Il 22 dicembre di 41 anni fa, era il 1981, uscì nelle sale un film che sarebbe diventato un capolavoro della commedia italiana: Il marchese del Grillo, diretto da Mario Monicelli e interpretato da un magistrale Alberto Sordi nella parte del conte Onofrio del Grillo. "Ricordo come se fosse ora - racconta Ubaldo De Francesco, all'epoca appena diplomato ragioniere e abitante nel quartiere Prati - mio padre che venne a casa e, a me e a mia sorella, disse che aveva appena visto un film meraviglioso e che voleva assolutamente che lo accompagnassimo a vederlo una seconda volta tutti insieme. E' stata una delle rare volte che nostro padre ci portò al cinema".
Roma non era ancora uscita dalla morsa degli anni di piombo e dalla crisi economica che aveva attanagliato il nostro Paese durante gli anni Settanta. Si cominciava, però, a intravedere non tanto la luce, quanto una nuova e improvvisa voglia di tornare a vivere senza paure e limitazioni. Quella pellicola, buona parte della quale venne girata a Lucca a palazzo Pfanner in via degli Asili, accanto al liceo classico Machiavelli, sarebbe stata vista e rivista chissà quante volte e le sue gags sarebbero divenute patrimonio comune di tutto un popolo che, ad ogni piè sospinto, avrebbe ricordato uno dei film di ambientazione storica - sia pure con i suoi limiti in materia - più amati dal pubblico.
Mai e poi mai, quei cinque sbarbatelli e sbarbatelle, cresciuti tra una partita doppia e un assaggio di matematica finaziaria e attuariale, avrebbero potuto immaginare che quasi mezzo secolo più tardi, complice il destino che fa e disfa le vite degli esseri umani, si sarebbero trovati, tutti insieme, proprio all'ingresso di quel palazzo dal quale, al primo piano, Alberto Sordi lanciava le pigne, invece dei soldi richiesti, alla plebaglia che reclamava dal basso. E ancora meno avrebbero potuto pensare che, nonostante la chiusura invernale del giardino e del museo di palazzo Pfanner, un Cicerone speciale nella figura di Alessandro Pfanner, uno dei proprietari e della sua compagna Sara Squilloni, li avrebbe attesi una uggiosa mattina di dicembre per accompagnarli in una visita speciale che avrebbero, poi, ricordato, per tutta la vita.
E, invece, eccoci tutti qui e tutti insieme, vogliam vedere, parafrasando un vecchio cartone animato, il Braccobaldo Show. Ebbene, potrà sembrare assurdo, ma per chi ha amato e vorrebbe vederlo come materia di studio nelle sfasciate scuole italiane ispirate dal pensiero unico dominante intriso di Lgbtqrstuvz, Alberto Sordi, trovarsi di fronte alla scalinata sulla quale il fido Ricciotto, al secolo Giorgio Gobbi, si sentì chiedere dal marchese, davanti alle insistenze di Camilla che gli alitava in faccia domandandogli di che sapeva l'alito: "Ricciò, senti un po' il fiato di mia sorella". E lui, di rimando, mezzo stravolto: "Su sorella c'aveva un sorcio morto in bocca, possibile che lei nun senta niente?".
Alessandro Pfanner è un lucchese a denominazione di origine controllata e, soprattutto, garantita. Nato presso la clinica delle Zitine il 13 luglio 1961, è, a tutti gli effetti, una persona in grado di trasmettere quella joie de vivre così rara da trovare a queste latitudini e non solo. Pochi peli sulla lingua, cresciuto in una famiglia nobile dalla quale ha appreso sin dall'infanzia tutto quello che gli altri, i plebei e i borghesi per intendersi, impiegano decenni per imparare. Innamorato perso del mare e della navigazione a vela, non si nasconde quando afferma di essere orgogliosamente un gaudente che ama la vita in tutte le sue sfaccettature. Ha una conversazione piacevole, colta e, in particolare, fornita di un background antico di secoli che gli regala, a prescindere, il dono, non sempre automatico e presente, della memoria intesa nella sua più ampia accezione.
