Ci sono ciclisti che corrono per inseguire il sogno di una vita, ed altri che corrono per portare a casa lo stipendio divertendosi nel praticare uno degli sport più massacranti di fatica come il ciclismo. Brugna amava la bicicletta fin da ragazzo, era veloce e vinceva molto nelle categorie dilettantistiche. La sua grinta stava diventando una forza propulsiva ed a 22 anni era per lui arrivato il momento di portare a casa uno stipendio e mettere su famiglia, perchè ancorato ai valori della vita voleva ufficializzare il suo amore per Clara, tutt'ora con lei felicemente sposato. Passare professionista e riscuotere uno stipendio era dura allora come oggi se non si è un fuoriclasse e lui ci riuscì grazie all'apparentamento della Remac di Mario Cioli con Fanini, marchio storico nel ciclismo mondiale e maglia che hanno indossato centinaia di giovani ciclisti scoperti e lanciati dallo stesso Ivano Fanini in 37 anni di professionismo. Il combustibile di Brugna così iniziò ad incanalarsi nel 1987 nella giusta direzione. Fanini lo accolse come fa un padre di famiglia con i suoi figli e gli consentì di vincere sia su strada che su pista
"Trovai a Lucca-dice l'ex campione di Rivolta d'Adda-l'ambiente giusto per sfondare. Ero veramente felice: vinsi 4 tappe al Sun Tour, 5 al Giro dell'Argentina ed una al Giro del Michigan. Una vera e propria esplosione. A quei tempi le squadre di Fanini erano le uniche in Italia che andavano a correre oltre Oceano. Ha dato lui il via ad una consuetudine, perchè oggi gli italiani corrono in tutto il mondo."
Cominciò anche a guadagnare i primi stipendi...
"A quei tempi c'erano dei parametri. Il minimo era 28 milioni di lire l'anno. Ebbi la fortuna di trovare un grande uomo come Ivano Fanini che me ne dava 36 l'anno. Devo dire che rapportati a quanto guadagnano i corridori di oggi erano niente però a quei tempi era uno stipendio dignitoso che lo guadagnavano i banchieri. Vincevo tanto e provai fortunatamente la pista. Mi specializzai nel mezzofondo ed il primo grande risultato lo ottenni nel 1988, arrivando secondo ai campionati italiani dietro Giovanni Renosto"
A Gand la prima medaglia mondiale
"Si. Giunsi terzo. Un bronzo che mi dette una dimensione internazionale. A vincere fu l'australiano Danny Clark, secondo il belga Constant Tourné e terzo io. La seconda medaglia la conquistai nell'89 a Lione, ancora secondo alle spalle di Renosto. Era il preludio ad una costante crescita di risultati che mi fecero appassionare enormemente alla specialità degli stayer. Diventai uno specialista curando ogni minimo particolare delle mie biciclette Fanini preparate meticolosamente dall'indimenticabile Michele con la forcella al contrario e spingendo rapporti pazzeschi. A livello di meccanica studiavo la ruota anteriore che doveva essere più piccola per sfruttare meglio la scia della moto. Da ragazzo mai avrei pensato di ottenere grandi risultati in questa disciplina sportiva"
UN'INTERA CARRIERA CON FANINI ED UNA MAGLIA IRIDATA A MAEBASHI CHE GLI CAMBIO' LA VITA
Walter Brugna era ormai un campione di livello mondiale e proseguiva in casa Fanini la specializzazione per la pista. Quando oggi un ragazzo riesce a qualificarsi per i campionati italiani, gli viene dato risalto dai mass media della città dove risiede. Fanini ha portato ad indossare la maglia iridata diversi corridori, sia su strada che in pista. Da Mario Cipollini a Rolf Sorensen nelle sue squadre dilettantistiche a Marco Villa, l'attuale c.t. azzurro, a Claudio Golinelli , allo stesso Walter Brugna in pista. Fanini è da sempre una scuola di ciclismo, guidata dal temperamento e dalla caparbietà nel non arrendersi mai da parte del suo condottiero Ivano. Sono centinaia i corridori che hanno corso nelle sue squadre usate come trampolino di lancio. Tanti ci sono riusciti, altri meno ma però hanno avuto l'opportunità grazie a lui di provarci. Brugna esordì professionista con la Remac-Fanini, poi diventata Fanini-Seven Up, poi Pepsi Fanini e quindi nel biennio 90-91 Amore e Vita. Ma a gestire il tutto da Lucca c'era sempre lui: Ivano Fanini, uno che il ciclismo l'ha nel sangue, il più grande talent-scout di tutti i tempi.
QUEI 20 MILIONI DI PREMIO PROMESSI DOPO LA CONQUISTA DEL MONDIALE
Con il Pool del c.t. Mario Valentini, arriva nel 90 il suo grande momento...
