Anno XI 
Domenica 13 Ottobre 2024
- GIORNALE NON VACCINATO
Spazio disponibilie

Scritto da piero angelini
Cronaca
12 Aprile 2024

Visite: 2176

Il parere di Tronca. Per mesi maggioranza e opposizione si sono scontrati sulla vicenda dell’incarico affidato a Tronca; il quale, infine, amareggiato anche dalle polemiche relative ai suoi compensi, giudicati da alcuni eccessivi, si è ritirato, e se n’è andato sdegnato, attratto da offerte migliori; va ascritto certamente a suo merito che Tronca, pur lavorando in questo clima difficile, è riuscito a lasciare quantomeno all’amministrazione un parere relativo alla questione più importante che gli era stata sottoposta, relativamente, cioè, alla possibilità di prorogare la concessione a GEAL spa; Tronca sostiene di aver redatto il parere sulla base della normativa esistente; partendo da questa premessa, egli fornisce risposta al quesito a lui posto dall’amministrazione, negando con sicurezza che si possa anche soltanto ipotizzare ““una possibile proroga dell’affidamento del servizio idrico a Geal nel territorio del Comune di Lucca, quale società a capitale misto pubblico privato”. Un tale responso viene poi accompagnato, dal dr.Tronca, dall’ ovvio suggerimento, dato all’Amministrazione, di agire pertanto su di una tale questione, “nel rispetto del principio costituzionale di leale collaborazione” con gli altri enti interessati, ricercando, dunque, una soluzione condivisa tra tutti i soggetti a vario titolo coinvolti ( ossia, a suo avviso, Geal, AATO Toscana Nord, società Gaia, Lucca Holding spa e il socio privato Acea): una soluzione, suggerisce, naturalmente, il dr-Tronca, che sia improntata “all’efficienza e alla valorizzazione dei processi decisionali”, che miri, dunque, al nobile tentativo di porre il cittadino “al centro delle strategie anche industriali di gestione dei servizi e delle politiche di aggregazione” ( p. 1); .

Il parere del dr.Tronca è, come ora si legge, del tutto fermo e stringato; egli non si occupa di nessun problema, neppure delle conseguenze più gravi, che esso potrebbe creare all’Amministrazione, se essa ne seguisse le indicazioni.. Ne accenno ad una, che è forse la più evidente e concreta. Geal spa, infatti, come ben sa il prof. Tronca, che pur ne fa una breve menzione ( citando la “Convenzione” tra Comune e Geal spa, sottoscritta in applicazione del protocollo di Intesa con l’Autorità d’Ambito competente) è titolare, da quasi trenta anni di due derivazioni di acqua per usi idropotabili, di una certa consistenza, utilizzate dalle due città di Pisa e Livorno; sarebbe stato utile, quantomeno, che il prof. Tronca, chiarisse all’Amministrazione, attraverso il suo parere, cosa accadrebbe di esse, se e quando Geal avesse aderito a Gaia, come egli sembra suggerire; e più in generale, a chi spetterebbe, in ogni caso, la disponibilità dell’acqua, tramite derivazioni, del fiume Serchio.

Sono tutti problemi che l’ordinamento conosce e disciplina; ma ai quali sarebbe stato corretto almeno accennare, nel parere, ricordando, per esempio, che già la legge 36/1994, la c.d. legge “Galli”, aveva affermato che tutte le acque, superficiali e sotterranee, erano “ pubbliche”, posizione che aveva poi avuto il conforto popolare del referendum del 2011; ma che in seguito il Codice dell’ambiente, all’art.144, aveva specificato che tali acque pubbliche, appartenevano in realtà, al demanio dello Stato”; e, di conseguenza, aveva aggiunto ancora, all’art. 153, che “Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi dell’art.143 sono affidate in concessione d’uso gratuita, per tutta la durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo disciplinare”; ed aveva poi ulteriormente chiarito, all’art. 154, che “la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato” ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio ‘chi inquina paga’”.

Stando così le cose, il dr. Tronca avrebbe potuto quantomeno chiarire all’Amministrazione comunale, che i due contratti di fornitura di acqua a fini idropotabili, stipulati con Pisa e Livorno, erano stati negoziati in maniera legittima, che essi, poi, rimanevano validi finche il Comune conservava la proprietà delle strutture idriche che ne assicuravano la fornitura, ma che tutto non sarebbe rimasto, verosimilmente, come prima non appena le strutture idriche fossero state trasferite ad un diverso gestore del servizio idrico, come per esempio Gaia ( altrettanto dovrebbe valere per la derivazione del “tubone” di Ponte a Moriano, sul quale però non mi pronuncio, in mancanza del possesso, da parte mia, di ogni precisa informazione al riguardo).,

2).Ma le carenze del parere del prof. Tronca sono ben più gravi e riguardano il limite legale di trenta anni che egli assegna alla concessione di servizi idrici affidata a Geal spa; egli, in verità, non riferisce da dove un tale termine provenga, né da quale fonte o prescrizione esso emani: si limita a riportare il termine legale, per la Geal, di “30 anni di affidamento”, attribuendolo genericamente ad un assetto normativo, mai invero indicato, che non vuol “far gravare sul cittadino eccessivi costi di gestione” ( p.5)

Se il dr.Tronca avesse esaminato un tale problema centrale, con maggiore attenzione, avrebbe dovuto richiamare innanzitutto la complessa disciplina sulle concessioni dei servizi idrici, che aveva avuto valore fino all’entrata in vigore della normativa contenuta nel Decreto legislativo 3/04/2006, n.152 e successive integrazioni ( il c.d. “Codice dell’Ambiente, come lo indicheremo più semplicemente): una disciplina, quella più antica, che ci può dare preziose informazioni anche per il nostro caso.

Essa era contenuta in un vecchio Regio Decreto, emanato con il numero 1775, l’11 dicembre 1933, che, all’art. 21, disciplinava la materia delle concessioni nel settore idrico nel modo seguente: “Le connessioni di grandi derivazioni ad uso di forza motrice si fanno per una durata non maggiore di anni sessanta, quelle di grandi derivazioni ad uso potabile, d’irrigazione o bonifica, non possono eccedere la durata di anni settanta, le concessioni di piccole derivazioni non possono eccedere la durata di anni trenta”. Come risulta evidente dalla formulazione riportata, l’ordinamento giuridico, fino all’entrata in vigore della nuova disciplina del Cosice dell’Ambiente, assegnava alle concessioni, relative alle risorse idriche, durate legali maggiori di quelle, come vedremo più ridotte, che saranno poi concesse.

