Cordiale, piuttosto taciturno ed anche un po' timido ma in corsa mostrava un cocktail di classe spontanea, grandi riflessi ed una grinta che, specialmente quando era stuzzicato, sprizzava dagli occhi. Un campione da apprezzare anche caratterialmente perchè è rimasto sé stesso anche dopo aver esorcizzato l'inferno del Nord, raggiungendo una fama internazionale ed essere salito per due volte sul gradino più alto della Coppa del Mondo. Michele Bartoli è stato un vero e proprio Re delle classiche, perchè nelle Fiandre ed in Vallonia, la parte francofona del Belgio, ergeva le sue qualità ed i suoi scatti su quelle colline che hanno caratterizzato le imprese dei grandi campioni, sono rimasti nella storia accompagnati dall'entusiasmo di quei tanti tifosi che da quelle parti si esaltano sulla generosità degli atleti ed a cavallo degli anni novanta/duemila lo soprannominarono il "Leoncino delle Fiandre", cinquanta anni dopo che un altro italiano, Fiorenzo Magni, esaltò le folle vincendo 3 Giri delle Fiandre che gli valsero un simile soprannome.
CRESCIUTO CICLISTICAMENTE NELLE SQUADRE FANINI
Pisano di nascita ma montecarlese di adozione, Michele Bartoli è stato nelle classiche di un giorno uno dei più grandi protagonisti dell'epoca, in buona compagnia quando si tratta di ricordare diversi fuoriclasse di origine toscana. Impuntò i pedali in giovanissima età. Già da bambino all'età di sei anni scelse la bicicletta come attrezzo più desiderato per primeggiare. Fu lanciato dalle squadre Fanini, un nome che rappresentava una vera e propria fabbrica di giovani promesse anche negli anni 70-80 ed una fucina di talenti pronti a fare il salto nel professionismo, aiutati nel costruire carriere di successo. Michele già da bambino nelle categorie giovanissimi vinceva tantissimo, in maglia Fanini Alan e Fanini-Berti. È sempre stato costante nelle vittorie da quando ha iniziato a pedalare e scalando tutte le categorie dilettantistiche fino all'esordio nel professionismo nel 1992 con la Mercatone Uno.
"Non dimentico niente delle mie origini ciclistiche - sottolinea - e conservo bellissimi ricordi di una carriera che, pur con qualche infortunio di troppo, mi ha tolto grandi soddisfazioni. Fui lanciato da Fanini e ne sono orgoglioso. A quei tempi a Segromigno c'era un grande movimento giovanile e di qualità. Era il desiderio di un po' tutti i ragazzi della Toscana entrare a far parte di questo Team che dava sicurezza e incentivi."
Ci può raccontare un aneddoto?
"A fine stagione il presidente Ivano Fanini, ricordando i miei successi, mi omaggiava con 50-100 mila lire. A dirlo ora è una cifra modesta, ma da ragazzi si apprezzava molto quel gesto ed i soldi, lo sappiamo, a quei tempi scarseggiavano. Credo che un riconoscimento del genere era espressione di poche società ciclistiche. Il fatto che Fanini sia ancora patron di una squadra professionistica a distanza di tanti anni, sta a dimostrare le sue capacità di gestione."
Il 28 aprile ricorre il centenario della nascita di Lorenzo Fanini, colui che nel 1948 fondò la prima squadra ciclistica della storia Fanini.
"Il capostipite dei Fanini - risponde prontamente il Leoncino delle Fiandre - era una persona eccezionale. Soprattutto ricordo un episodio divertente. Ogni tanto mi diceva: "Bimbo, toccami i capelli sotto il cappellino da corsa, ti porterà fortuna. Lo facevo e sentivo un codino arrotolato per camuffare la calvizie. Era ironico e voleva bene a tutti gli atleti: ci considerava i suoi ragazzi. A Ivano Fanini sono legato con affetto perchè si può dire che tutta la mia famiglia ha corso nelle sue squadre. Mio fratello Mauro dopo l'esordio da professionista nel 99 con la Riso Scotti, nel 2000 passò a correre per l'Amore & Vita-Beretta. Mio cugino Claudio esordì professionista sempre con Amore & Vita-Beretta nel 2005. Anche mio padre Graziano ha indossato i colori Fanini nella carriera cicloamatoriale".
