Nel cult movie del 1979 “Apocalypse Now”, diretto da Francis Ford Coppola e ispirato al racconto Cuore di tenebra di Joseph Conrad, il capitano Ben Willard, delle U.S. Special Forces, viene convocato presso il comando superiore ove gli viene fornito un dossier sul colonnello Walter Kurz, anch’egli delle Special Forces. Ufficiale dal passato cristallino, diplomato a pieni voti, destinato di sicuro ai “piani alti” del mondo militare Stars & Stripes, nel momento in cui ha iniziato a prender parte alla guerra del Vietnam, ha iniziato a cambiare, e i suoi metodi di comando e gestione del reparto sono divenuti … “malsani”, a detta dei superiori di Willard. In fondo al colloquio al giovane capitano viene affidato un compito singolare. Deve risalire il Mekong fino alla base di Kurz e … “porre fine al suo comando”. Un modo edulcorato per dire che deve ammazzarlo, in quanto evidentemente i metodi legali per risolvere la questione e interromperne il periodo di comando – trasferirlo, rimuoverlo, chiederne le dimissioni o arrestarlo – non son risultati praticabili.
Beh, come i Blues Brothers “videro la luce” e si misero a capriolare in chiesa quando decisero di dare inizio alla loro “missione per conto di Dio”, a quel dialogo, a quel “porre fine al suo comando ..”, ho pensato nel leggere “dobbiamo porre rimedio …” vergato su mail da un magistrato della Repubblica in ordine ad una Presidente del Consiglio che, prima di tutto, è avversaria politica da abbattere. Con buona pace per chi credeva che un magistrato debba colpire malavita e illegalità. Questo Sostituto Procuratore nell’ordine delle priorità dei soggetti da perseguire – o perseguitare – pone l’avversaria politica. Non i mafiosi, i terroristi, i delinquenti: La PdC eletta dai cittadini, della quale ammette che non abbia scheletri nell’armadio o inchieste. Traduco: rispetta la legge ed è di onestà cristallina. Ma per il nostro non rileva: non la pensa come lui e va persegui(ta)ta.
Già, come facevano la giustizia (?) nazista, quella staliniana, e la fascista.
E allora viene da pensare a Palamara, quando ammetteva che si disse fra magistrati schierati, che occorresse colpire il ministro Matteo Salvini a prescindere.
Non trasecolo, ho i miei anni e non mi stupisco, ma una considerazione corre l’obbligo di esprimerla.
Vannacci doveva dimettersi perché un militare non potrebbe, secondo opinione comunque da rispettare, esprimere le proprie idee politiche. Non si comprende dove e come potrebbe creare problemi, avendo tra l’altro rispettato le leggi dello Stato e il mandato affidatogli in giro per il mondo e in Italia, alla guida dei suoi Uomini. Quindi deve dimettersi, o va degradato, o fucilato alla schiena, vedete voi!
Invece un altissimo magistrato, che innesca una nutrita serie di oltre 100 colleghi per attaccare – a prescindere, e per sole questioni di carattere politico – una Presidente del Consiglio, ma magari l’ha già fatto contro Salvini, Berlusconi, Renzi, Vannacci o altri, o lo farà contro di me (sto applicando a lui il “principio Davigo”: non ci sono innocenti, ma solo colpevoli dei quali non son state trovate prove delle malefatte, e noi non conosciamo se e quando abbia scritto mail analoghe), beh, lui va bene.
Lui può restare a giudicare il futuro, la vita di una persona, magari rovinandogliela.
Non escludo che vi sia magistrato di segno opposto che rediga mail simili, magari aventi per oggetto altri leaders politici, ma intanto di questo personaggio si ha contezza, e le parole del Capo dello Stato – pur nel comprensibile imbarazzo che si prova non potendo criticare due manganellate improvvide, ma dovendo stigmatizzare un comportamento di chi dovrebbe avere acume e cultura superiori al comune picchiatore di piazza – qualcosa spero abbiano inciso.
Chi si sentirà più sicuro con un magistrato del genere che gli analizza il comportamento? Perché, vedete, un generale se non ha un apparato inquadrato e coperto alle spalle, e una struttura che lo appoggia e segue, poco può. Chi rappresenta la pubblica accusa, lo ripeto per esperienza di vita, ancorchè non ne abbia sofferto a titolo personale, l’esistenza può distruggertela.