Mi preme sottolineare, fin da ora, che, prima della entrata in vigore delle varie disposizioni del Codice dell’Ambiente, la durata legale massima delle concessioni idriche era differenziata in ragione e della diversa funzione idrica assicurata ( nel caso citato tra gli usi elettrici e gli usi potabili e di irrigazione) e della reale quantità derivata. Ci interesserebbe sapere, naturalmente, se questa differenzazione è stata conservata dalla nuova disciplina del Codice dell’Ambiente; la quale, però, avrebbe per noi un senso, se una tale differenzazione della disciplina potesse trovare un ancoraggio con le funzioni effettivamente attribuite alla società Geal spa dal Consiglio comunale.

E ciò effettivamente avviene, dal momento che le funzioni assegnata alla Geal spa, dal Consiglio comunale di Lucca, limitatamente ai servizi idrici ( che noi conosciamo tramite la “Convenzione per la gestione del servizio idrico tra Comune di Lucca e Geal spa), sono le più diverse, e sono contenute nello Statuto registrato dal Notaio Lazzareschi, il 29/03/ 1993 ( Rep.219915), finalizzate tutte alla “ gestione, nel bacino del Serchio e zone contermini del servizio di raccolta, depurazione e distribuzione delle acque per usi plurimi, idropotabili, civili, industriale, agricoli ed energetici, escluse le acque pluviali”; tutte queste funzioni della società, diverse da quelle per usi idropotabili, specificamente indicate a p.2, lett.a) ( che vanno dalla captazione, distribuzione e vendita, di acqua ad uso industriale, agricolo, o igienico-sanitario, ecc. ecc.) sono dette nella Convenzione ( sempre a p. 2) “altre attività idriche”; nella Convenzione viene anche ricordato che esse, a partire da quelle dedicate ad uso “agricolo” e non sono “rientranti nel servizio idrico integrato”.

Lo Statuto, dunque, ancora integralmente vigente, assegnava alla società Geal spa altre funzioni idriche, non solo quelle ad uso potabile, che risultavano, al tempo, sicuramente prevalenti. Bisogna verificare se questo fatto possa costituire un elemento che ci permetta di rispondere in modo del tutto diverso da quanto detto dal dr. Tronca con il suo parere sulla possibilità di tenere in vita la società Geal spa anche oltre la data fatidica del 31/12/2025. A noi sembra che possa essere data al riguardo una risposta positiva, perché la nuova disciplina introdotta dal Codice dell’Ambiente sui limiti legali delle concessioni idriche, è formulata in una modo che, a nostro avviso, lo permette.

Infatti, il Codice dell’ambiente,.al comma 8 dell’art.96, ha modificato la disciplina precedente,, come appare subito evidente dalla stessa titolazione dell’articolo, che suona: “Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775” e lo ha fatto per porre limiti legali, più ridotti di quelle precedenti, alle concessioni nel settore idrico, di cui pure si riaffermava la “temporaneità”, ma anche per differenziare ulteriormente il limite legale della durata delle concessioni in maniera nuova e diversa.

Per sapere se un tale precedente, di cui il Codice dell’Ambiente non poteva non tener conto, potesse avere una qualche rilevanza nel caso della società Geal spa, ci sembra opportuno far ricorso all’esame del suo Statuto e alle funzioni idriche per le quali essa era stata costituita. Per conoscere le funzioni assegnata alla Geal spa, dal Consiglio comunale di Lucca, bisogna allora ricorrere ad altri documenti ( nel mio caso alla “Convenzione per la gestione del servizio idrico tra Comune di Lucca e Geal spa), che attestano che la società, dopo l’approvazione da parte del Consiglio comunale, ha avuto uno statuto registrato dal Notaio Lazzareschi, il 29/03/ 1993 ( Rep.219915) “per la gestione, nel bacino del Serchio e zone contermini del servizio di raccolta, depurazione e distribuzione delle acque per usi plurimi, idropotabili, civili, industriale, agricoli ed energetici, escluse le acque pluviali”; tutte queste funzioni della società, diverse da quelle per usi idropotabili, è detto a p. 2 della Convenzione, per esempio quelle dedicate ad uso “agricolo”, “non sono rientrati nel servizio idrico integrato”.

Ora, il Codice dell’ambiente,.al comma 8 dell’art.96, ha modificato la precedente disciplina, come appare evidente dalla stessa titolazione dell’articolo, che suona: “Modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775” e lo ha fatto per porre limiti legali, più ridotti di quelle precedenti, alle concessioni nel settore idrico, di cui pure si riaffermava la “temporaneità” della concessione assegnata alla società al momento della sua costituzione. Il Codice dell’ Ambiente, con una integrazione che ci è stata conservata nel comma 8 dell’art.96, modificava la precedente disciplina, sostituendola con una regolamentazione più contenuta che suona così: ”Il primo comma dell’art.21 del regio decreto 11 dicembre 1933,n.1775, è sostituito dal seguente: Tutte le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere i trenta anni, ovvero quaranta per uso irriguo e per le piscicoltura, ad eccezioni di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la disciplina di cui all’articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 15 marzo 1999, n.79”.

Ora, il testo della modifica apportata, verosimilmente di getto, al Regio Decreto, contiene senz’altro delle imperfezioni formali; dal confronto con il contenuto del Regio Decreto si deduce, infatti, che il Codice, quando limitava le concessioni a trenta anni, si riferiva sicuramente a quelle ad esclusivo “uso potabile”. termine che, nella stesura definitiva, è stato pretermesso. Per noi, però, è sufficiente rilevare che il Codice dell’ambiente, nella formulazione vigente che ne dà l’art.96, e che possiamo adeguatamente utilizzare, esprime disposizioni che a noi sembrano molto utili, perché permettono di rilasciare a Geal spa una concessione per servizi idrici, che continui a mantenere i servizi idropotabili, con la sua propria regolamentazione, ma che aggiunga a questi , fino alla durata massima di quaranta anni, anche i servizi per “uso irriguo”, termine equivalente all’uso agricolo”, attribuito alla società dal Consiglio e che di fatto la società già esercita seppure in tono minore. Invero la durata di quaranta anni della concessione idrica alla Geal spa, le poteva esserle già attribuita nel 1985, dal Consiglio comunale, il quale, invece, ha limitato la concessione ai servizi idrici per uso potabile, che avevano una durata massima legale minore.

