Nata quasi per scherzo questa interSvista ad Aldo Grandi, è divenuta, domanda dopo domanda, un’occasione per riscoprire quel lato di Aldo Grandi che lui stesso tende a nascondere. A tratti emozionato, sguardo a terra, a tratti esuberante e sboccato, una lotta continua tra due personalità che faticano a trovare un equilibrio emotivo.
Grandi quanti anni compie?
Appena compiuti 62 anni il 26 luglio. Segno zodiacale leone, non faccia battute sull'età che già ci pensa qualcun altro.
Sono più le cose che rifarebbe o quelle di cui si è pentito nel corso di questi anni?
Sono molte di più le cose che rifarei. Almeno sotto il profilo professionale. Quanto all’aspetto provato, se potessi, cambierei tutto ciò che ho fatto fin dall’inizio. Professionalmente credo, senza falsa modestia, di non averne sbagliata una, ma si sa che quando si scende nella sfera affettiva i rischi sono maggiori e le possibilità di commettere sciocchezze aumentano sensibilmente. Se devo essere sincero fino in fondo mi pento di non essere stato quel padre che, probabilmente avrei potuto essere.
Eppure sotto l’aspetto professionale si ricordano delle belle cantonate…
Ad esempio?
Per esempio le malelingue ricordano un certo Fouzi Hadj e la campagna in suo favore che il suo quotidiano imbastì…
Verissimo io ho il brutto difetto di innamorarmi delle persone con le quali riesco quasi sempre ad instaurare un rapporto personale di sincera amicizia e di, almeno credo, altrettanta sincerità.
Ero convinto che il businessman sirio-armeno volesse bene alla lucchese e avevo visto quanti soldi ci aveva infilato. Molti di più di qualsiasi altro presidente successivo. Non avevo mai questionato sull’origine dei soldi, ma, in fondo, nemmeno mi interessava. Fouzi Hadj era una persona amabile che solo successivamente scoprii essere, per certi versi, diverso da come io lo avevo creduto. La vicenda del bonifico di 2 milioni in arrivo sul conto corrente della Cassa di Risparmio di Lucca, in realtà mai partito, fu la prova che avevo preso una cantonata.
E non fu la sola.
Aveva ragione il mio amico e collega Luca Tronchetti, sempre pessimista, sempre pieno di dubbi e perplessità, raramente uno slancio di entusiasmo, ma devo riconoscere che in fatto di calcio io c’ho capito ben poco e lui, al contrario, c’ha sempre azzeccato in tutto. Questione anche di carattere. Tuttavia quando mi riferivo a non averne sbagliata una sotto il profilo professionale intendevo le scelte che ho compiuto nel corso degli anni.
E cosi mi toglie la possibilità di ricordarle anche le scuse che ha dovuto pubblicare nei confronti dell’on. Marcucci o la più recente cantonata presa con la dirigente del liceo Vallisneri per una festa di studenti tenutasi vicino a casa sua, lei che è un sostenitore della movida cittadina, ma forse quando non è sotto le sue finestre…
Per quanto riguarda la festa di fine anno, sottolineo che non ho niente contro la movida tanto meno quella degli studenti, del Liceo Vallisneri, ma che alle 3 di notte, ovunque si trovi, io pretendo di non avere le auto parcheggiate sotto il culo e sotto le finestre, né di dover ascoltare musiche sparate a volume altissimo, o grida ed urla che di umano, spesso, hanno ben poco.
Non ricordo la dirigente del Liceo Vallisberi, la quale probabilmente ebbe a dire di non saperne nulla della festa, ma io mi chiedo come è possibile organizzare un evento del genere in una villa a Gattaiola senza che le autorità scolastiche sappiano quello che si va a fare, se non altro per il costo sostenuto per affittare la struttura. Mi fu detto che avrei dovuto comprendere il desiderio dei ragazzi di fare baldoria dopo il covid, ma a me sembra che alle 3 di notte i ragazzi e le ragazze farebbero bene a piazzare le loro chiappe sotto le lenzuola invece di rompere i coglioni a chi ha il sacrosanto diritto di dormire.
