Il Tribunale di Pisa con la sentenza n. 1842 dell’8.11.2021, di cui sono state depositate in questi giorni le motivazioni, ha dichiarato espressamente che i DPCM emessi da Conte, erano illegittimi. Ma non solo. Come si potrà leggere nel prosieguo, l’organo giudicante pisano si è spinto ben oltre.
La portata di tale pronuncia, conforme peraltro ad altre due sentenze, una sempre del Tribunale di Pisa (sentenza 419 del 17 marzo 2021) e una del Tribunale di Roma (ordinanza n. 25283 della VI sezione civile del Tribunale di Roma del 16.12.2020 pubblicata il 16.01.2021) è potenzialmente esplosiva con riguardo alle richieste di risarcimento danni che ogni cittadino potrebbe legittimamente avanzare nei confronti dello Stato causati da tutte le limitazioni sopportate - sulla base di provvedimenti che ora alcuni giudici italiani hanno riconosciuto essere illegittimi - dal primo lockdown in poi, fino ad arrivare a poter ipotizzare una vera e propria violazione dei diritti umani perpetrata da Conte&Co e reiterata dai suoi successori.
La vicenda prende le mosse da tre individui che vennero sorpresi in giro durante il primo lockdown, senza alcuna delle giustificazioni ammesse dal DPCM dell’8.03.20 per poter uscire (motivi di lavoro, salute o necessità). I tre vennero quindi rinviati a giudizio, tra l’altro, per violazione dell’art. 650 del codice penale cioè per aver violato provvedimenti dell’Autorità.
Il Tribunale di Pisa ha assolto gli imputati con formula piena perché il fatto non sussiste in quanto ha ritenuto che il DPCM dell’8.03.2020 non costituisse un provvedimento legalmente dato dall’Autorità, come invece previsto dall’art. 650 del codice penale.
E il Tribunale di Pisa spiega con dovizia di dettagli e con una lunga e chiara motivazione il perché di tale decisione che qui di seguito proviamo ad illustrare.
Il Giudice che ha emesso la sentenza parte da un dato di fatto: con i DPCM sono state limitate e compresse alcune libertà fondamentali garantite dalla Costituzione italiana, che lo stesso Giudice afferma essere proprio quelle che costituiscono il “nucleo duro” della Costituzione stessa.
Il Giudice ha quindi verificato come e se tali limitazioni dei “diritti fondamentali dell’uomo” potessero essere imposte ai cittadini per la tutela di altri diritti costituzionali (la salute pubblica, tutelata all’art. 32 della Costituzione).
Come statuito dal Tribunale di Pisa, l’ordinamento costituzionale italiano non prevede né lo stato d’eccezione né lo stato d’emergenza, che è una declinazione dello stato d’eccezione, al di fuori dello stato di guerra di cui all’art. 78 della Costituzione. Lo stato di emergenza, prosegue il Tribunale, è una condizione giuridica particolare che può essere attivata al verificarsi di eventi eccezionali.
Ma la Costituzione italiana non contiene alcun articolo che disciplini lo stato d’emergenza/d’eccezione tale da ricomprendere tutte quelle situazioni (interne) diverse dallo stato di guerra di cui all’art. 78 della Costituzione. Questa fu una scelta voluta dai padri costituenti, ricorda il giudicante di Pisa (che nella sentenza in esame cita più volte illustri costituzionalisti sia del passato che contemporanei), proprio per evitare che con la dichiarazione di uno stato di emergenza i governanti potessero in qualunque momento porre in essere una compressione dei diritti fondamentali dei cittadini.
Totale assenza di presupposti legislativi per un’emergenza sanitaria
Secondo il Tribunale di Pisa la situazione del Covid 19 non è nemmeno equiparabile per interpretazione analogica allo stato di guerra. Pertanto, quando il diritto alla salute pubblica, anch’esso costituzionalmente garantito, necessiti di una tutela in via emergenziale, ed in caso di necessità ed urgenza, che comporti la limitazione di altri diritti fondamentali, ciò può avvenire solo nel rispetto del principio di legalità, riserva di legge, necessità, proporzionalità, bilanciamento e temporaneità altrimenti si determinerebbe l’insorgere del cosiddetto “diritto tiranno” con conseguente violazione della Costituzione.