Ci dobbiamo chiedere se il Consiglio comunale possa fare oggi quello che non ha fatto nel lontano 1985 e soprattutto se sia possibile e lecito farlo? Le carte in nostro possesso ci permettano di dare una risposta positiva anche a questo secondo quesito, dal momento che, in un Atto importante, già citato, come la “Convenzione per la gestione del servizio idrico”,firmata ( cosa importante) anche in applicazione del Protocollo di Intesa sottoscritto dal Comune di Lucca e da Geal spa con l’Autorità d’Ambito Territoriale n. 1 Toscana Nord , si prevedeva, all’art. 22, comma 1, proprio che il termine legale della concessione potesse essere “prorogato”.

3). Importanti decisioni del Consiglio. A mio avviso, dunque, se il Consiglio comunale, soltanto lo volesse, potrebbe prorogare di altri dieci anni la concessione idrica, fondando la decisone del Consiglio su di una scelta politica, propria del nostro tempo, di voler impegnare la società, con più forza che nel passato , ai problemi dell’agricoltura del bacino idrografico, con particolare riferimento agli “usi irrigui”.

Nessun’altra condizione sembra richiesta al Comune per una tale operazione, nemmeno da parte della UE, trattandosi di una società mista che ha scelto il socio privato della società, proprio rispettando la condizione sempre richiesta dalla disciplina giuridica europea, di utIlizzare, per la scelta del socio privato di una società mista, procedure ad evidenza pubblica: un dato indiscusso e certo, questo, che, per la Geal spa, è stato addirittura attestato dal Consiglio di Stato, in una delle tante cause sollevate contro la società dall’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale N.1 “Toscana Nord” (v. p. 14, della Sentenza n.04527/2011, REG.PROV. COLL:del 10/12/2010).

In conclusione, la nostra risposta alla domanda posta dall’Amministrazione al dr.Tronca, è del tutto diversa, anzi è del tutto opposta a quella da lui data, posto che noi riteniamo che, qualora il Consiglio comunale lo voglia, possa sempre prorogare con una semplice delibera, adeguatamene motivata e strutturata , di altri dieci anni, la concessione d trenta anni, a suo tempo affidatagli; una concessione che verrebbe affidata ora a Geal Spa, aggiungendo agli abituali usi potabili, disciplinati dalla relativa normativa, anche le importanti funzioni agricole, che già di fatto svolge, ma che possono essere ulteriormente migliorati e rafforzati con la proroga della concessione

Il problema, dunque, è, a nostro avviso, risolubile sul piano amministrativo, permettendo a Geal spa, di continuare a gestire anche i servizi idrici integrati, come ha fatto finora, una scelta amministrativa che ci soddisfa certamente; solo che a noi non interessa soltanto di continuare a permettere a Geal spa di operare efficacemente per quanto riguarda i servizi idrici sul territorio; noi vogliamo difendere invece l’acqua dei lucchesi, in via definitiva e permanente: un obiettivi di grande rilievo politico, che si raggiunge solo riportando ( come dovrebbe fare la Regione, se solo rispettasse legge) la regolamentazione dei servizi idrici del Serchio sotto l’imperio delle leggi dell’ambiente varate dallo Stato, sottraendola alla disciplina emanata, proprio in violazione delle leggi dello Stato, dalla Regione Toscana, che, manipolando e ribaltando le vere riforme ambientali, ha tentato e ancora tenta di sottrarre ai lucchesi quello che essi hanno appunto di più caro, cioè l’acqua, che costituisce per loro non solo un bene da tutelare, ma anche un radicato valore storico e morale. Tenteremo di suggerire a chi ci legge, di aiutarci a raggiungere un tale obiettivo; suggerendo anche all’Amministrazione alcune decisioni , che potrebbero favorirlo; rinviando, comunque, ad un altro momento, un’indagine più completa e adeguata sul punto.

4). Le partecipate lucchesi. I servizi di gas, acqua, rifiuti e trasporti, nel Comune di Lucca, risentono ancora delle scelte fatte su imput del Sindaco Giovanni Martinelli, e realizzate poi dalle Amministrazioni successive di Favilla, Lazzerini e Fazzi, negli anni ’70 e ’80; la prima concreta scelta, fatta dall’Amministrazione Favilla, fu infatti quella di gestire questi servizi attraverso aziende municipalizzate, a cominciare proprio da quella relativa al servizio di distribuzione del gas, realizzata da Favilla nel 1974, tramite un esproprio della società di gestione del gas, approvato da tutto il Consiglio: la società Italgas, infatti, che, con la sua azienda doveva assicurare la distribuzione del gas all’intero territorio comunale, non aveva effettuato investimenti significativi ed aveva ridotto praticamente l’azienda ad un puro rottame, assicurando a stento il servizio solo per la zona che andava da Porta S. Anna a Ponte S.Pietro; durante l’Amministrazione Lazzerini le municipalizzate furono trasformate in società partecipate, con il Comune che, con la sua quota maggioritaria, conservava il potere di governo e di controllo della società, mentre il socio privato ne garantiva il supporto tecnico e finanziario.

A proposito della Geal spa, invero, va ricordato, però, che le loro maestranze, nella previsione,che da loro viene giudicata certa, della scadenza della concessione, nel 2025, hanno contestato giustamente l’eccessivo potere attribuito al socio privato nella società ed hanno richiesto, di conseguenza, il ritorno ad una gestione assicurata interamente dal Comune; a mio avviso le critiche sono fondate, ma dirette in modo sbagliato e pericoloso al modello di società partecipata, che a me appare invece da mantenere; infatti, l’eccessivo potere di gestione del socio privato in Geal, che paralizza spesso le scelte del socio pubblico, non è dovuto al modello di società partecipata, ma all’errore del Sindaco Lazzerini (condiviso, invero, allora, da Vivere Lucca di Tambellini e dal Partito popolare di Del Magro e Maria Eletta Martini) che aveva elaborato e imposto al Consiglio comunale uno Statuto, per detta società, che prevedeva quote maggioritarie abbastanza alte per le scelte che la legge riserva, invece, normalmente, alla maggioranza del 51%; di qui l’ eccessivo potere del socio privato, che è e rimane inaccettabile e va, al più presto, modificato, per non snaturare la natura e la funzione di una società partecipata, a maggioranza, dal Comune).