Quanto alle scuse all’onorevole Marcucci, ricordo benissimo che fu intentata causa civile con richiesta di risarcimento per 180.000 euro più altri 20.000 per il mio collaboratore Andrea Cosimini reo di aver rivolto due domande al sindaco di Barga sui dei terreni e sulla loro proprietà.
In realtà i cinquanta e passa articoli che mi venivano contestati come una sorta di associazione a delinquere finalizzata alla denigrazione di Andrea Marcucci si riducevano, a mio avviso, solamente a due nei quali, oggettivamente, avevo manifestato un giudizio non lusinghiero sul padre. Avevo sbagliato nei modi.
Sono passati anni e ora, sia con Andrea che con Marialina, sia, soprattutto, con un grandissimo professionista, quale considero il loro avvocato, Carlo Cacciapuoti, i rapporti sono buoni, ma ciò non toglie che tutti abbiamo la memoria per ricordare ciò che è successo. Aggiungo che, per carattere, raramente riesco a conservare rancore, o peggio ancora odio, verso le persone con le quali mi sono scontrato.
Se dovesse dirmi una parola nella quale più si riconosce o quella che l’ha ispirata di più nel corso della sua vita: un suo mantra
Le rispondo semplicemente con una frase che il mio collega Paolo Pacini coniò in occasione dell’uscita del mio primo libro edito nel 1990 per Abramo Editore.
Il libro si intitolava “Autoritratto di una generazione”. Ebbene tempo dopo il collega mi apostrofò con una frase che non ho mai dimenticato e che mi calza a pannello, parafrasando proprio il titolo del libro: Autoritratto di un esagerazione!
Lei Grandi davvero si ritiene un uomo libero? Ma libero da chi o da che cosa?
Nel momento in cui, caratterialmente e fisicamente, avverto la sensazione di essere spinto, stretto in un angolo o soffocato, per reazione immediata c’è una rivolta interiore ed esteriore. Per me la libertà è proprio questa, non riuscire a sopportare alcun tipo di imposizione da qualunque parte provenga. Fermo restando che la vera e più importante libertà che un individuo possa avere è quella, nel corso della sua esistenza, di poter dire di no.
Anche le leggi le vive come un’imposizione è parso di capire in certi momenti…
Anche questo è vero.
Essendo un individualista-anarchico, ma conservatore, aspirerei inconsciamente ad una repubblica ad personam, dove le leggi siano ispirate dal buonsenso popolare e popolano piuttosto che da una classe 'digerente' in giacca e cravatta in grado solamente di produrre eunuchi a volontà.
Lei dice spesso di non avere padroni, che per un editore di giornali che campano di sponsor è un concetto un po’ ottimistico non crede? I cattivi e le malelingue dicono che il suo sia un quotidiano pieno di marchette.
Ai tempi della mia più o meno consapevole incoscienza le marchette avevano a che fare con la professione non proprio edificante di quelle che venivano definite lucciole o “belle di notte”.
Posso garantire che alle Gazzette questo genere di marchette non ci sono mai state. Se poi vogliamo riferirci al fatto che le Gazzette campano di pubblicità, non è mai capitato, se non un paio di volte, di dover fare i conti, per articoli pubblicati non graditi, con altrettanti sponsor pubblicitari, i quali senza tanti complimenti, sono stati mandati a cagare.
Se per marchette però, intende gli articoli che ogni tanto, spesso, facciamo su ristoranti, stabilimenti balneari, locali, le posso dire che se io vado a mangiare in un posto e mangio da fare schifo, tra le righe dell’articolo lo si capisce benissimo. Io soo un gaudente, amo essere in prima linea e, perché no?, anche in prima pagina. Ci metto sempre la faccia nel bene e nel male e se devo mandare a quel paese qualcuno non c’è pubblicità che tenga.
La sua libertà ha dei imiti? Io e lei ci siamo più volte scontrati durante la sua campagna a favore dei ristoratori dissidenti che aprivano nei moneti del look down. Per lei chi rispettava le regole in favore del bene comune era una capra, individui senza palle, non pensanti, pecoroni. Questa è la sua libertà? Offendere ed etichettare chiunque la pensa diversamente da lei?