Il cancello impedisce l'accesso al giardino attribuito al genio di Filippo Juvarra (1678-1736) che lo progettò agli inizi del Settecento e che rappresenta un pregevole esempio di giardino barocco all’italiana incuneato tra le Mura urbane e la fitta trama viaria della Lucca medievale. Ci pensa Sara ad aprirlo con il suo mazzo di chiavi ed è come se, nonostante il cielo cupo e grigio, sia prissero le porte di un paradiso immaginario, ma ben reale. Un giardino che avevamo ammirato, in parte, solamente durante le passeggiate sulla cinta muraria poiché è la prima volta che ne varchiamo la soglia. Sulla destra scopriamo, così, che il trisnonno di Alessandro era un maestro birraio che produceva birra proprio in una zona seminascosta del giardino dove esiste ancora un rudere - che sarà presto ristrutturato e adibito a caffetteria nei mesi estivi - all'interno del quale avveniva anche l'imbottigliamento di quella che si chiamava, appunto, Birra Pfanner.
In fondo al parco sta la limonaia dove, nella stagione più fredda, vengono messe al riparo le decine di piante di limoni che, invece, in primavera ed estate abbelliscono in tutto il loro splendore il perimetro verde appostati ad ogni angolo.
Salire la scalinata del palazzo è una emozione non da poco, per di più gli scalini sono assolutamente facili da percorrere perché molto bassi. Anche il museo, chiuso in questo periodo, è stato aperto per l'occasione della nostra visita e le sale - chiamarle stanze sarebbe riduttivo - restituiscono al visitatore ambienti di un tempo che fu e che, oggi, sono rarissimi da trovare. Non a caso Mario Monicelli si era innamorato di questo edificio dopo averlo visto ritratto e ripreso più volte in una vecchia pellicola senza grandi pretese, Arrivano i bersaglieri di Luigi Magni del 1980. "Avevo appena vent'anni - rievoca Pfanner - e ricordo una mattina quando arrivarono con un seguito di alcune auto sia Mario Monicelli sia Alberto Sordi. Monicelli aveva visto il film sui bersaglieri, che non aveva avuto particolare successo, ma si era innamorato del palazzo e del suo giardino al punto che quando mio padre si offrì di tagliare l'erba, lui gli disse assolutamente di no poiché voleva che restasse com'era a dimostrazione di una nobiltà capitolina decadente come quella che voleva rappresentare nel film".
Nell'ultima sala del museo, oltre ad un grande pianoforte a coda, anche un tavolo stile Impero al quale Sordi, che durante le riprese del film aveva voluto dormire in un'ala del palazzo stesso, si sedeva la mattina a fare colazione insieme a mia nonna e giù risate. Nel museo c'è anche l'esposizione di strumentazione medica e libri d'epoca visto che uno dei Pfanner era uno stimato pediatra parecchio tempo fa. Meravigliosa anche la camera da letto, con tanto di letto a baldacchino e con una stufa bellissima che portava calore durante l'inverno. L'umidità è consistente e le sale vengono riscaldate solamente in presenza di eventi ad hoc. Qui, peraltro, si organizzano durante tutto l'anno, eventi di varia natura, da spettacoli a matrimoni a comunioni a sfilate di moda: "Del resto - spiega Sara - noi non riceviamo contributi dallo Stato e ci autofinanziamo. Mantenere questo edificio e il suo giardino ha un costo significativo per questo, alla fine, dobbiamo cercare di sfruttare ogni occasione, l'ultima delle quali è stata proprio in occasione dei Comics, quando numerosi fotoreporter portano qui i cosplay che vogliono realizzare servizi fotografici".