DA PROFESSIONISTA VINCE DUE COPPE DEL MONDO E 5 CLASSICHE MONUMENTO
Correndo juniores con la Montecarlo-Fanini, Bartoli fu allenato dal decano dei D.S., da quel Ferruccio Ciuffardi che ha avuto pochi eguali nel saper valorizzare i giovani ciclisti della società grigiorossa. Un incontro molto importante per lui perchè conobbe Alessandra, proprio la figlia del D.S., divenuta successivamente sua moglie e dalla loro unione nacquero Clarissa e Gianni. A suon di vittorie nel 1992 passò professionista con la Mercatone Uno.
"Feci il salto di categoria all'età di 22 anni. A quei tempi per passare professionista ci voleva una meritocrazia: un punteggio ranking elevato, circa 40-50 punti guadagnati nelle corse internazionali per avere certificata l'abilitazione con la conseguente promozione. Non era come ora quando basta riscuotere la fiducia di una squadra. Non c'è più una gerarchia di valori e questo aspetto fa decadere la qualità. Meglio, anche se più impegnativo, conquistarsi il professionismo con i risultati."
Nelle classiche di un giorno il curriculum di Michele Bartoli è fra i più prestigiosi nella storia del ciclismo. Cinque classiche Monumento: Liegi Bastogne Liegi (97 e 98), 2 Giri di Lombardia (2002-2003), 1 Giro delle Fiandre (96). Altre classiche importanti come la Freccia Vallone (99), l'Amstel Gold Race (2002), 1 Campionato di Zurigo (98). Poi il campionato italiano (2000) e soprattutto 2 Coppe del Mondo (97 e 98), attualmente sostituite con il nome Uci Pro Word Tour, la competizione che teneva conto di un punteggio in base al piazzamento delle cinque classiche monumento, più altre fra le più importanti nel corso della stagione. Il vincitore era sicuramente il più meritevole dal rendimento più costante ed indossava la maglia con bande arcobaleno in verticale. Un risultato cui Bartoli va fiero.
"Mi è sfuggito per poco il titolo mondiale dove sono salito sul terzo gradino del podio a Lugano nel 96 e Valkenburg nel 98. Devo ammettere che in squadra c'erano diverse rivalità. Troppi galli nel pollaio come si suol dire, non portano a niente. A Plovay nel 2000 ero il grande favorito ed avrei potuto vincere se nel finale la nazionale avesse lavorato meglio. Fui beffato dal lettone Vaisteins. Però sono soddisfatto delle due coppe del mondo perchè tengono conto dei risultati dell'intera annata. Quando miri ad una corsa, al minimo errore sei fuori. Persi il mondiale ma vinsi altre corse importanti nell'arco della stagione. Purtroppo devo dire che preferisco la formula che è stata in vigore fino al 2004. Dopo di che l'attuale Pro Word Tour comprende troppe gare e non ha il fascino della vecchia Coppa del Mondo"
SE DICIAMO LAURENT JALABERT E JOHAN MUSEEUW
"Jalabert è stato il mio più grande avversario. Mi vengono in mente le due Liegi Bastogne Liegi che ho vinto proprio davanti a lui. Un ciclista molto corretto. Se non riusciva a vincere non ostacolava gli altri ma faceva sempre la sua corsa. Anche il belga Museeuw è stato un mio avversario dell'epoca. Ha vinto molto ma era ciclisticamente più vendicativo"
I CLUBS MICHELE BARTOLI
"Ho avuto tanti sostenitori e clubs sparsi in Belgio (la mia seconda patria) e Italia. Il primo fu costituito in zona Le Piastre in provincia di Pistoia. Fra i più vicini alla mia zona di origine il Club San Giovanni alla Vena presieduto da Roberto Cecchi ed il club Montecarlo con presidente Tiziano Stefanini. Conservo tanti ricordi di questi tifosi che ho rivisto nel tempo. A volte ci siamo incontrati a Montecarlo di Lucca dove abito. In altre occasioni ci siamo rivisti sui luoghi della Freccia Vallone oppure del Giro delle Fiandre, quando sono stato invitato dagli organizzatori come testimonial. Preferisco gli incontri con amici alle luci della ribalta. Mi fa piacere parlare di ciclismo ma non mi interessano le luci dei riflettori, anzi non le inseguo proprio.
DUE INFORTUNI LO PENALIZZARONO ALL'APICE DELLA CARRIERA ED IL RIMPIANTO DELLA ROUBAIX
Michele Bartoli ha vinto tanto ma la sua bacheca poteva raccogliere più trofei senza due seri infortuni. Il primo al Giro di Germania del 1999 quando si fratturò la rotula del ginocchio destro, che lo allontanò per molti mesi dalle gare. Il secondo al Giro d'Italia del 2002 quando cadendo si fratturò il bacino. Ma quale corsa si rammarica di non aver vinto?