Ricordo benissimo i ripetuti scambi di opinione che abbiamo avuto e che, devo essere sincero non hanno però mai messo in dubbio la nostra amicizia. La mia avversione per tutto ciò che riguardava l’imposizione di veri e propri diktat da parte del governo nei confronti degli italiani per combattere la pandemia, sorgeva dalla convinzione, frutto di ragionamento logico, che se si vuole tenere la gente chiusa in casa impedendole di svolgere la propria attività, o le si da tutto ciò che serve a sopravvivere dignitosamente, oppure non c’è più libertà, ma solo dittatura.
Inoltre per carattere io sono sempre stato contro ogni tipo di imposizione ed è per questo che dubitando fortemente di ogni sorta di potere, più o meno organizzato, mi sono rifiutato di somministrarmi il vaccino, poiché ritengo che non ci possono essere persone di seria A o B provviste di un Green Pass che dia accesso a determinate opportunità non in base ad una oggettiva capacità bensì per una cieca obbedienza. Negli ultimi tempi ci siamo imbattuti come giornali, in numerose morti improvvise definite, semplicemente, arresti cardiaci. Qualcuno ha ipotizzato trattarsi di conseguenza da vaccini, ma nessuno, tanto meno io, sono in grado di stabilire se sia vero. Unica cosa che posso dire con matematica certezza che il sottoscritto, sua madre di 98 anni e le persone non vaccinate e che conosco, sono in perfetto stato di salute psicologica e fisica. Tutto ciò non per sparare addosso a chi ha scelto diversamente ma più semplicemente a rivendicare il diritto a scegliere liberamente cosa iniettarsi dentro le proprie vene. Le cito anche un vecchio aneddoto. Era il 1983. Mi ero appena rotto ulna e radio del braccio sinistro in un incidente stradale. Fui operato, ma essendo all'epoca uno sportivo convinto e anche contrario a medicine e antibiotici, dissi ai medici che non avrei voluto, dopo l'intervento, assumerli. Mi fu chiesto di firmare un foglio e io lo firmai senza problemi, ma in vita mia di antibiotici ne ho presi davvero pochini. Un po' folle lo sono sempre stato.
Cambiamo discorso: parliamo di comunicazione e giornalismo. Che futuro ha per lei la carta stampata?
La carta stampata non ha futuro, i dati parlano chiaro. La colpa di questa débacle è soprattutto dell’unica vera rivoluzione che ha visto la luce negli ultimi 100 anni: la tecnologia. Già molto tempo fa, a metà anni 90, vedendo quotidiani nazionali vendere oltre un milione di copie non per la bontà dei contenuti, bensì per quello che regalavano, ebbi una intuizione che, mi perdoni, oserei dire geniale, ma che come spesso accade nessuno volle seguire.
Dissi, provocatoriamente, ma chiaramente che l’unico modo per garantirsi una eterna e sana gestione della carta stampata era quella di stampare i giornali su carta da cesso ecologica cosa che, ci rifletta, avrebbe consentito a coloro che acquistavano il giornale di comprarlo sapendo che quelle 40 inutili pagine avrebbero potuto servire a qualcosa di concreto.
Nel 2010 feci una scelta che tutti giudicarono da fuori di testa: abbandonai la carta stampata e 3 mila 400 euro al mese per essere libero da qualsiasi condizionamento, oggi tutti quelli che mi criticavano tessono gli elogi della scelta fatta.
Ma testate come la sua possono vivere senza il contributo che invece è riservato alle testate giornalistiche di carta? Da profano sono rimasto scioccato dal contributo erogato nel 2021 al Dolomiten di 6.176.996,03 euro o al Primorski dnevnik di 1.735.062,72 euro.
Mi cita dati e nomi che non conosco. Le posso dire con certezza, però, che con quelle cifra sarei in grado di mettere in piedi tante di quelle Gazzette cosi da poter dare lavoro a tanti ragazzi innamorati di questo mestiere che purtroppo sono costretti, sopratutto in provincia, a fare la fame.
Ma anche a Lucca, nel piccolo, ci sono figli e figliastri mi sembra di aver letto in una sua rubrica.
