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Casinò digitali sempre più popolari: +31% di iscrizioni nel 2025
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Come il settore del gioco d’azzardo sta sostenendo l’economia italiana
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Lucca dietro le mura: segreti, fantasmi e colpi di scena
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Sport notturni: cosa si nasconde dietro la febbre delle attività dopo il tramonto
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Dai Tavoli da Poker ai Visori VR: Come Potrebbe Essere il Futuro del Gioco d'Azzardo Online
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Nel novero delle dipendenze che sono in grado di compromettere l’esistenza di una persona in modo evidente c’è di sicuro il gioco d’azzardo patologico. Esso ha effetti sulla situazione economica e professionale della persona, può colpire le relazioni affettive e non di rado avere perfino ripercussioni dal punto di vista giudiziario. La stessa salute fisica può patire le conseguenze della dipendenza da gioco, sia a causa dell’alterazione del ritmo sonno veglia, sia dal punto di vista del regime alimentare, a maggior ragione nel caso in cui vengano assunte anche delle sostanze psicotrope.
I fattori di rischio
La tendenza a sviluppare questo tipo di problema può essere accentuata da specifici fattori di rischio, esattamente come avviene per tutti i problemi di natura psicologica. Al tempo stesso ci possono anche essere fattori protettivi grazie a cui il rischio viene ridotto. La presenza di legami affettivi, per esempio, viene ritenuta dagli esperti un fattore di protezione positivo. Si parla di legami solidi e stabili, ovviamente con persone che si dimostrino critiche nei confronti del gioco d’azzardo.
Le competenze emotive
Affinché possa essere raggiunto l’obiettivo della costruzione di relazioni sane, occorre che la persona venga aiutata a sviluppare buone capacità comunicative, in modo che possa esprimere in modo assertivo le proprie esigenze. Servono, inoltre, valide capacità di negoziazione, utili per la risoluzione dei conflitti, e c’è bisogno di una competenza specifica per la gestione dell’aggressività e dell’impulsività. Nel complesso, la persona deve essere supportata nello sviluppo di particolari competenze emotive grazie a cui potrà acquisire una migliore e maggiore consapevolezza relativa ai propri vissuti. Così, essi potranno essere affrontati in modo adeguato. Solo se si ha una buona competenza emotiva si ha la possibilità di gestire lo stress con successo.
Le strategie verbali e non verbali
È auspicabile anche la presenza di competenze comportamentali: è il caso delle strategie, sia verbali che non verbali, che consentono di prendere la decisione più appropriata in ogni circostanza e di agire in modo socialmente accettabile. Un ulteriore fattore di protezione rispetto allo sviluppo della dipendenza da gioco riguarda il possesso delle competenze cognitive, in virtù delle quali il soggetto può maturare un pensiero di tipo logico, essere in grado di focalizzare i propri obiettivi e usare abilità di problem solving.
La resilienza
Nel novero delle caratteristiche più importanti c’è la resilienza, vale a dire la capacità di reagire in maniera funzionale di fronte a eventi stressanti, comportandosi in modo da non generare ulteriore stress, con uno stile di vita sano. L’utilizzo di sostanze e il gioco d’azzardo, quando vengono scelti come reazione agli eventi sfavorevoli della quotidianità, rappresentano un tipo di risposta distruttiva e disfunzionale. Lungo il percorso di prevenzione dei sintomi del gioco patologico, inoltre, si deve lavorare sull’autoefficacia: si tratta della fiducia nelle capacità soggettive di pensare e mettere in atto azioni appropriate che siano mirate al conseguimento degli obiettivi.
Il Centro San Nicola
Il Centro San Nicola prova a intervenire su numerosi fattori protettivi: il senso di autoefficacia, appunto, ma anche la resilienza, l’autodeterminazione e l’autostima. Inoltre, si lavora sulla gestione dell’aggressività e dell’impulsività, vale a dire lo sviluppo di specifiche competenze di tipo comportamentale ed emotivo. Lo scopo che si vuole raggiungere è di fermare il comportamento allo scopo di capire il comportamento. Si tratta, in altri termini, di individuare i rinforzi da cui la dipendenza viene portata avanti e che causano danni nella vita del soggetto; dopodiché vengono identificati gli atteggiamenti e i comportamenti che occorrono per attuare un cambiamento nella vita della persona.