5). La politica di Rossi, della Regione e di Tambellini. Quanto all’origine delle feroci critiche mosse da Raspini, nella vicenda del dr.Tronca, che Pardini giustamente, sul piano di principio, ha respinto, bisogna ricordare che esse, se pur talvolta giuste, erano tutte viziate, però, dai pregiudizi che derivavano dalla politica seguita dalle Amministrazioni che hanno fatto capo a Tambellini, nel decennio 2012-2022, nelle quali Raspini ha pur avuto un ruolo preminente: pregiudizi che discendevano dall’ossequio di Tanbellini alla linea politica dettata da Rossi in Regione, che, da politico “bipolare”, qual’era, si era sempre proclamato comunista (anzi “l’ultimo comunista”), ma aveva promosso con apposite leggi la privatizzazione dei servizi pubblici, cominciando, da prima, nel 1998 ( con la L.R. 31/07/1998, n.42), con la privatizzazione del trasporto pubblico locale (in verità l’unica riforma poi realizzata pienamente, che andrà giudicata nel tempo), poi, nel 2011, facendo approvare dal Consiglio regionale la scelta di un gestore unico per rifiuti e addirittura per l’acqua, tutte riforme che sottraevano, invero, sostanzialmente, ogni potere in materia ai Comuni, ma garantivano in compenso, furbescamente, alla Regione, che lui a suo piacimento amministrava, forti poteri di controllo e, indirettamente, di governo su tutti i servizi pubblici locali.

Bisogna ricordare, dunque, che la linea politica strutturale, nei dieci anni dell’Amministrazione di Tambellini e del suo fidato Raspini, è stata appunto quella, prona alla Regione, di sbaraccare del tutto le partecipazioni del Comune nelle diverse istituzioni, che le precedenti amministrazioni moderate e indipendenti della città ( democristiane), avevano acquisito, liberandosi così anche di ogni responsabilità nei confronti dei cittadini; una politica, dunque, che, a mio avviso, l’Amministrazione Pardini è chiamata, oggi, durante il suo mandato, possibilmente, a contenere e contrastare, come non ha fatto invero il centro-destra, in questi lunghi anni in Toscana , attratto, anzi incantato, dagli obiettivi di “privatizzazione” , che Rossi assicurava, e che solleticavano il suo profondo e inconfessato DNA.

6). Lo sbaraccamento delle partecipazioni azionarie portato avanti dalla Giunta Tambellini. Bisogna, poi, aggiungere che Tambellini, a Lucca, a questa politica di cessione delle partecipazioni dei Comuni, nei trasporti, nei rifiuti, nell’acqua, promossa dalla Regione, alla quale aveva sempre partecipato con convinzione ed entusiasmo, aveva aggiunto anche del suo, impegnandosi in tutti i modi, per esempio, per regalare la partecipata Gesam Reti a Toscana Energia, cioè praticamente al socio dominante Italgas al quale il Comune, come già ricordato, l’aveva tolta, per irresponsabile inettitudine, nel 1974.

Tambellini aveva continuato, poi, in questa sua politica di succube sbaraccamento delle partecipazioni lucchesi, procedendo alla svendita sistematica di tutte le partecipazioni azionarie, a cominciare dalla vendita, per 20 milioni, sia delle azioni Polis ( 4 milioni), che delle azioni Salt ( 16 milioni), quest’ultima giustificata con il fatto, da lui garantito, da illuminato amministratore qual’era, che la concessione autostradale, di successiva scadenza, non sarebbe stata mai più rinnovata.

Io sono stato uno ( se non ricordo male, l’unico) che in Consiglio comunale aveva espresso obiezioni contro tale avventata profezia e aveva votato, perciò, contro una tale decisione; e infatti la concessione autostradale alla Salt è stata poi, come era prevedibile, regolarmente rinnovata; la conseguenza di tutto ciò è che Tambellini ha incassato 16 milioni dalla vendita delle quote Salt, scelta particolarmente grave, perché, con la cessione delle quote Salt, ha privato il Comune dell’unico strumento in suo possesso (realizzato, non a caso, dalle Amministrazioni DC) per incidere sulla politica della grande viabilità, come era suo dovere e come era già avvenuto per quanto riguarda la “complanare”. Ma, soprattutto tanto più grave, poi, perché Tambellini ha fatto tutto ciò “rubando” in realtà questi 16 milioni alle amministrazioni successive, a partire da quella attuale di Pardini, che avrebbero incassato nel tempo, dalla ripartizione degli utili della società Salt, molto più di quello che Tambellini aveva voluto, invece, da subito, a spese loro, arraffare.

A tal riguardo, senza volerne fare un dramma, mi dispiace che l’Assessore Bruni, non solo all’inizio dell’ Amministrazione Pardini, ma anche più recentemente, nel presentare il bilancio comunale per il 2024, per pura compiacente debolezza con chi teme o spera, com’è sua natura, non abbia fornito neppure un dettaglio sull’impiego di questi 20 milioni, inducendo così il Consiglio a credere che la situazione finanziaria positiva, lasciata dall’Amministrazione precedente, sia stata il frutto di una buona gestione, non invece, come in realtà è avvenuto, della svendita dei beni pubblici e dei servizi, che ne ha costituito la linea politica prevalente. Tambellini gliene sarà certamente grato, noi assolutamente no.

7). Giudizio positivo sulla gestione delle altre società partecipate. Per quanto riguarda la gestione delle società partecipate del Comune di Lucca, se pur sarebbe necessario un qualche tempo per esaminarle una ad una, penso che certamente alcune abbiano presentato qualche criticità ( a cominciare dal Clap, dove il presidente Glauco Moscardini, con la serenità che gli assicurava la sua immeritata indennità di 5.000 Euro al mese, ha finito per affidare il giudizio sulla sostenibilità economica dell’azienda e dunque sulla necessità della svendita, ad un sindaco revisore, nominato dalla Coop di Prato, che aveva tutto l’interesse a deciderne la cessione, per dar vita così ad un forte raggruppamento con il quale affrontare, meglio attrezzati, la gara regionale per il gestore unico; altra situazione critica quella dell’Amit, dove l’intervento improprio e inefficace della Procura sulla vicenda di Monte Niquila ( progetto proposto e sostenuto, si ricordi, non dal Comune, tantomeno dal sottoscritto, ma da quel galantuomo di Marco Marcucci, uno dei migliori Presidenti della Regione toscana, cacciato malamente dal falso moralista Ochetto), ha lasciato il nostro territorio privo di ogni impianto di smaltimento dei rifiuti); però, nel complesso il sistema delle società partecipate nel nostro Comune ha funzionato bene, a partire dalla Gesam spa, che Tambellini ha cercato in tutti i modi, durante la sua amministrazione, di far rifluire nell’Italgas, alla quale noi democristiani, per buoni motivi, come detto, a suo tempo l’avevamo meritatamente strappata; al riguardo l’ottimo direttore Vantaggiato, di recente, ne ha messo in rilievo il profilo positivo raggiunto con queste parole: “Gesam è una società nata tra il 1973 e il 1974… al tempo era una municipalizzata del valore di 28 milioni di euro. Nel 2018, in occasione della scissione asimmetrica, è stata valutata 130 milioni di euro; attualmente ha un valore stimato intorno a 75 milioni di euro: grazie alla gestione di questi anni”.