Premesso che di vergine ormai non esiste più niente, nemmeno le Gazzette, c’è chi più si presta a rapporti ravvicinati del terzo, quarto o quinto tipo e chi invece si mostra più esitante.
Le posso rispondere con una semplice osservazione. L’attuale opposizione se deve rompere i coglioni alla maggioranza si rivolge alla Gazzetta e con questo ho detto tutto.
Grandi a forza di scrivere cose “scomode” poi succede che si diventa scomodi, e questo è sbagliato, la sua logica sulla libertà di pensiero la condivido. Ma il suo voler per forza sempre fare il bastian contrario è un’altra cosa. Sul caso Venezi e su quello Veronesi, Grandi, la stampa è riuscita a spostare l’attenzione dall’aspetto culturale dell’evento a quello politico. Il risultato è stato che mentre di cultura in pochi parlano e in pochi si interessano, di politica parlano tutti. Si è visto dare opinioni sulle scenografie di Bohème a Torre del Lago da chi le opere dei Puccini le chiama canzoni!!
La politica scalda gli animi e porta le persone a leggere, condividere e cliccare sugli articoli. E’ un bene per i giornali on line o una deriva per la società che non comunica più e non si interessa più alle cose che non sono sostenute dalla polemica?
E’ necessaria una premessa: se gli imbecilli volassero il mondo sarebbe pieno di uccelli.
Ciò nonostante accade che qualcuno preferisca ragionare pur non, come ad esempio il sottoscritto, capendo di Puccini e di musica lirica. Io ho difeso Beatrice Venezi perché l’inno a Roma è, a mio avviso, meraviglioso, e questo dovrebbe essere l’unico metro di giudizio per giudicarlo. Invece l’essere stato l’inno adottato dal fascismo a fatto si che molte persone non lo apprezzino per ciò che è, bensì per ciò che si è voluto fosse. A me non frega assolutamente niente se Beatrice Venezi lo ha suonato provocatoriamente o meno, a me interessa solo se è bello da ascoltare oppure no e su questo, nella mia profonda ignoranza, credo ci sia poco da aggiungere. Quanto a Alberto Veronesi, che a volte faccio fatica a seguire nelle sue personali elucubrazioni, ritengo che tutto questo astio proveniente da sinistra sia dovuto al fatto che, al ballottaggio, appoggiò Mario Pardini. Tralascio che mesi prima aveva aperto una sede elettorale in appoggio al candidato ufficiale del Pd, ma questo è Veronesi, anche questo. Sparagli merda addosso a prescindere, sopratutto sul fronte musicale, non è accettabile.
Parliamo di Lucca: cosa pensa del caffè Di simo?
Quello che penso del caffè Di Simo? Glielo dico subito: Michele Tambellini ha aperto in piazza San Frediano il caffè Santa Zita che è un’eccellenza. Tutto questo bisogno di riaprire il Di Simo visto che nessuno è disposto a metterci mani e soldi non lo capisco. A Lucca si dice che al piccion ingordo ni scoppia il gubbio.
Come vede il futuro del mercato del Carmine? E chi ha la responsabilità dei ritardi?
Non ho seguito la vicenda sin nei mini particolari, dico solo che una struttura del genere meriterebbe miglior sorte. Penso alla mia Livorno dove il mercato coperto è un istituzione, ma comprendo anche che Lucca, per certi versi, sia quanto di più lontano possibile dall’essenza e dallo spirito di un vero mercato popolare.
Perchè il Caffè delle Mura non ha suscitato emozioni dei commercianti lucchesi?
Lei che è un commerciante e un ristoratore di prestigio dovrebbe saperlo meglio di me. Perché lei non ha pensato a prenderlo? Glielo dico io: perché farlo sarebbe una grandissima cazzata. Gente disposta a buttare i soldi non ce n’è più e per tirare avanti una struttura come quella quando le condizioni non sono più quelle di 30 anni fa, sarebbe un suicidio economico.
Lei darebbe la cittadinanza onoraria a Mimmo D’alessandro?