Le attività prosociali
Una funzione di primaria importanza riguarda la possibilità di prendere parte ad attività prosociali, che in genere si contraddistinguono per contesti a ridotto rischio di disagi psicologici. Le persone devono essere messe nelle condizioni di sviluppare quella che si può definire come auto-determinazione: è la capacità di stabilire degli obiettivi e di assumere delle decisioni in linea con gli stessi, evitando di farsi condizionare dai giudizi delle altre persone. Di certo, una risorsa molto preziosa è l’autostima, che merita di essere elencata nel novero dei fattori protettivi che aiutano a prevenire lo sviluppo di una dipendenza come questa.
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Ci sono epidemie spontanee ed epidemie provocate, per volontà o soltanto per un errore umano. Il Coronavirus mi sembra appartenere alla categoria delle provocate, anche in considerazione del fatto che già che sono state programmate altre epidemie con cadenza annuale: pare che la prossima sia quella del “vaiolo delle scimmie”.
Certo è che tutte hanno presso a poco i medesimi effetti: carestie, aumento del numero dei poveri; indigenti che diventano sempre più miserabili ed i ricchi che diventano sempre più ricchi, per i motivi facili da intuire.
Ho riletto in questi giorni il libro di Rita Mazzei, dal titolo “La società lucchese del Seicento” (Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca 1977), secolo che, come sappiamo, fu colpito dalla tremenda peste del 1630-1631.
Già prima dello scoppio dell’epidemia, l’economia lucchese, viveva un periodo molto critico: l’industria della seta e della lana aveva subito una brusca battuta d’arresto.
Durante il periodo della peste le condizioni di vita si fecero insostenibili. Un anonimo scrive che “i poveri cascavano morti per le strade, più di fame che di peste”. A Lucca “dentro”, dal dicembre del 1630 all’ottobre del 1631, la popolazione era passata da 21.914 abitanti a 13.581: era morta oltre il 40% della popolazione!
Dopo la peste, l'economia lucchese non dava segni di ripresa e “si stava anzi avviando verso una grave depressione che sarebbe giunta a toccare il fondo negli anni centrali del secolo”. Le possibilità si riducevano sempre più mentre il prezzo dei viveri andava aumentando.
Molte erano le azienda ad aver chiuso i battenti e moltissimi i lavoratori avevano perso il posto di lavoro. Ed il posto di lavoro, come si sa, si può perdere sia per cause legate all’avversa congiuntura, e quindi indipendenti dalla volontà del datore, ma a volte, anche dipendenti da essa o dal potere politico.
“I raccolti specie quello delle castagne erano stati compromessi in tutto il territorio lucchese da disastrose gradinate …. il pane diveniva così sempre più caro e più scadente e tutto lasciava presagire una grave carestia”.
Durante l’inverno del 1647-1648, mentre le vie cittadine si riempivano di mendicanti che vivevano alla giornata ed in particolare, di elemosine, stranamente si andavano placando quei malumori e quelle proteste che solitamente caratterizzano un popolo, da anni costretto a subire le violenze del potere, degli eventi e dei tempi.
“Il ceto popolare pur da sempre abituato alle strettezze precipitava in breve in condizioni di vita così inumane da non avere più nemmeno la forza di protestare”.
Chi infatti si trovava ridotto a non poter contare su altra fonte di sussistenza che la carità, evitava di parlare spontaneamente contro quei ricchi da cui ora dipendeva, per un pezzo di pane o per qualche bolognino, la sua sopravvivenza quotidiana. Così con l'inizio dell'estate del 1648 ormai ‘non si hode più certi lamenti del buon governo né certe esagerazioni che si solevano sentire ma ogniuno sta quieto e attende a vivere’”.
Si può soltanto immaginare come può essere infelice quella situazione in cui non si ha la forza né il coraggio di protestare per paura di rendere ancora più pesanti le condizioni di vita proprie e della propria famiglia.
La peste e la successiva miseria avevano reso la popolazione lucchese al pari di un gregge mansueto, rinunciatario, sconfitto.
Proprio come sta succedendo oggi. Pare che il proposito governativo sia quello di moltiplicare la povertà per rendere tutti nella condizione di non poter protestare, per paura di perdere, dopo il lavoro, anche quel po’ di elemosina elargita dai ricchi, grazie alla loro infinita magnanimità.
Giampiero Della Nina