Altrettanto si deve dire della GEAL spa, di cui ora ci vogliamo occupare, ricordando che, attualmente, essa appartiene, per il 52%, al Comune di Lucca ( tramite Lucca Holding), ed è riconducibile, per il 48%, al Comune di Roma ( tramite Acea spa). A Geal spa il Consiglio comunale, con delibera n. 142 del 28 luglio 1997 ( e successiva convenzione del 6 novembre 1995), aveva affidato le gestione del servizio idrico nel proprio territorio; in data 11 maggio 1998, è stato scelto, come già detto, tramite gara ad evidenza pubblica, un socio privato, rappresentato oggi da Acea SpA, che detiene appunto il 48% delle azioni.

8). Le partecipate lucchesi nel quadro della legislazione nazionale. Va anche ricordato che il sistema delle partecipate lucchesi, in particolare la Geal sps, si inseriva bene nel quadro delle riforme ambientali, varate dal Parlamento nazionale, che, talvolta, come vedremo, addirittura la richiamavano. L’esigenza di riforme ambientali, in particolare a tutela dell’acqua e del suolo era stata innescata dalle evidenti carenze legislative messe in rilievo dai danni arrecati. nel 1966, dall’’alluvione di Firenze; chi, come me, vi era rimasto coinvolto (ho passato mesi, da assistente nella Facoltà di Giurisprudenza, a ripulire dal fango le biblioteche danneggiate) aveva compreso, già da allora, che erano urgenti e necessari interventi legislativi per proteggere, dai dannosi eventi atmosferici, l’acqua e il suolo del nostro Paese: interventi che, come era facile già da allora prevedere, non solo si sarebbero intensificati, ma sarebbero divenuti più pericolosi e dannosi proprio per l’opera dell’uomo, che, con un eccessivo consumo di suolo

Entrato in Parlamento, dedicai ai temi ambientali, soprattutto a quello dell’acqua, il massimo impegno; Dopo anni di lavoro, aiutato da un gruppo di amici DC, tra cui l’on. Galli, dopo aver ricercato e convinto quasi tutte le altre forze politiche, di maggioranza e di opposizione; a lavorare insieme per un obbiettivo di tale importanza e rilievo, riuscii a far approvare, dal Parlamento, la legge 183 del 18/05/1989, per la tutela dell’acqua e del suolo, di cui sono stato, dunque, il reale artefice: cosa riconosciuta da tutti, a partire dal Ministro dell’ambiente Ruffolo, che, in Parlamento, al momento della votazione finale della legge alla Camera ( vedi il verbale), in riconoscimento del mio decisivo ruolo, aveva proposto di chiamarla “legge Angelini” ( proposta da me respinta). Fu lo stesso gruppo di lavoro di parlamentari da me costituito a far approvare dal Parlamento, qualche anno dopo , la legge 36/1994, la cosiddetta “legge Galli”sulla riorganizzazione dei servizi idrici. Entrambe le leggi avevano valenza generale, per tutto il Paese; ma dopo la legge Costituzionale n. 3 del 18/10/2001, che ha modificato l’art. 117 della Costituzione, ed ha inserito “governo del territorio” tra le materie concorrenti, la competenza legislativa in materia spetta in realtà alle Regioni, le quali, però, trattandosi appunto di materia concorrente , sono obbligate a conformarsi ai principi fondamentali espressi dalla legislazione statale.

Ora, le due leggi citate, la L.183/1989 e la 36/1994 hanno costituito una svolta nella disciplina giuridica di questo settore, dando vita ad una vera e propria rivoluzione copernicana, almeno per quanto riguarda, appunto, la tutela dell’acqua e l’organizzazione dei servizi idrici; le due leggi, infatti, hanno stabilito, in maniera vincolante, che una politica dell’acqua, sia per quanto riguarda la sua tutela, che la sua organizzazione idrica, dovesse avvenire non più sulla base di territori delimitati da confini amministrativi ((quali i Comuni, le Province, le Regioni), come si era fatto fino allora) , ma sulla base delle realtà naturali dei diversi BACINI IDROGRAFICI: , che, secondo la definizione data dall’art.55, comma r) del Codice dell’ambiente, costituiscono quel “territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un’unica foce, a estuario o a delta”; La legge 183/1989, che assegnava la gestione e la redazione di piani di bacino dei maggiori di essi a comitati di ministri, prevedeva anche all’art.30, la creazione di un bacino sperimentale, che veniva individuato poi nel bacino del Serchio: bacino sperimentale che, una volta individuato, era poi trasformato e parificato ai bacini di rilievo nazionale dalla legge 253/1990; esso, per le particolari condizioni di dissesto idrogeologico, rischio sismico e inquinamento delle acque, per le quali, appunto era stato scelto ( sulla base di criteri individuati dalla legge 183/1989), veniva sollecitato a predisporre, come poi è avvenuto, la redazione del primo piano di bacino, che si sarebbe caratterizzata dal fatto di doversi conformare alla disciplina contenta nelle nuove norme varate dalla legge 183/1989.

. Ma la legge 183/1989 conteneva un altro principio fondamentale, che doveva contrassegnare la legislazione regionale al riguardo; ed era contenuto nell’art. 17, comma 1, che attribuiva appunto al piano di bacino, redatto secondo le nuove regole e rispettando i nuovi indirizzi, il “valore di piano territoriale di settore” essendo lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni e le norme d’uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione del suolo e la corretta utilizzazione delle acque sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio interessato”.

Disposizioni queste, che stanno a significare che tutte le pianificazioni del territorio esistenti, dovevano essere raffrontate, coordinate ed eventualmente modificate, se trovate contrastanti, con il piano di bacino, che risultava, dunque, sempre prevalente; a tal punto che, come specificato al comma 5 per il settore dell’urbanistica, le Regioni dovevano controllare l’adeguamento al piano di bacino della normativa esistente per il settore urbanistico: una disposizione semplice e concreta che attesta impegno ad attuare un serio controllo sul consumo di suolo, che doveva essere fortemente contenuto per i motivi detti sopra ( in effetti l’unico tentativo di dare in Toscana una legge siffatta, basata sulla riduzione del consumo di suolo, è stato quello della prof. Marson, con la legge urbanistica regionale 65/2014, che è stata poi, in Regione, attraverso un’infinità di leggine, propose dalla sinistra, ma appoggiate con convinzione dalla destra, del tutto stravolta; anche a Lucca, purtroppo, accomuna destra e sinistra l’impegno a costruire sempre di più, attenti i due poli soltanto a scaricare l’uno su l’altro la responsabilità di questa progressiva cementificazione, senza dare alcun ascolto a persone ragionevoli, come per esempio Clara Mei, alla quale rimprovero soltanto l’errore fatto, nel 2012, quando, dando credito alle false promesse di Tambellini sullo Steccone, gli fece una efficace campagna elettorale; la politica di contenimento dell’uso del suolo( non gode, tuttavia, di un grande consenso, a Lucca, sia nel campo del centro-sinistra, dal momento che, nel Piano strutturale da lei fatto approvare, l’ Amministrazione Tambellini ha pensato bene di introdurre entro il perimetro del territorio urbanizzato -rendendoli dunque nel tempo edificabili- più di un milione di mq di aree rurali, mentre il centro destra, a parte poche voci inizialmente critiche, come quella di Di Vito, si appresta, a quanto pare, con l’approvazione del piano operativo, ad aumentare le quantità edificabili, cassando comunque senza pietà qualsiasi possibile riduzione: tutte scelte scellerate di cui noi o i nostri figli pagheremo un caro prezzo)