Il Tribunale di Pisa ha quindi ritenuto - per poter giudicare il caso sotto esame - doveroso verificare se la “filiera normativa emergenziale” posta in essere dal Governo - costituita dalla dichiarazione dello stato di emergenza e successive proroghe (l’ultima delle quali scadrà il 31 marzo prossimo), dai decreti legge e dai DPCM (che ricordiamo sono i Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri) avessero o meno una valida copertura normativa.
Ebbene, la conclusione di questa verifica è stata che “la delibera dichiarativa dello stato di emergenza adottata dal Consiglio dei Ministri il 31.1.2020 è illegittima per essere stata emanata in assenza dei presupposti legislativi, in quanto non è rinvenibile alcuna fonte avente forza di legge, ordinaria o costituzionale, che attribuisca al Consiglio dei Ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario”.
I DPCM si basavano infatti su decreti-legge che a loro volta si fondavano sulla deliberazione dello stato di emergenza del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020.
Ma un DPCM come provvedimento amministrativo monocratico del Presidente del Consiglio non può incidere su diritti costituzionalmente protetti, spettando soltanto alla legge o ad un atto ad essa equiparato (decreto-legge o legislativo) la possibilità di limitare, ad esempio, il diritto di mobilità.
I due decreti-legge che hanno consentito a Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio dell’epoca, di emanare DPCM sono stati il 6/2020 e il 19/2020.
Il secondo è stato emesso in sostituzione del primo perché lo stesso Governo si era reso conto che il decreto-legge 6/2020 costituiva una completa “delega in bianco” permettendo ad un provvedimento amministrativo di “fare ciò che voleva delle libertà e dei diritti degli individui”.
Il secondo decreto-legge, il numero 19/2020, anche se specificava meglio l’ambito di azione dei DPCM, non toglieva il fatto – come afferma la sentenza in esame – che quanto stabilito dai DPCM doveva essere contenuto unicamente in un decreto legge, alla luce della necessità della riserva assoluta di legge laddove si arginino sensibilmente i diritti della persona e le sue libertà fondamentali.
Ma nelle motivazioni della sentenza 1842/2021 è contestata la legittimità stessa anche della prima delibera dello stato di emergenza del 31.1.2020 (e delle conseguenti ripetute procrastinazioni).
Il Tribunale ha verificato infatti se il fenomeno epidemico-pandemico fosse previsto nella legislazione sulla istituzione della protezione civile (d.lgs. 1/2018), base normativa della già citata delibera per concludere che non lo fosse e non lo sia.
Il decreto legislativo 1/2018 cita infatti espressamente eventi calamitosi di origine naturale (terremoti, alluvioni, valanghe, incendi, inquinamento finanche marino), ma non la pandemia.
Pertanto la delibera del Consiglio dei Ministri del 31.01.2020 che ha statuito lo stato di emergenza è stata dichiarata illegittima dal Tribunale di Pisa perché manca di qualunque presupposto legislativo e da ciò deriva l’illegittimità di tutti i successivi provvedimenti emessi per il contenimento e per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID 19 (tra cui anche il contestatissimo Green Pass tuttora in vigore che priva del diritto al lavoro e alla retribuzione alcune categorie di cittadini, del diritto allo studio in presenza alcune categorie di studenti anche minorenni, della libertà di accesso in luoghi pubblici e molto altro ancora).
La sentenza di Pisa dunque sancisce nero su bianco che: (i) lo stato di emergenza è stato illegittimamente dichiarato; (ii) c’è stata una violazione del principio di riserva di legge e un travisamento delle fonti normative tale per cui si sono avute illegittime limitazioni delle libertà e dei diritti fondamentali dell’uomo costituzionalmente garantiti - adottate con i famosi DPCM e successivi provvedimenti.
