è inesistente o quasi. Nessuno vuole morire dicono, ma qui non si muore, al massimo, ma è già tanto, ci si ammala, ma siamo appena a 40 mila ammalati su 60 milioni di abitanti.
Così facendo e aumentando il termometro della paura, si è distrutta la filiera economica di tutto il Paese, di fatto provocando danni così ampi che saranno visibili solo quando tutto sarà, paradossalmente, finito. Al di là dei dipendenti pubblici, con cosa mangeranno e con cosa pagheranno tasse, bollette, affitti tutti quegli esseri umani che non possono lavorare, ma sarebbero perfettamente in grado di farlo?
Il Governo Conte Pd-5Palle, una vergogna demenziale, ha varato un decreto di 25 miliardi che se lo andate a leggere vi rendereste conto che questa classe politica di debosciati non ha nemmeno il rispetto per il popolo che produce e lavora e quest'ultimo neanche la dignità per respingere quella che, a tutti gli effetti, è soltanto una elemosina. Per gente che guadagna 12-15 mila euro al mese come i nostri parlamentari e ministri, hanno avuto il coraggio di proporre, e non per tutti, 600 euro al mese.
Poi, seconda conseguenza, hanno blindato la gente in casa, costringendola a non uscire. Questo vale anche per il pastore e il pescatore di cui sopra a meno che non si vogliano ammettere delle eccezioni. Non vogliono che la gente esca, che prenda aria, che prenda il sole, ma, come al solito, se sei ricco e hai una bella casa con terrazzo e, magari, anche il giardino, vaffanculo il Coronavirus e io mi abbronzo uguale.
Non hanno tenuto conto, questi dilettanti allo sbaraglio, che chiudere la gente in casa solo per farle guardare la Tv che trasmette h24 immagini devastanti per chi ha un po' più di ansia e sensibilità del normale, che così facendo hanno messo le basi per una spaventosa epidemia, questa sì, di depressione causata dall'assenza di luce, di aria, di libertà e, soprattutto, di positive aspettative per il proprio futuro.
Così, oltre ad ammalarsi fisicamente si finirà per crollare anche psicologicamente con tutte le conseguenze e i costi che ne deriveranno. Ma tanto, a pagare, saranno sempre gli stessi, le classi medie e le classi popolari. I ricchi, si sa, del Coronavirus fotte un cazzo. Anzi, come abbiamo già visto, ne approfittano per speculare in Borsa e portarsi a casa lauti guadagni.
Bene, perdonerete questa lunga disgressione, ma siamo giunti, finalmente, alla fine. Hanno detto che queste misure andranno avanti per un altro po', forse, addirittura, fino al 2 maggio. Ebbene, vogliono davvero annientarci, costringerci alla fame, creare milioni di disoccupati che, poi, non sapranno più dove andare a sbattere la testa. E tutto questo per fronteggiare una polmonite bastarda, questo sì, ma che, incredibilmente, provoca la morte solo per alcuni, solo in determinate circostanze risparmiando, paradossalmente, i soggetti più deboli, ossia i bambini.
Qualcuno potrebbe dire che anche gli anziani appartengono alla categoria dei più deboli ed è vero, così come è altrettanto vero che morire a 80-85-90 anni non può essere la stessa cosa che morire a 5, a 10, a 20 o a 30. Nessuno vorrebbe vedere morire i propri cari tantomeno nel modo orribile in cui ciò sta avvenendo in una parte di questo paese, ma nemmeno si riesce, spesso e pur volendo, a vivere in eterno. Come diceva il poeta francese Paul Eluard, non si fa quel che si vuole, ma si fa quel che si può.
Ecco, facciamo il possibile per aiutare chi lotta tra la vita e la morte e anche coloro i quali stanno lavorando giorno e notte per impedire che anche una sola persona possa morire. Ma stiamo attenti a non finire per uccidere anche tutti gli altri che, se anche fisicamente non hanno il Coronavirus, potrebbero finire molto, ma molto male e senza alcun vaccino che tenga.
P.S. Dimenticavamo l'ultima perla: hanno deciso di mandare l'esercito per le strade, nemmeno fossimo al coprifuoco. Peccato che, invece di spedirlo al nord nelle zone dove, veramente, il contagio è altissimo e le persone continuano a girovagare indisturbate, lo inviano al sud, dove i contagiati sono poche centinaia e dove la gente, paradossalmente, appare più disciplinata. Ma è sempre stato così: i più poveri, i peones di questa terra, sono più disciplinati di chi li governa e dei ricchi che, ancora una volta, pensateci bene, riversano le proprie disgrazie su chi, di disgrazie, ne ha sempre avute a iosa.