La solenne concelebrazione eucaristica per il patrono della diocesi e della città di Lucca, si è svolta alle 10.30 di oggi, nella basilica dedicata proprio a colui che la tradizione indica come nostro primo vescovo: San Paolino. Ha presieduto l’arcivescovo Paolo Giulietti e tra i concelebranti c’era anche il vescovo di Pistoia e Pescia, il lucchese Fausto Tardelli, insieme a cinquanta tra presbiteri e diaconi diocesani. Erano poi presenti, in segno di amicizia ecumenica, padre Dionisios Papavasilieou, Vicario della Sacra Arcidiocesi Ortodossa in Italia e padre Liviu Marina della comunità ortodossa romena di Lucca. Inoltre, insieme a molti fedeli, erano presenti anche le autorità in rappresentanza delle istituzioni del territorio.
Nell’omelia, mons. Giulietti si concentrato sul concetto di «segno» richiamato nella prima lettura da Isaia, non solo con il senso di memoria del passato ma anche come prospettiva di un futuro migliore: «Diciamo che il martire Paolino per noi è un segno, perché guardando la sua vicenda siamo richiamati alle ragioni della speranza che affondano nel nostro passato, la Pasqua di Gesù, testimoniata dal dono della vita. Ma al tempo stesso Paolino ci richiama al futuro, perché dice che la Pasqua del Signore Gesù è anche la cifra della speranza: perché Dio è entrato nella storia per volgerla al bene e ha dichiarato che il fine della storia è quel Regno che avanza a fatica nel tempo ma che sicuramente si compirà. È poi segno per noi la Beata Elena Guerra – ha continuato Giulietti – che sarà canonizzata tra pochi mesi a San Pietro da Papa Francesco: è un segno per il suo coraggio di donna di farsi “maestra del Papa”, apostola dello Spirito Santo, incoraggiando il successore di Pietro nel far riscoprire questa presenza vitale della Chiesa. Ed è un segno per noi quello dei 28 religiosi, sacerdoti, consacrati, seminaristi, uccisi 80 anni fa dai nazisti in provincia di Lucca. Li ricorderemo tutti il prossimo 7 agosto con la presenza a Lucca del Cardinal Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei: hanno proclamato, con la loro testimonianza, il primato della coscienza sul potere e il primato della carità sulla violenza. Una memoria questa che è anche profezia perché la coscienza e la carità sono davvero gli ingredienti per costruire la comunità del futuro come ci ha ricordato anche la recente settimana sociale dei cattolici a Trieste, con la presenza del Presidente della Repubblica e del Santo Padre». Poi mons. Giulietti ha così concluso: «Ricordare i segni è davvero importante ma ci pone anche una domanda: sappiamo che la gente diffida delle istituzioni, diffida della Chiesa e della politica, sappiamo che alle ultime elezioni ha votato meno della metà degli aventi diritto. Questa diffidenza è un grande problema per la partecipazione democratica. Ma questa diffidenza forse si radica su una mancanza, sul fatto che noi non siamo più un segno. E parlo qui soprattutto di chi ha il compito di guidare le comunità: la comunità ecclesiale delle parrocchie e della diocesi, la comunità civile delle amministrazioni locali e del governo centrale. Non abbiamo più la capacità di ricordare con efficacia il passato, quel passato che sono le nostre radici che non può essere dimenticato se vogliamo costruire qualcosa che abbia senso. E forse abbiamo perso la capacità di indicare il futuro, con visioni, sogni, ideali capaci di entusiasmare, coinvolgendo i giovani che, loro sì, hanno voglia di costruire qualcosa di diverso, di nuovo e migliore, mettendo le loro energie dove ha senso metterle perché, purtroppo o per fortuna, abbiamo bisogno delle istituzioni. Cioè di quelle realtà comunitarie che aiutano a canalizzare tutto verso il bene comune, che aiutano a mettere le energie, i sogni e gli ideali in qualcosa che abbia una consistenza. “Sortirne insieme” come diceva don Milani, questo è ciò che le istituzioni rendono possibile, sortire insieme dai problemi. Questo è ciò che Isaia annuncia a Israele: si può uscire insieme dalla crisi per costruire qualcosa di inedito, sorprendete e di nuovo: perché il Signore ci abilita a questo e questo è ciò che i segni che ricordiamo oggi, San Paolino, la beata Elena Guerra, i nostri fratelli e sorelle martiri nel passaggio del fronte 80 anni fa, dicono ancora a noi oggi. Abbiamo bisogno di segni, abbiamo bisogno di farci segno perché la speranza non si perda, perché la nostra società sia animata da quell’energia che la speranza ci infonde, mettendoci in grado di superare e fronteggiare ogni sfida, generando qualcosa di buono. Altre generazioni di lucchesi lo hanno fatto, chiediamo al Signore di essere anche noi capaci di coltivare la speranza e di essere un segno per questa generazione».
Dopo l’omelia, l’omaggio delle autorità a san Paolino: il Comune di Capannori con il sindaco Giordano Del Chiaro ha offerto l’olio per la lampada e il Comune di Lucca con il sindaco Mario Pardini, come da tradizione, il cero. La messa è conclusa con la benedizione solenne e il mottettone di San Paolino composto dal maestro Egisto Matteucci che ha diretto la Polifonica lucchese nell’animazione della concelebrazione.