Ricordate la scena di Ricciotto che, aprendo una finestra, avvisa tutti da basso - intenti a non fare alcunché - che il marchese s'era svegliato e che, quindi, avrebbero fatto bene a rimettersi al lavoro? Bene, Sara e Alessandro aprono il portone della loro abitazione e ci indicano proprio la finestra alla quale il fedele servitore di Sordi si era affacciato. Alessandro Pfanner e la sua compagna hanno aperto a questi romani in cerca di storia la loro casa e la prima stanza ad accoglierli è una stupenda biblioteca alta fino al soffitto anch'esso splendido e a cassettoni. Poi, la conversazione prende piede e si anima al calduccio di una sala con caminetto e divani simili a penisole sporgenti dal mare. Sul tavolino al centro della stanza spuntano le pizzette con pomodoro e capperi della pasticceria Pinelli, una goduria pazzesca e un pezzo più unico che raro che solo in via Beccheria sanno preparare in questo modo. Il tutto annaffiato da un Berlucchi Cuvée Imperiale Brut Franciacorta.
E qui passa un'ora e più di aneddoti, riflessioni, confessioni, deduzioni, domande e risposte che par d'essere quasi su un palcoscenico di questa Italia fatta di gente che si porta dietro secoli di storia e di radici ben impresse sul terreno. Altro che immigrazione spinta e integrazione come la vorrebbero il vescovo di Lucca Paolo Giulietti e, inaspettatamente, anche l'attuale sindaco Mario Pardini.
Alessandro Pfanner è un vero e proprio anfitrione, ascoltarlo è un'esperienza che merita, la sua simpatia è contagiosa e gli ospiti provenienti dalla capitale non aspettavano che questo, altro che la lugubre diffidenza e l'ipocrisia dipinta sui volti della maggior parte dei lucchesi. Qui si respira un'altra aria, aria di mare verrebbe da dire e visto anche che due dei presenti provengono dalla terra labronica, ecco che il mare e la sua meravigliosa libertà diventano oggetto di conversazione: "Dicono che i due momenti più belli per chi ha una imbarcazione, sono quando la compra e quando la vende". Parole sacrosante, soprattutto se si pensa alle volte in cui, nei giorni più impensabili, qualcosa si rompe e allora diventa un'odissea riuscire a ripartire. Che Alessandro Pfanner fosse un appassionato di vela non lo sapevamo e la cosa ci fa immenso piacere: uomo libero sempre ti sarà caro il mare recitava il poeta e scrittore francese Charles Baudelaire.
Nessuno vorrebbe lasciare palazzo Pfanner, in particolare adesso che la temperatura è salita notevolmente e si sta che è un piacere, ma anche Alessandro e Sara hanno la loro vita e non si possono requisire per tutta la giornata. Resta ancora qualche scampolo di tempo per rievocare un film che ha fatto epoca e, per Alessandro, anche il ricordo di Nicole Kidman, attrice bellissima e dal portamento straordinariamente elegante che recitò nel medesimo palazzo nel film Ritratto di signora diretto da Jane Campion ed uscito nel 1996. Capiamo che per il padrone di casa la vista della Kidman ha avuto il sopravvento sul ricordo di Sordi, ma noi non cediamo alla tentazione e continuiamo a sostenere che Alberto Sordi è unico e, come recitava nel film, lui è lui e gli altri non sono un c...o.
Ma prima di lasciare il palazzo l'amico Ubaldo rievoca la stanza dove Aronne Piperno, il falegname ebreo, ricevette il rifiuto da parte del marchese a pagare il lavoro di restauro che gli aveva fatto. E voi lo ricordate? Eccovelo:
Nella grande camera da letto allestita per l'occasione dove di solito pernottava e riposava il marchese Onofrio del Grillo durante il film, venne girata la straordinaria sequenza relativa a Gasperino er carbonaro, il sosia del marchese che finì per essere coinvolto suo malgrado in uno dei suoi proverbiali scherzi:
Foto Ciprian Gheorghita