Diritti fondamentali della Costituzione ampiamente compromessi
Ma il Tribunale va ancora oltre, si sofferma infatti ad analizzare dettagliatamente quali diritti fondamentali costituzionalmente garantiti siano stati illegittimamente compressi dalla normativa sopra descritta e come. Ecco allora che l’organo giudicante pisano individua che sia stata compiuta la illegittima compressione della libertà personale (art. 13 Cost), della libertà di movimento e di riunione (art. 16 e 17 Cost), del diritto di professare liberamente la propria fede religiosa anche in forma associata (art. 34 Cost), del diritto al lavoro (art. 36 Cost), del diritto alla libertà d’impresa (art. 41 Cost) e tutto questo - evidenzia il giudicante - è avvenuto non con legge ordinaria ma con un DPCM illegittimo per vari motivi tra cui (i) la mancanza di fissazione di un termine di efficacia, (ii) elencazione meramente esemplificativa delle misure adottabili con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, (iii) omessa disciplina dei relativi poteri.
Dunque, il divieto di uscire dalla propria abitazione se non per alcuni giustificati motivi sancito con DPCM dell’8.03.2020 valido per alcuni territori italiani ed esteso dal successivo DPCM del 9.03.2020 a tutto il territorio nazionale si configura - secondo la magistratura pisana - come un vero e proprio obbligo di permanenza domiciliare, e come tale limitativo della liberà personale che però, ai sensi dell’art. 3 della Costituzione, può essere compressa solo con provvedimento dell’autorità giudiziaria e solo nei modi e nei casi previsti dalla legge. Solo in casi di necessità e urgenza, tassativamente indicati dalla legge, infatti, l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori da comunicare nelle 48 ore successive all’autorità giudiziaria che, se questa non li convalida entro altre 48 ore successive, si intendono revocati e privi di effetto.
Ora, poiché le garanzie costituzionali a tutela della libertà degli individui sono 3 cioè: 1) la riserva assoluta di legge,2) la riserva di giurisdizione (potendo solo l’autorità giudiziaria emettere provvedimenti restrittivi della libertà personale), 3) l’obbligo di motivazione (dovendo essere esplicitati i motivi della restrizione della libertà) mentre invece i DPCM che hanno di fatto messo ai domiciliari tutti gli italiani sono stati emessi senza questi presupposti garantisti, lo stesso divieto di circolazione è illegittimo.
In modo ancora più eclatante ed esplicito il Tribunale di Pisa ha osservato poi come lo stato di emergenza sia stato prorogato varie volte sino alla prossima scadenza del 31 marzo prossimo. Il giudicante ha ravvisato come questo modus operandi non possa più “assolutamente” essere considerato come una situazione straordinaria e temporanea, determinando “una lesione delle prerogative del Parlamento a cui viene di fatto assegnato il ruolo di mero ufficio di conversione in legge dei decreti legge e conseguentemente dei DPCM”.
Il Tribunale di Pisa si spinge poi in una constatazione ulteriore affermando che: “a distanza di due anni uno stato di emergenza prorogato per accordo politico - anzi per negoziazione fra le parti dello Stato - è una contraddizione in termini in quanto “normalizza” l’eccezionalità per cui non servono più eventi imprevisti e situazioni fuori dall’ordinario ma basta il principio di precauzione per invocare poteri speciali e non più emergenziali”.
Inoltre l’organo giudicante all’ombra della torre pendente evidenzia come a Palazzo Chigi non siano molto bravi con i calcoli matematici, in quanto lo stato di emergenza è stato deliberato in forza dell’art. 24 del decreto legislativo n. 1/2018 il quale dispone che esso non possa protrarsi più di 12 mesi prorogabili di altri 12 mesi. Sennonché, rileva il Tribunale, lo stato di emergenza è stato dichiarato dal 31.01.2020 al 31.07.2020, poi è stato prorogato sino al 15.10.2020 e poi ancora al 31.01.2021 e quindi di nuovo sino al 30.04.2021 e poi 31.07.2021 e ancora al 31.12.2021 fino ad arrivare al 31.03.2022.
Da questo semplice raffronto di date il Tribunale di Pisa sostiene che il termine massimo di proroga dello stato di emergenza sia scaduto il 31.07.2021 e che dunque tutti i provvedimenti che abbiano prorogato lo stato di emergenza oltre tale data e tutti i provvedimenti medio tempore adottati in base allo stato di emergenza invalidamente prorogato siano illegittimi.
