«Mama Carla! Questo è il grido gioioso lanciato dai tanti bambini che lungo le strade di Nyarurema e Rukomo salutavano con la mano la jeep di Carla mentre passava. All'inizio Carla non aveva neanche la patente, girava a piedi o si faceva portare in bicicletta, ma poi col tempo gli fecero capire che per muoversi nei villaggi ruandesi bisognava dotarsi di una macchina e imparare a guidare e così fece e prese la patente in Rwanda». Inizia così il ricordo che il Centro Missionario Diocesano dedica a Carla Frediani, classe 1935, originaria di Castelvecchio di Compito morta dopo alcuni anni di malattia martedì 14 gennaio 2025 all’ospedale di Lucca. Da una decina di anni, per motivi di salute, era rientrata in Italia. «Carla, nata in una famiglia di contadini, seconda di 3 figlie, a 15 anni andò ad assistere la sua anziana nonna paterna e due zie che abitavano a Lucca in centro storico. Dove iniziò a frequentare il movimento Regnum Christi di Lucca e in quegli anni fece anche il corso di infermiera presso la Croce rossa». Poi continua il Centro Missionario: «Si definiva una persona semplice che mossa dalla curiosità e dalla richiesta di un prete, don Giancarlo Bucchianeri, aveva deciso con un’amica di raggiungere il missionario in Rwanda all’età di 44 anni, “tanto non avevo altro da fare…”, come ripeteva lei. Dopo una prima esperienza di un mese, parte per il Rwanda nel luglio del 1979 e insieme a don Giancarlo Bucchianeri muove i primi passi nella parrocchia di Nyarurema, nell'attuale diocesi di Byumba, nella provincia dell’Umutara nel nord del Paese. Questo viaggio si è trasformato in una scelta di vita che l’ha legata al Rwanda per ben 35 anni. Aveva poi scelto di essere una laica consacrata nel movimento Regnum Christi. A vederla da vicino aveva un fisico minuto ed esile, avreste pensato che una folata di vento l’avrebbe portata via, in realtà era forte come una quercia, per aiutare un bambino diventava una leonessa, aveva le sue radici saldamente attaccate al terreno, quella terra rossa da cui non avrebbe mai voluto andare via perché la sentiva come la sua seconda casa. Il Centro Nutrizionale di Nyarurema e poi anche quello di Rukomo in Rwanda erano “oasi protette”. Là accoglieva i bambini malati e denutriti e le loro madri. Li pesava, gli misurava il perimetro brachiale offrendo una speranza alle tante madri. Bambini con il viso emaciato, i capelli gialli, il ventre gonfio o col corpicino scheletrico che ricevevano ogni tipo di cura inviando i casi più gravi agli ospedali vicini e quando era necessario fino all’ospedale della capitale, Kigali, da specialisti a 150 km. Si parla degli anni ’80, un Rwanda completamente diverso da quello di oggi». Conclude così il Centro missionario: «Carla Frediani ha affrontato le più grandi atrocità durante la guerra, nel periodo buio del genocidio eppure la sua fede non ha mai vacillato perché laddove la gente vedeva miseria e disperazione, lei trovava speranza e misericordia per tutti. Una volta mentre stava subendo una rapina a mano armata non perse l'occasione per dire ai ladri che stavano facendo una cosa sbagliata e dovevano pentirsi, che dovevano cambiare vita. Non ha mai amato avere i riflettori puntati, era schiva ad ogni forma di clamore o pubblicità, non amava farsi fotografare e a chi elogiava il suo operato rispondeva risolutamente “ma chi io? Oh che avrò fatto mai… son solo un umile serva del Signore”».
Anche l’arcivescovo Paolo Giulietti dedica un ricordo alla missionaria laica: «Sono grato per la testimonianza di una vita spesa nella vicinanza ai poveri e nel servizio alla Chiesa. Carla è stata una delle persone più significative nella lunga vicenda di amicizia tra le diocesi di Byumba e Lucca; nel recente viaggio in Rwanda ho constatato come il suo ricordo sia ancora ben presente tra la gente della parrocchia di Nyarurema e in chi ha avuto occasione di conoscerla. Sento di poterla proporre come una testimone di speranza per questo nostro anno giubilare; sono certo che nell'incontro con il suo Signore non rimarrà delusa».
L’associazione «Noi e il terzo mondo» di Castelvecchio di Compito, riprendendo le parole di una operatrice rwandese cresciuta con Carla a Nyarurema: «Non era la madre del nostro villaggio ma di tutti quelli che avevano bisogno. Lei ha scelto di restare con il suo popolo anche nei momenti più drammatici. Ognuno che bussava alla sua porta era sempre il benvenuto. Scalderà sempre le corde del nostro cuore anche se non sarà più fisicamente con noi. Quando una persona muore si dice: “andrà in paradiso”. Lei è una di quelle persone per cui questa frase risulta autentica e vera».
Carla sarà esposta presso la camera ardente dell'obitorio di Lucca fino a giovedì 16 gennaio alle ore 16. Poi, dopo la chiusura della cassa, sarà portata nel Compitese alla chiesa di Castelvecchio basso, dove la sera alle 21 ci sarà un rosario missionario. Al mattino di venerdì 17 gennaio il feretro sarà portato alla chiesa di Capannori dove resterà fino al funerale, fissato per le 15, e presieduto dall’arcivescovo Paolo Giulietti.