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Scritto da Redazione
Cronaca
02 Maggio 2020

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Il documento “Valutazione di politiche di riapertura” ha impegnato molti in questi giorni nell’analisi dei dati e delle conclusioni contenute, ma è tempo sprecato e provo a motivare il perché.

Il documento, non idoneo né sufficiente per decidere il futuro immediato del Paese per i suoi presupposti e per l’impostazione, poteva più propriamente avere il titolo “Contributo sanitario per la valutazione di politiche di riaperture” e come tale essere utilizzato, visto che sono del tutto assenti:

  • analisi socio-economiche e demografiche del paese per inquadrare l’epidemia nel contesto italiano. Da come è scritto il documento potrebbe andar bene per qualunque paese del mondo, atteso che tutti gli altri paesi del mondo si stanno comportando in maniera diversa dal nostro.

  • analisi economica sulla situazione attuale, oggi, dei diversi settori del lavoro industria, commercio e turismo;

  • analisi sociale delle famiglie, anziani e giovani e sulle loro condizioni, oggi.

  • scenari di analisi ponderate dei riflessi sui settori lavorativi e sulle persone al variare di un parametro di riapertura. Se apro gli alberghi tra 30 giorni cosa accade? Da un lato devo valutare l’evoluzione dell’epidemia e dell’altro non posso non valutare cosa accade agli albergatori a causa della non riapertura immediata, per trovare una soluzione equilibrata.

  • analisi territoriali, sia socio-economiche che sanitarie, per evidenziare le differenze, ad esempio, tra Calabria e Lombardia.

  • analisi mirate sulle fasce sociali più deboli che in questo periodo hanno perso lavoro, reddito e non sono più in grado di autosostenersi; eventi che nella vita delle persone e delle famiglie possono avere ripercussioni pesanti come e più di una malattia. A fronte di 107 mila malati di Covid-19 oggi, è inopportuno nel contempo chiedersi qual è lo stato di salute di qualche milione di persone che ha perso il lavoro o versa in situazioni economiche e psicologiche precarie?

Solo con queste informazioni, insieme con quelle sanitarie, potevano essere decise le politiche di riapertura.

Senza queste informazioni ed analisi, come ha fatto il Governo, il documento da solo è improponibile. Si potrebbe dire che il documento è condizione necessaria, ma non sufficiente per assumere decisioni per il Paese.

Come improponibile è l’impostazione di fondo del documento, che appare sottendere ad un condivisibile rispetto della vita e rispetto dei 27 mila morti che ci sono stati, ma che si si traduce unicamente in una forma di disprezzo della vita e del futuro di 60 milioni di persone, del loro quotidiano e del loro futuro.

È vergognoso, come purtroppo è accaduto, che un Governo abbia fatto copia e incolla del capitolo “Raccomandazioni” e, senza alcun ulteriore contributo scientifico e senza alcuna riflessione politica, l’abbia tradotto in politiche di riapertura di un Paese in nome della Salute collettiva, come se la Salute collettiva fosse regolata da un unico parametro.

Ed è corretto chiedersi allora qual è la funzione dei politici e della politica?

Basterebbero i virologi, se non sapessimo che i medici sanno curare le persone contagiate non quelle sanitariamente sane, che ad oggi sono 60 milioni, e sarebbe stato bene che si fossero limitati a fare il lavoro che sanno fare non decidendo, con l’avvallo (o input?) politico e senza competenza alcuna, il futuro di sfere sociali che non sono regolate solo da virus per quanto contagiosi.

Qualche osservazione sul testo.

Leggendo il capitolo finale del documento, “Raccomandazioni”, mi è sorto il dubbio che la mano che lo ha scritto o contribuito a scrivere non è quella di un tecnico o di un medico.

Quale tecnico o medico scriverebbe:

“Si ritiene inoltre che sia possibile consentire attività fisica su base individuale (o dove necessario intrafamiliare) inclusi bambini ed anziani, alle persone in prossimità della loro residenza purché effettuate con distanziamento sociale e non consentendo in alcun modo l’aggregazione sociale. “

Cosa che non ha alcun significato né fondamento scientifico.

O ancora quale medico scriverebbe nel testo del documento:

“Questo significa che l’utilizzo diffuso di misure di precauzione (mascherine, igiene delle mani, distanziamento sociale), il rafforzamento delle attività di tracciamento del contatto e l’ulteriore aumento di consapevolezza dei rischi epidemici nella popolazione potrebbero congiuntamente ridurre in modo sufficiente i rischi di trasmissione per la maggior parte degli scenari sin qui considerati”.

Per poi concludere nel capitolo “Raccomandazioni” e in grassetto:

“Ci sono però delle incertezze sul valore dell’efficacia dell’uso di mascherine per la popolazione generale dovute a una limitata evidenza scientifica, sebbene le stesse siano ampiamente consigliate; oppure variabili non misurabili, es. il comportamento delle persone dopo la riapertura in termini di adesione alle norme sul distanziamento sociale ed utilizzo delle mascherine e l’efficacia delle disposizioni per ridurre la trasmissione sul trasporto pubblico. Elementi questi che suggeriscono di adottare un approccio a passi progressivi.”

Il capitolo finale pare avere una forte impronta da ufficio di comunicazione che non ha neanche letto il resto del documento.

E numeratele le pagine. È una delle prime cose che farebbe qualunque task force di tecnici che debba scrivere un documento, a più mani, decisivo per il Paese.

 

 

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