L’ignobile vicenda del deferimento a mezzo stampa che mi ha visto protagonista mio malgrado, è un tipico esempio di eterogenesi dei fini. Infatti, una iniziativa che nelle illusioni del suo autore avrebbe dovuto danneggiarmi, in realtà si è rivelata utile per rendermi partecipe dell’apprezzamento e della stima di tantissime persone anche da me non conosciute che, incontrandomi per strada in questi giorni, mi hanno espresso solidarietà per una triste ritorsione personale che nulla ha a che fare con la legittima contesa politica.
A ben vedere, la morbosa attenzione per “Le vite degli altri” tanto per citare il bellissimo film di Florian Henckel ambientato nella Berlino Est all’epoca della guerra fredda, non è pratica dei nostri giorni ma è comune a tutte le epoche storiche.
Ricordo bene dallo studio del Diritto Romano che nell’antica Roma era frequente il ricorso a metodi poco ortodossi e moralmente riprovevoli per l’esistenza degli “indices” (definiti da Cicerone nella Divinatio in Caecilium come i correi dissociati ai quali veniva riconosciuta in cambio l’impunità) e dei “delatores”ossia coloro i quali denunciavano un fatto altrui (ad esempio schiavi fuggiti) senza aver subito alcun tipo di danno né morale né materiale ma solo per desiderio di guadagno o per ottenere prebende pubbliche.
A lungo andare, l’uso sistematico della delazione incoraggiata dalla “Lex Iulia Maiestatis”portò a qualche eccesso tanto è vero che per Seneca durante il Principato di Tiberio“c’era una frequente e quasi endemica frenesia per la delazione che per i cittadini romani era più rovinosa di una guerra civile” con un giudizio confermato anche da Tacito nei suoi scritti per via del fatto che molti, anche i componenti del Senato stesso, intendevano colpire nemici, avversari per invidia, rancore e altrimotivi abietti.
In tempo di pandemia le segnalazioni alle autorità da parte di chi non ha subito alcun danno dai fatti contestati, sono tornate prepotentemente in auge: sono tantissimi i casi di cittadini denunciati dai vicini di casa per una festa di compleanno o per un pranzo in famiglia anche tra persone sane e in buona salute giacché è del tutto evidente che, ai minimi sintomi del virus, le persone responsabili (e tutti siamo persone responsabili) si mettono subito in isolamento.
Semmai (ma questa è una opinione personale dovuta alla mia scarsa preparazione giuridica), sarebbe giusto colpire solo quei comportamenti concretamente lesivi della salute pubblica in ossequio al principio della necessaria offensività del fatto sanzionato al fine di operare il dovuto bilanciamento con i diritti costituzionali primo fra tutti la libertà personale che può essere limitata solo nel rispetto della duplice riserva di legge e giurisdizionale. Ed è evidente che il divieto di socializzare con parenti e amici è una chiara limitazione della libertà individuale.
Sono in molti a ritenere che le segnalazioni non sono affatto suggerite dal senso civico o dall’esigenza di rispettare le regole non risultando continue chiamate alla polizia per denunciare divieti di sosta o l’abbandono di mozziconi di sigaretta per terra così come non vi sono state proteste contro l’immoralità del coprifuoco alle 22:00 quando continuano a verificarsi sbarchi che violano le leggi sull’immigrazione o interventi a favore del sacrosanto diritto (garantito dalla Costituzione, la legge suprema) di baristi, ristoratori, titolari di palestre, di piscine, di cinema di tornare a lavorare in sicurezza senza limitazioni di sorta.
Purtroppo, la strada da percorrere per ritornare al rispetto delle regole della civile convivenza è ancora lunga.