Quanto alla c.d “Legge Galli”, anch’essa conteneva il principio costituzione fondamentale, che doveva contrassegnare la legislazione regionale, secondo cui il riordino del sistema idrico doveva avvenire attraverso il rispetto delle realtà del bacino idrografico. Affermava, infatti, la legge 36/1994, all’art. 8, comma 1, che +”I servizi idrici sono riorganizzati sulla base di ambiti territoriali ottimali delimitati secondo i seguenti criteri: a) rispetto dell’unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui… b) superamento delle frammentazioni delle gestioni”; alle ripartizioni politiche amministrative si doveva riguardare, a norma del comma 2, soltanto per il necessario ed eventuale “conseguimento di adeguate dimensioni gestionali.; “ quanto ai bacini di rilievo nazionale, che venivano debitamente delimitati dalle Autorità di bacino nazionale, la legge 36/1994 ( la cosiddetta “legge Galli”), all’art. 8 comma 2, ne aveva assegnato a loro la gestione dei servizi idrici; lo stesso doveva avvenire per il bacino del Serchio, almeno dal momento che l’art.8, comma 2 della L.253/1990, lo aveva trasformato e parificato ai bacini di rilievo nazionale; ma in pratica,come vedremo, questo non è mai avvenuto.

L’indirizzo costituzionale della politica di tutele dell’acqua e del suolo secondo il criterio del rispetto della realtà del bacino idrografico è rimasto un principio costituzionale fondamentale osservato anche dopo la nuova formulazione data all’art. 17 dalla riforma della Costituzione, Il testo legislativo più importante in materia, il Codice dell’Ambiente, che pure ha assorbito e fatta propria gran parte della legge Galli, la richiama proprio su questo punto, prescrivendo, all’art. 147, che “I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n.36”.

Perfino la L.28/12/2015, n.221, con la quale Matteo Renzi ha introdotto in Italia il modello tedesco dei più ampi distretti idrografici ( utili in Germania, dove il pericolo quasi esclusivo causato dall’acqua è quello delle inondazioni, non altrettanto da noi, dove si deve tener conto maggiormente, nei bacini idrografici, e nei piani di bacino conseguenti, delle frane, dei rischi sismici e delle conseguenze di un eccessivo consumo di suolo), li indica e li specifica, all’art. 64, come un insieme di bacini idrografici che continua a distinguerli, citando anche il Serchio come un bacino idrografico, precisamente il “bacino pilota ai sensi della legge 18 maggio 1989”.

89. LA LEGISLAZIONE TOSCANA SUI SERVIZI IDRICI.
La Regione toscana, che pure ha emanato norme di salvaguardia successivamente a quelle fondamentali sopra indicate, , ha tenuto tutt’altro atteggiamento, senza sentirsi in alcun modo obbligata, come pure giuridicamente doveva, al rispetto dei principi costituzionali fondamentali, che provenivano dalla legislazione nazionale in materia di tutela dell’acqua.

Il segno evidente di questa contrapposizione, anarcoide e radicale, nei confronti della legislazione nazionale, i cui principi fondamentali, di natura costituzionale, essa doveva pur rispettare, sta nel fatto che nella legge regionale 28 dicembre 2011, n.69, che ha istituito, appunto, l’autorità idrica toscana, non compare mai, neppure una volta, neppure per sbaglio, l’espressione ”bacino idrografico”; la legge regionale toscana 69/2011 è tutta strutturata sull’antica cultura, che noi, ingenuamente, ritenevamo superata, come di fatto essa è , di una politica di tutela dell’acqua e del suolo tutta incardinata su di un territorio limitato amministrativamente, che questa volta viene individuato, addirittura, nell’intero territorio regionale, come è proclamato all’art.2 della legge, là dove si afferma, appunto, che, “ai fini della gestione del servizio idrico integrato è istituito l’ambito territoriale ottimale comprendente l’intera circoscrizione territoriale regionale”.

Queste scelte della politica regionale Toscana si riflettono in maniera evidente nella applicazione della normativa del Codice dell’Ambiente, innanzitutto per quanto riguarda il bacino idrografico del Serchio, che, parificato, per legge, ai bacini di rilievo nazionale, avrebbe dovuto vedere coinvolti nella gestione dei servizi idrici tutti i comuni del Bacino idrografico, a partire da quelli della Garfagnana, associati invece dalla legge regionale a quelli della Luinigiana, posti, cioè, nel territorio del bacino idrografico del fiume di rilievo interregionale della Magra.

Ma una tale scelta della Toscana di creare per legge un “ambito territoriale comprendente l’intera circoscrizione regionale” dà vita, progressivamente, ad una serie di incongruenze gravi, a partire da quelle che riguardano l’approvazione del fondamentale Piano di bacino, che dovrebbe stare, come detto, alla base di tutte le pianificazioni del territorio; il Piano, evidentemente, non può che essere approvato da tutti i soggetti dell’ambito territoriale, creato dalla Regione; alla fine avviene che i comuni di ogni assemblea, seppur divisi e parcellizzati nelle numerose assemblee delle Autorità d’Ambito in cui la legge li divide, sono chiamati alla fine a pronunciarsi e decidere per piani di bacino relativi a bacini idrografici, che neppure conoscono; con la conseguenza evidente che tutto approda, poi, nelle mani di chi tutto in realtà conosce e decide, che è poi il Direttore nominato dal Presidente della Regione.