"Sicuramente il mio più grande rimpianto è stata la Parigi Roubaix che purtroppo si correva a ridosso della Freccia Vallone. Tutti mi indicavano che ero più tagliato per le corse in Vallonia, ma, quando partecipai alla Parigi-Roubaix per la prima ed unica volta nel 2004, l'ultimo anno della mia carriera, ero in fuga in un gruppetto di sei fra cui Museeuw. Mi trovavo a mio agio ed anche il pavè non mi era pesato. Forai a pochi chilometri dal traguardo perdendo irrimediabilmente contatto. Vinse lo svedese Magnus Backstedt ed io giunsi ventunesimo. In quel momento ho capito che avrei dovuto correre quella classica più spesso, ma ormai era troppo tardi. A fine stagione attaccai la bicicletta al chiodo per incompatibilità di vedute ciclistiche con i dirigenti del team danese CSC, al quale ero contrattualmente legato"
IVANO FANINI: "ORGOGLIOSO DI AVERE ALIMENTATO I SOGNI DI UN CAMPIONE COME MICHELE"
Tantissimi i campioni che nel corso degli anni hanno vestito la maglia ciclistica Fanini, ma nessuno è riuscito a salire in alto come Michele Bartoli.
"Un campione-dice patron Fanini-dentro e fuori le corse che ha ammaliato con imprese memorabili i tifosi di tutta Italia, ma anche sparsi nell'Europa ciclistica. L'ho conosciuto da bambino, intuendo che aveva i numeri per arrivare lontano e lo ringrazio per aver dato lustro alla storia della mia società ciclistica che vanterà per sempre l'onore di aver lanciato uno dei talenti più puri del ciclismo mondiale. Ripercorrendo i ricordi della sua carriera, proprio in questi giorni sono stato ispirato nell'aggiungere un quadro al mio archivio fotografico: quello che ritrae il podio della Coppa del Mondo 1997. Pensate: 1.o Michele Bartoli, 2.o Rolf Sorensen, 3.o Andrea Tafi. Tutti e tre lanciati dal mio Team per il quale hanno corso e vinto. Queste sono soddisfazioni che ripagano di tanti sacrifici e di tanta passione".
LE VITTORIE PIU' SENTITE DAL CAMPIONE
Tante corse vinte, tutte di qualità, in una carriera da capitano. Ma quale è stata la più bella da dilettante e la più bella da professionista?
"Da dilettante, a parte i successi nel Trofeo delle Regioni-conclude il leoncino delle Fiandre-il G.P. di Loano. Una corsa bellissima alla quale partecipavano tutti i migliori. Correvo per il Bottegone, vinsi allo sprint ed a lanciarmi la volata fu Luca Scinto che è stato per anni mio collega di fiducia in diverse squadre. Da professionista direi l'Amstel Gold Race del 2002 perchè tornai al successo in una gara di Coppa del Mondo, con i colori della Fassa Bortolo, dopo che una equipe belga mi ristabilì dal serio infortunio causato al Giro d'Italia. Quel successo a Maastricht nei Paesi Bassi mi tolse ogni paura ed ogni incubo. Superai nella volata a tre Ivanov e Boogerd. Ma soprattutto non consentimmo di rientrare allo spagnolo Oscar Freire, un avversario scomodo, che vinse lo sprint del gruppo generale.".
LA SCUOLA MICHELE BARTOLI ACADEMY A MONTECARLO DI LUCCA
Attualmente l'ex ciclista gestisce all'età di 50 anni la Michele Bartoli Academy a Montecarlo di Lucca. Assieme a lui in società ci sono sua moglie Alessandra Ciuffardi, suo fratello Mauro e Roberto Cecchi, già presidente del club in suo nome con sede a San Giovanni alla Vena. Una scuola per trasmettere la sua esperienza a giovani ciclisti per fare progressi e aumentare la propria competenza ciclistica. Vengono insegnati ai ragazzi i fondamentali tecnici ed educativi fino ad essere messi in strada con precauzione infondendo loro sufficienti stimoli per lo sviluppo della prestazione fisica. I test vengono invece effettuati nel centro Fitness Club di Gragnano della Sixtus Italia. Un centro fisioterapico per preparare al meglio il ciclista sotto ogni aspetto. Michele Bartoli collabora anche con alcune società professionistiche per fornire la sua preparazione atletica. Quel bambino che stupiva tutti in maglia Fanini non ha più smesso di vincere in ogni stadio di sviluppo. Ora le sue vittorie le insegue nel costruire nuovi campioni, che abbiano la sua stessa passione e voglia di primeggiare.