Ma il giudicante va ancora oltre e ipotizza che anche qualora si volesse considerare valida la proroga di 12 mesi con scadenza il 31.01.2022, non si potrebbe assolutamente andare oltre tale data mentre invece l’attuale Governo intende arrivare al 31.03.2022 mantenendo peraltro in vigore anche dopo tale data alcuni provvedimenti restrittivi dei diritti fondamentali dell’uomo garantiti dalla Costituzione, circostanza che la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 213/2021, ha dichiarato inammissibile con riferimento ad un’ulteriore eventuale proroga del blocco degli sfratti per morosità oltre il 31.01.2022.
Violazione dei diritti umani
La Corte Costituzionale con la suddetta sentenza ha sancito infatti che diritto di proprietà (tutelato dall’art. 42 della Costituzione) ha raggiunto il limite massimo di compressione tollerabile pur considerando la sua funzione sociale.
Ma se tale statuizione vale per il diritto di proprietà, a maggior ragione deve valere - secondo il Tribunale pisano - per gli altri diritti fondamentali “evidenziandosi come - in questo periodo emergenziale - tutte le libertà costituzionali siano diventate libertà “autorizzate”.
“Con il susseguirsi di decreti legge e DPCM si è assistito all’introduzione di sempre più restringenti limitazioni e restrizioni nell’esercizio di libertà fondamentali, fino ad arrivare ad incidere sul diritto al lavoro e ad un’equa retribuzione con violazione dell’art. 36 della Costituzione il quale riconosce al lavoratore il diritto alla retribuzione in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla propria famiglia un’esistenza dignitosa, nonché fino ad escludere una categoria di persone dalla vita sociale e dunque da tutte quelle attività che attengono alla sfera della libertà personale intesa quale attività che sviluppino la propria dimensione psicofisica”.
Il tutto, prosegue il Tribunale pisano, in violazione dell’art. 3 della Costituzione che sancisce al primo comma il principio di uguaglianza in forza del quale “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge”. Al secondo comma, sottolinea il giudicante, è sancito il dovere inderogabile della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Ebbene, il Tribunale di Pisa evidenzia come tale inderogabile dovere della Repubblica obblighi i governanti a rimuovere i suddetti ostacoli ma anche impedisca loro, implicitamente, di introdurne.
Il Tribunale di Pisa arriva dunque a ipotizzare una violazione dei diritti umani per le compressioni sulla libertà e sui diritti individuali incidenti sulla dignità umana in palese violazione della Costituzione, dei Trattati Internazionali e della Carta Europea dei Diritti Fondamentali dell’Uomo, che sanciscono l’inviolabilità dei diritti fondamentali dell’uomo e della dignità della persona umana.
Infine, come se tutto ciò non bastasse, il Tribunale di Pisa “per completezza di decisione” rimarca un altro aspetto di illegittimità da cui sono affetti i DPCM, che reputa atti amministrativi, che ritiene nulli per difetto di motivazione in quanto tutte le misure con essi adottate sono sempre state ancorate a pareri del Comitato Tecnico Scientifico (il famoso “CTS”) che però, in palese violazione dell’art. 3 della l. 241/90, avrebbero dovuto essere non solo richiamati ma anche resi disponibili ai diretti interessati, mentre detti atti sono stati addirittura in buona parte secretati vanificando di fatto la stessa procedura di accesso agli atti e rendendo impossibile la stessa tutela giurisdizionale.
La magistratura italiana dunque sia di merito, che di Cassazione (che con sentenza a sezioni unite n. 36373 del 12.10.2021 lascia intendere che sia possibile ricorrere in sede giudiziaria civile per accertare un illecito extracontrattuale causato dalla predisposizione o dalla mancata rimozione con decreto legge di una disposizione normativa, integrante l’inadempimento di obblighi costituzionali, unionali o internazionali, e condannare al risarcimento danni gli organi statali convenuti), ma anche quella costituzionale insieme a quella amministrativa stanno cominciando a riconoscere l’illegittimità e gli abusi compiuti dal governo Conte e da quello attuale con una serie di norme che hanno compresso i diritti fondamentali dell’uomo oltre ogni accettabile limite e soprattutto in modo illegittimo.
Del resto in alcuni Stati membri dell’Unione Europea si starebbero organizzando azioni legali collettive per “crimini contro l’umanità” perpetrati dai governanti durante la pandemia con la compressione di diritti fondamentali dell’uomo. Chissà che anche in Italia ci si avvii presto in tale direzione.