La legge regionale 28 dicembre 2011, n.69, dunque, al di là delle buone intenzioni e della propaganda, costituisce una legge che ha contribuito a innescare, in Toscana, per quanto riguarda i servizi pubblici, un forte processo di concentrazione delle decisioni, prima spettanti ai Comuni, e che ha contribuito a creare un potere economico, che induce a considerare i servizi pubblici sempre più nella loro valenza economica e addirittura industriale: senza un reale controllo da parte di quei cittadini, a cui viene fornita la spiegazione consolatoria che dovrebbe acquietarli, che infine, tutto è fatto per il loro bene.

9). L’ ALTRA NOVITA’ DELLA LEGGE REGIONALE 28 DICEMBRE 2011, Ma la legge regionale 28 dicembre 2011, n.69, contiene anche un’altra novità legislativa, introdotta dal Presidente Rossi. Rossi, infatti, ha proposto, e fatto approvare una legge, sul finire del 2011, la 69/2011, appunto, che, mirava a dare un gestore unico regionale, non solo nel caso della gestione delle risorse idriche, ma anche nel settore dei rifiuti. A differenza dell’unico gestore dei servizi idrici, la vicenda della legge regionale sui rifiuti, in verità, si é trascinata a lungo, in Regione e si é conclusa da poco tempo, non senza contestazioni, intorno al dissidio che permane, anche se rimane per qualche tempo dissimulato, intorno al problema della termo utilizzazione; la legislazione parallela della gestione unitaria di alcuni servizi i pubblici, proposta da Rossi, nel suo caso tra risorse idriche e rifiuti, traeva spunto, in verità, dalla scelte parallele, contenute nella legislazione nazionale e promossa poco tempo prima, dal Presidente Monti ( nominato presidente del Consiglio solo un mese prima, nel novembre 2011), il quale, nella emergenza economico-finanziaria che era stato chiamato a gestire, aveva pensato bene di dar vita ad una legislazione, caratterizzata, appunto, per pressanti ragioni economiche, da esigenze di risparmio e di riduzione delle spese pubblica, a partire dai servizi oubblici.

Per quanto riguarda i servizi pubblici, Monti trovava nell’ordinamento giuridico un importante precedente. Infatti nel 1995, in seguito alle decisione europea di chiedere ai vari Stati di instaurare nel settore dell’energia, precise regole di concorrenza, il Parlamento aveva emanato una legge, la L.14/11/1995, n.481, che, all’art.3, assicurava la liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas naturale, creando, per assicurare il controllo di una tale politica nei due settori, appunto, un ente pubblico di controllo.



Monti, allora, ispirandosi ad una tale politica di accorpamento dei servizi pubblici, tra i primi atti del suo governo, come detto imposta per motivi di controllo della spesa pubblica, che intendeva garantire anche nei servizi pubblici, emanava il Decreto Legge 6/12/2011, che, all’art. 21, comma 19, decretava che “ con riguardo all’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, in deroga a quanto previsto all’allegato A, sono trasferite al’Autorità per l’energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e alla vigilanza della tariffa relativa ai servizi idrici”;. la L. . 27/12/2007, n. 205, completava il processo, anticipato , come detto, in questo settore, dalla Regione toscana, delegando ad un nuovo Ente, chiamato ARERA, l’incarico di esercitare un forte controllo, oltre che su gas energia e risorse idriche, anche sui rifiuti.

Segno distintivo di una politica di accorpamento dei servizi, siffatta, è proprio quello di una gestione di carattere industriale, cosa che può andar bene a mio avviso, però, per gas, ed energia, non certo per l’acqua, che presuppone interventi , naturalmente, di carattere conoscitivo e preventivo, che è inevitabile che siano i primi ad essere sacrificati da una politica che privilegia essenzialmente l’aspetto economico della gestione.

Eppure, molti difendono la cosiddetta politica di multiutility, espressione con la quale viene indicata questa politica di gestione dei servizi pubblici associatI; una politica che, si può ben dire, sta furoreggiando in Toscana, in primo luogo a Firenze, che, per il peso che essa sarebbe in grado di esercitare nel contesto toscano, finirebbe per governare tutto il settore dei servizi idrici della Toscana; ci sono però anche esponenti politici di opposizione, come il capo gruppo di Fratelli d’Itala nel Consiglio comunale di Firenze ( diverso e saggio, devo confessare. l’atteggiamento del consigliere regionale della Lega), che vaneggiano, lodando oltre misura una tale scelta, soprattutto quella che associa la multiutility alla conseguente misura di quotazione della società; in questo caso le lodi della multi utility sono fatte con toni che meravigliano, perché la interpretano, non per quel che essa effettivamente è, cioè il massimo di una politica di privatizzazione e di spoliazione degli utenti locali, privati di ogni diritto, il contrario, cioè, di quello previsto con il referendum del 2011; ma perché, dimenticando per un momento la fastidiosa litania della gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese, vede addirittura nella multiutiliy con quotazione in Borsa, una sorta di vera pubblicizzazione dei servizi, tramite un controllo azionario, per loro effettivo, dei cittadini, che, con un acquisto di azioni in Borsa che, per loro, evidentemente, costituisce una pratica continua e frequente di ogni buona famiglia toscana.

Tra le tante numerose dichiarazioni di adesione e applauso all’iniziativa della creazione della multiutility, molto frequenti in Toscana, voglio ricordarne una , proveniente dal Presidente di Intesa, a Siena, desideroso in verità, di aderire al progetto; che dice, però, con schiettezza e senza ipocrisie, che egli è mosso in verità, dall “interesse a valutare la propria partecipazione al processo di costituzione di un soggetto industriale di livello industriale, a forte caratterizzazione pubblica, espressioni queste che mai si conciliano con una corretta politica di tutela dell’acqua e del suolo: una cultura politica, però che sta prendendo campo, se lo stesso dr. Tronca mostra di condividerla, quando, al termine del suo parere , là dove sollecita gli enti ad una più stretta e leale collaborazione tra di loro, invita poi tutti a perseguire “le strategie anche industriali di gestione de servizi”, indispensabili, a suo avviso, per contribuire ad assolvere al vero benessere dei cittadini.

10), CONCLUSIONI. In conclusione, se io fossi il Sindaco:

A) , non rinuncerei innanzitutto a riproporre, come mi sembra che anch’ egli voglia fare, le ragioni che pure avevano indotto il legislatore, con il comma 147, 2 del Codice dell’Ambiente, ad autorizzare la proroga, in presenza di alcuni requisiti, delle gestioni in forma autonoma esistenti; invero, secondo il comma 2 ter, la domanda per il riconoscimento doveva essere presentata, all’Ente di governo dell’ambito, entro l’ 1/07/2022: ma, non avendo, l’Ente competente, assunto ancora nessuna decisone al riguardo, come pur doveva, ci sarebbe, a mio avviso, ancora spazio per la presentazione della proposta, se la Regione non dimostrasse anche in questo caso la solita chiusura e ostitlità.