Assolutamente si, anzi sono stato io prima ancora di Raspini a proporlo dalle pagine della Gazzetta, se lo merita per i 25 anni in cui ha regalato emozioni che non hanno prezzo oltre a tanto prezzo con altrettante emozioni e soldi che molti lucchesi si sono messi in tasca con le loro attività. Ci sono città che pagherebbero oro per avere il Lucca Summer Festival ma sappiamo bene che Lucca è tutta un’altra razza e la riconoscenza non fa parte del suo DNA.
Infine parliamo di lei. E’ un uomo fortunato perché festeggia i suoi 62 anni accanto a sua mamma che ne ha 98. Che mamma è stata per lei?
Fortunato è un azzardo perché lei sa benissimo, ho vissuto la disgrazia più grande che un essere umano possa concepire, ma non mi lamento perché adesso mi ritrovo ad avere una mamma vicina alla soglia del secolo che non mi ha mai condizionato in alcuna delle scelte che ho fatto.
Riconosco che anche se ci avesse provato avrebbe avuto scarse possibilità di successo. Dicono che un uomo comincia a morire quando scompare la propria madre, in questo senso io sono ancora ben vivo anche se la morte di mio figlio mi ha inferto un colpo che non si smette mai di assorbire.
La sua vita è una montagna russa con enormi salite cariche di soddisfazioni e tremende discese che hanno lasciato vuoti incolmabili. Ama circondarsi di amici o preferisce selezionarne pochi ma scelti? E’ per l’amicizia ogni giorno o quella non importa se non ti vedo per una nno ma se ho bisogno ti cerco e tu ci sei?
Non mi sono mai posto il problema dell’amicizia anche se a Lucca dove vivo da oltre 30 anni mi son accorto che si tratta di un concetto diverso a quello a cui ero abituato crescendo a Roma. Mi circondo di persone con le quali sto bene, che possono essere amici di lunga o breve durata, ma con cui ogni volta che ci incontriamo si sta bene insieme.
Che voto si dà come giornalista? E come uomo?
Aggiungerei anche come scrittore visto che ho scritto parecchi libri.
Le rispondo dicendole che il mio mestiere di scrivere non è nato per fini economici, politici, ideologici o di altro genere, il mio essenziale bisogno di scrivere trae origine dal desiderio di esprimere se stessi rompendo e provocando sistematicamente le acque stagnanti in cui generalmente si nuove l’ipocrisia del politicamente corretto. Se ho superato tanti momenti difficili è perché ho tenuto fede a una regola fondamentale che ho cercato di apprendere e di fare mia: mai ingoiare il rospo, sempre sputarlo. Ingoiare rospi provoca un enorme senso di frustrazione, causa stress , caduta dell’autostima sensazioni impotenza, ovviamente se si parla di uomini e non di quaquaraqua.
Lei insiste con i voti: giornalista un bel 10, come storico un altro 10 e come uomo scenderei notevolmente, ma più ancora che come uomo, come genitore.
Diciamo, un bel 6 di incoraggiamento e chissà che in una prossima vita non ci sia una seconda chance da cui poter ripartire.
Grandi abbiamo finito. Certo l’ha fatta un po' lunga. Avrei ancora da chiederle tante cose, tipo il suo pensiero sul tema gender, o sulla sua insistenza sul tema del fascismo, sul fatto che ancora continua a etichettare il sindaco Pardini come un democristiano, facendo rivoltare nella tomba i democristiani quelli veri, ma il tempo è tiranno, come si dice, e magari chissà, il prossimo compleanno ci sarà occasione per rivolgerle queste domande.
Intanto dimenticavo: come padrone di cane il voto glielo do io: 4!!! il suo cane è la sua immagine a 4 zampe: viziato, indisciplinato, incontrollabile, sfacciato, ma alla fine… gli si perdona tutto!
Lei non ci crederà, ma il mio cane, anzi mio e della mia compagna, si chiama Leone. Poiché lei ritiene,giustamente, che sia ormai irrecuperabile perché a mia immagine e somiglianza e chiamandomi io, come ben sa, Aldo, il nuovo nome del mio amato labrador è diventato LeonAldo!!!
Foto Ciprian Gheorghita