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Scritto da giulia del chiaro
Economia e lavoro
23 Luglio 2023

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È del 14 marzo di quest’anno il testo approvato dal parlamento europeo che prevede la ristrutturazione degli immobili con l’obiettivo di renderli più sostenibili in termini ambientali entro il 2033.

Nel testo si legge che tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a zero emissioni a partire dal 2028. Gli edifici residenziali già esistenti dovranno essere ristrutturati per rientrare almeno nella classe E entro il 2030 e in classe D entro il 2033. Per gli edifici non residenziali e pubblici i tempi si accorciano di tre anni: entro il 2027 classe E ed entro il 2030 classe D.

Cosa vuol dire questo per l’Italia? Cosa possono fare oggi gli italiani per essere pronti quando la direttiva entrerà in vigore? Facciamo chiarezza con l’aiuto di Marco Catelli, titolare dell’omonimo gruppo immobiliare.

“Le classi energetiche come oramai tutti sappiamo – ci spiega Catelli – vanno da quella più bassa che è la classe G, caratterizzata da basse prestazioni energetiche, alti consumi e scarso isolamento termico, fino alle classi A o addirittura A4 che, oltre a prevedere consumi inferiori, hanno minor un impatto sull’ambiente. L’obiettivo europeo, quindi, è quello di portare tutti gli immobili dell’unione almeno in classe D”.

Occorre tenere conto, però, del quadro immobiliare italiano che, per sua natura storica e rurale, ci mette di fronte a maggiori ostacoli, rispetto ad altri paesi, nella realizzazione di quello che il parlamento europeo si prefigge: “Al momento – chiarisce – nel nostro paese il 75 per cento delle abitazioni rientra in una classe energetica E, F o G ed è difficile pensare di adeguare tutti questi immobili entro i tempi indicati nella direttiva. È proprio per questo motivo che si inizia già a vedere la preoccupazione sia da parte dei venditori che degli acquirenti di fronte all’annuncio di queste normative. Senza dubbio si andrà incontro a una sempre maggiore difficoltà nella vendita di immobili in classi energetiche basse e, di pari passo, questo comporterà anche un abbassamento del loro valore di mercato se non adeguatamente ristrutturati”.

Ma cosa possono fare i proprietari di immobili di questo tipo nel frattempo? “L’unico modo per non farsi trovare impreparati – spiega – è iniziare a valutare una serie di interventi migliorativi dal punto di vista energetico come l’installazione di impianti solari ove possibile, l’installazione di impianti di climatizzazione caldo-freddo di nuova generazione o effettuando interventi che migliorino l’efficienza dell’isolamento termico, tutto questo a maggior ragione se la classe energetica dell’immobile è molto bassa. Qui, però, ci si scontra con il problema dei costi: le spese per ristrutturazioni di questo tipo sono altissime, almeno il doppio di cinque anni fa. Quindi, verosimilmente, non tutti i proprietari potranno permettersi operazioni di questo tipo. A parere mio, se la direttiva diventerà effettiva, occorreranno bonus e incentivi statali più snelli di quelli fatti fino ad oggi oltre ad un monitoraggio dei prezzi sia dei componenti che della manodopera valutando anche una possibile calmierazione degli stessi, ritengo che questi siano i primi punti da attenzionare come principale risposta concreta a queste richieste europee”.

Ci sono, però, degli immobili che la direttiva esclude dal pacchetto di quelli obbligati a rispettare certe caratteristiche. Tali eccezioni riguardano seconde case utilizzate per meno di quattro mesi all’anno, abitazioni unifamiliari con superficie inferiore a 50 metri quadri oltre a monumenti, edifici con particolare valore storico e architettonico, chiese e altri luoghi di culto: “Resta però il fatto – sottolinea Catelli – che il patrimonio immobiliare del nostro paese conta molti palazzi, case singole e casolari, sia nei centri storici cittadini che nelle campagne che hanno mantenuto molte delle caratteristiche originarie assestandosi di conseguenza nelle classi energetiche più basse. Nell’operare in tali edifici per salire di classe ci si scontra, inevitabilmente, con la normativa italiana che spesso impone vincoli paesaggistici molto restrittivi: ne è un esempio in alcune aree, l’impossibilità di fare interventi come il fotovoltaico o anche semplicemente mettere delle persiane alle finestre. Il patrimonio architettonico del nostro paese è indubbio che debba essere attenzionato e conservato dagli enti preposti, come tra l’altro ben fatto in molte delle nostre città, ma credo che siamo arrivati in una fase storica dove si debba raggiungere un equilibrio tra questa tutela che ribadisco ritengo fondamentale ed un ammodernamento di molti edifici che ad oggi risulta estremamente complicato”

Proprio per la diversità dei patrimoni immobiliari tra i diversi paesi europei si sta lavorando a uniformare i parametri applicati in ognuno con la speranza che si tenga conto delle specifiche caratteristiche delle costruzioni del nostro paese. La nuova classificazione unificata delle classi a livello europeo, infatti, sostituirà l’attuale classificazione italiana: la nostra lettera D attuale, quindi, non sarà la stessa che conterà come parametro per i futuri interventi di ristrutturazione. Le classi resteranno le stesse, ma i parametri per definirle saranno meno stringenti e quindi le classi più alte comprenderanno anche immobili che oggi rientrerebbero in una classe invece più bassa.

Non resta, quindi, che attendere la classificazione definitiva e rimanere informati per essere pronti ad attuare interventi di riqualificazione quando la direttiva entrerà definitivamente in vigore.

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