Si tratta, dunque, di chiedere di mantenere in vita l’attuale gestione, in presenza dell’esistenza di quattro condizioni, che, a mio avviso, tutte ricorrono: a condizione che si tenga conto non esclusivamente dell’acqua che bagna le sponde della città, ma si valuti l’esistenza dei criteri nel quadro del bacino idrografico del Serchio, di cui soltanto parlano le leggi nazionali, ( stravolte dalle disposizioni regionali) quando accennano al Serchio, a partire dallo stesso comma 1 dell’ articolo 147, che richiama, per l’organizzazione degli ambiti territoriali ottimali, proprio la “legge 5 gennaio 1994, n.36”, basata, come si sa, interamente, sulla realtà dei bacini idrografici.

Del resto, alcuni dei criteri richiesti dall’art. 147 , comma 2 bis, non hanno niente a che fare col comune, ma soltanto con il bacino idrografico, come, per esempio, l’appartenenza delle sorgenti del fiume ad un parco naturale; quanto all’altro discusso requisito richiesto, dell’approvvigionamento idrico da fonti “qualitativamente pregiate”, faccio presente innanzitutto che il “pregio” dell’acqua non si può misurare con criteri geologici ( auguro, naturalmente, al Sindaco di poterlo fare), ma costituisce una qualità che si rileva dall’uso che ne viene fatto nel bacino idrografico: che permette non solo di ricavare in Garfagnana l’acqua minerale “azzurrina”, ma soprattutto, come certificato nella Convenzione per la gestione del servizio idrico più volte citata, di utilizzare,da quasi trenta anni, acqua tratta dal Serchio, da Pisa e Livorno ritenuta pregiata, perché utilizzabile, con adeguati interventi, come acqua potabile per i loro cittadini, a differenza dei liquami, non certo “pregiati”, a cui si è ridotto, a Pisa, l’Arno, .

B). In secondo luogo, promuoverei una forte campagna che impegni tutti gli enti interessati, a partire da Geal spa, ad una verifica della qualità dell’acqua del Serchio. Per quanto mi riguarda ha destato in me grande impressione e allarme il ritrovamento, nelle acque del Serchio, di sostanze denominate PFAS, , cioè di sostanze che contengono composti di fluoro e che servono per rendere impermeabili i materiali prodotti; sostanze che hanno il difetto di conservare oltre ogni limite, al pari, di quel che succede per gli inquinanti di provenienza nucleare, la loro virulenza. Di questo grave inquinamento si sta discutendo anche in Toscana; anche perché Assocarta, tramite il suo direttore generale Massimo Medugno, ha affermato che un tale inquinamento esiste anche nella nostra regione, anche se, poi, ha negato che possa essere ricondotto alla produzione dell’industria cartaria. Ritengo che la nostra città, fino a poco tempo fa bacino pilota, debba impegnarsi fino in fondo, per un controllo della qualità dell’acqua, in primo luogo nel nostro bacino idrografico, impegnandosi a fondo per la lotta e il divieto legale di un loro uso, per le nuove sostanze inquinanti, usate sempre più dall’industria, soprattutto da trafficanti senza scrupoli.

C). metterei in campo, poi, una politica tesa a convincere la Regione a ricostituire l’unità del bacino idrografico del Serchio, voluto da tutte le leggi nazionali e smembrato sciaguratamente dalla Regione, adottando a tal fine una serie di misure progressive che consistono: a)innanzitutto, nell’ inserimento nel Consiglio di Amministrazione della Geal spa ( tramite rinunce chieste e ben compensate) di un valido rappresentante della Garfagnana che, attualmente non potrebbe essere che il Sindaco di Castelnuovo Andrea Tagliasacci, accompagnato possibilmente da un altrettanto valido rappresentante del Comune di Capannori; b). una politica tesa a modificare il contenuto della Convenzione con Pisa e Livorno, per aumentare in modo significato, i canoni di concessione, dal momento che è giusto che il cittadino di Pisa e Livorno sia chiamato a pagare adeguatamente il costo dell’acqua pregiata che Lucca, ormai da trenta anni, gli offre. ( la stessa regolamentazione dovrebbe riguardare la derivazione d’acqua, proveniente dal “Tubone”, su cui dico ancora che taccio, perché, non ne so niente); c). dividerei i proventi che provengono al Comune dai vari prelievi retribuiti , a cominciare da quelli che, appunto, provengono da Pisa e Livorno, tra tutti i comuni del bacino idrografico del Serchio ( magari associati in un consorzio), perché l’acqua del Serchio appartiene a tutti i Comuni del bacino idrografico, non solo a Lucca.

d. Infine darei inizio ad una campagna politica, che, a mio avviso, avrebbe anche un riscontro popolare, affinché al bacino idrografico del Serchio venga riconosciuta una sua identità, che costituirebbe, in verità, la migliore difesa,nella storia lucchese, dell’acqua di Lucca.

Pin It
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie

ULTIME NOTIZIE BREVI

Spazio disponibilie

Tecnostress, cybersecurity, cyberbullismo, diritto alla disconnessione. "C'era una volta il web. E vissero connessi e contenti", è il laboratorio…

La piccola cantante lucchese Matilde Donati, torna su tutti i social e…

Spazio disponibilie

Una squadra reduce da una bellissima stagione che si è rinnovata per oltre la metà del roster,…

Domenica 13 ottobre sulle varie piattaforme Social Network presenti nella rete, sarà disponibile la XXIX edizione, organizzata dal…

Spazio disponibilie
Spazio disponibilie

Prima trasferta lunga per la serie B Spring che sabato 12 alle ore 18.00 affronta Umbertide al Palastaccini. Le…

"A livello personale, come cittadino e, a maggior ragione, come rappresentante istituzionale, sono rimasto veramente…

Sabato 12 alle ore 10 Isabella Nutini, Arturo Falaschi e Claudio Romanini al Podere-ostello Vipiana (

È ormai noto che Greenpeace ha evidenziato la presenza di PFAS nelle acque potabili sia di Lucca che…

Spazio disponibilie

Il 13 ottobre, Giornata Nazionale di sensibilizzazione sul tumore al seno metastatico, l'amministrazione comunale illuminerà di colore rosa Porta Elisa, su richiesta…

Ricorre domani sabato 12 ottobre il trigesimo della morte di Alberto Ceccarelli, sindacalista attivo della Cisl che ha…

Spazio disponibilie

RICERCA NEL SITO

Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie
Spazio disponibilie