Al Solenne Pontificale per l’Esaltazione della Santa Croce – alle 10.30 del 14 settembre nella cattedrale di Lucca – presieduto dall’arcivescovo Paolo Giulietti, ha concelebrato anche il lucchese mons. Fausto Tardelli, vescovo di Pistoia e Pescia. Con loro quaranta preti e quindici diaconi. Come da tradizione si è ripetuto l’incendio della stoppa al momento del Gloria, a significare la vanità delle cose terrene: «sic transit gloria mundi». Nell’omelia, mons. Giulietti ha indicato nella fiducia in Dio la sola possibilità di superare le nostalgie del passato e la superbia del voler fare tutto da soli. Due atteggiamenti questi ultimi che, guardando alle letture proposte durante la messa, ha avuto anche il popolo di Israele, smarrito e scoraggiato di fronte a 40 anni di viaggio nel deserto. «Innanzi tutto c’è la nostalgia, facciamo fatica ad accettare il tempo di oggi, e rimpiangiamo un passato che ci sembra più tranquillo, fecondo e ricco. Com’era bello quando non c’erano i problemi. E magari non ci ricordiamo che i problemi c’erano anche una volta. E non tutto quello che oggi sembra luccicante, di virtù e d’efficacia era davvero così. E questa nostalgia diventa uno dei tanti fattori di mormorazione, cioè di sfiducia d’incapacità di affrontare l’oggi che è il solo tempo che abbiamo nelle nostre mani». Oppure poi «arriva un altro atteggiamento, la superbia – afferma l’arcivescovo – e diciamo: ce la possiamo fare da soli, abbiamo tanti strumenti, tante risorse, e questo lo dico per la nostra società e per la nostra Chiesa. Pensiamo di potercela fare da soli e scopriamo che non è vero. Tutti i nostri strumenti, per quanto siano potenti, tutte le nostre risorse, per quante siano abbondanti, non risolvono i problemi». E dunque sostiene l’Arcivescovo: «La causa del problema siamo noi con le nostre nostalgie, le nostre ideologie che ci fanno andare in avanti confidando in noi stessi. Per Israele la soluzione fu riconoscere che quelli che venivano chiamati “problemi” erano le soluzioni: andarono da Mosè e gli dissero “prega Dio per noi!”. Quindi non parlarono più contro Dio o contro il suo servo Mosè. Allora anche noi per evitare lo smarrimento e lo scoraggiamento dobbiamo guardare il segno del Crocifisso e risorto. Il nostro Volto Santo, che speriamo tra un anno di poter venerare come da tradizione. Questo segno ci dice che bisogna fidarsi di Dio: Gesù va sulla croce in obbedienza al Padre. E questa fiducia apparentemente stolta e debole agli occhi del mondo, assurda rispetto ad ogni ideologia, incapace di imporre la forza che si immagina residente nel passato, ecco questa obbedienza è davvero la salvezza. Da questa fiducia obbediente del Figlio dell’uomo che sale sulla croce affidando la propria esistenza al Padre ci viene la salvezza». E in conclusione mons. Giulietti rivolge a tutti un invito: «Volgiamo dunque lo sguardo al Signore Gesù, volgiamo lo sguardo alla sua Parola, fidiamoci di lui senza inutili nostalgie del passato, di tempi che non esistono più. Consapevoli che questi sono i tempi odierni che il Signore ci dà e ci chiede di vivere; e dove ci chiede anche di fare del nostro meglio come cristiani e come Chiesa. E non confidiamo nelle nostre forze e nelle nostre ideologie, ma nella presenza in mezzo a noi del Signore e del suo Spirito».