"Stavo veramente bene. Speravo nel titolo ma la concorrenza era molto qualificata. Il c.t. generale era Mario Valentini ma io ero allenato da Taddeo Grifoni prematuramente scomparso qualche mese prima della finale mondiale di Maebashi. Allora Mario Valentini per allenarmi mi affidò suo figlio Mauro, più giovane di me ma riuscimmo a trovare un feeling fra moto e bicicletta e la nostra intesa si rivelò produttiva. Purtroppo anche lui è scomparso lo scorso anno nel mese di febbraio all'età di 50 anni mentre era presidente dell'ASD Giubileo Disabili ancora in carica. Arrivai in Giappone deciso a vincere quel titolo, non soltanto per il valore della medaglia che è già immenso per sé stesso, ed è ovvio che puntavo soltanto all'oro visto che la gioia dei due metalli meno pregiati l'avevo già provata, ma soprattutto dovevo vincere per ufficializzare il mio amore per Clara, la donna della mia vita che avevo scelto per mettere su famiglia. Pensavo a lei ed al nostro matrimonio. Per riuscirci avevo però bisogno di soldi perchè ce ne vogliono tanti per sposarsi. Non ci crederete ma Ivano Fanini su un biglietto da visita che reclamizzava la sua concessionaria lavorando come commerciante di auto, mi scrisse qualche riga promettendomi 20 milioni di lire in caso di vittoria. Non era un contratto ma una promessa. Facendo qualche calcolo, fra il premio della Federazione che però andava diviso fra tutti i componenti la nazionale e la promessa di Fanini sarei riuscito a realizzare il mio sogno che era sicuramente più importante dello stesso titolo di campione del mondo. Rimasi colpito dal Velodromo. In Giappone già allora erano molto professionali. Un velodromo al chiuso, riscaldato e con aria condizionata ed una superficie scorrevole per medie molto alte. Nelle tre batterie in programma i primi tre di ognuna passavano in finale. Portai a termine un ora di gara più cinque giri di pista alla media di 68, diventando campione del mondo. Un titolo che dedicai subito a Ivano Fanini ed alla mia futura moglie Clara. Per quanto riguarda la gara siamo partiti subito in testa e devo ringraziare la grande collaborazione di Renosto, colui che mi aveva sempre battuto nelle gare più importanti, e di Bielli che furono per me fondamentali. Vinsi il titolo di Keirin sulla media distanza. Secondo si classificò lo svizzero Peter Steiger e terzo l'australiano Danny Clark. Se quelle medaglie ai mondiali le avessi vinte nei tempi odierni sarei diventato miliardario. I parametri da allora ad oggi nella pista sono completamente cambiati. Oggi in Italia abbiamo Filippo Ganna di quella grandezza. Ai miei tempi c'erano diversi italiani che potevano competere a vincere il mondiale nelle varie discipline."
I mondiali di mezzofondo su pista si sono svolti fino al 1994. Nella penultima edizione del 93 vinse il titolo il danese Jens Veggerby, anche lui lanciato nel professionismo da Ivano Fanini nel biennio 1984-85. Dispiace che una disciplina antica come il Mezzofondo della pista non abbia più, per i costi ingenti del personale addetto, il campionato del mondo. Spezzata un'antica tradizione, la prima edizione si svolse nel 1895, molto più lunga dei mondiali su strada che ebbero origine nel 1927. Del mezzofondo sono rimasti i campionati europei.
Ma Fanini la mantenne la promessa?
"Certo, altrimenti come mi sarei potuto sposare? Ricordo come fosse ieri che ci ritrovammo nella sua villa di Lucca e mi dette tre assegni da riscuotere in tempi diversi. Grazie a quei soldi ed al premio della Federazione raggiunsi il mio scopo. Ivano Fanini è sempre stato un vulcano: ha ottenuto il massino con piccole risorse economiche. E' uno che si è fatto da se, arrivando a grandi livelli con la passione e la competenza oltre all'astuzia a livello commerciale."
LA FESTA DEI TIFOSI A RIVOLTA D'ADDA
All'indomani del titolo mondiale conquistato, al suo ritorno all'aeroporto di Linate fu accolto in maniera trionfale. Un'auto scoperta lo attendeva per trasportarlo fino a Rivolta d'Adda, suo paese natio ed attuale dove risiede tutt'ora. Un paesino a 20 km. da Milano dove si conoscono tutti. In piazza Vittorio Emanuele fu allestito un ricevimento caloroso dai suoi numerosi concittadini e tifosi. Fu allestito un palco ed organizzata una festa con tanto di banda e majorette alla presenza delle principali autorità cittadine fra le quali il sindaco.
"Fra le majorette-ricorda con grande soddisfazione Brugna-c'era anche mia moglie Clara. A pensarci adesso mi viene ancora la pelle d'oca perchè un'accoglienza così non me la sarei mai aspettata. I miei amici furono molto bravi a mantenere il segreto per farmi la sorpresa. Allora veramente pensai che avevo ottenuto un successo molto importante. Più in quel momento di quando tagliai vittorioso il traguardo"
CINQUE ANNI CON FANINI, UN RECORD!
Solitamente un neo professionista rimaneva con Fanini da uno a tre anni prima di spiccare il volo verso le più forti squadre. Invece Brugna è stato uno delle poche eccezioni essendovi rimasto per cinque intere stagioni che poi sono anche la sua intera carriera professionistica
"Quando sono arrivati i risultati ho approfondito di più gli impegni con la pista anche se mi sono pure tolto qualche soddisfazione anche con la strada. Nella mia ultima stagione da professionista nel 1991con Amore e Vita vinsi 2.a, 6.a e 9.a tappa al Giro dell'Argentina e a fine stagione attaccai la bicicletta al chiodo"
Ma perchè così presto alla sempre giovane età di 26 anni?
"In pista non avevo più i migliori tempi e difficilmente mi sarei ripetuto a livello mondiale. Poi, una volta sposato, sentivo il desiderio di avvicinarmi a casa. La vita del ciclista non ha terra ferma. Si è sempre in giro per il mondo. Non me la sentivo di lasciare troppo a lungo sola mia moglie. Fanini cercò di convincermi a correre almeno un altro anno, ma in me prevalse la scelta della famiglia e di una vita normale senza più le lunghe trasferte. In quei cinque anni ho avuto anche il piacere di correre due grandi classiche come il Giro delle Fiandre e la Freccia Vallone. Con Fanini ho girato mezza Europa e vinto oltre Oceano. Una parentesi della mia vita che è stata stimolante ed appagante. Oggi a 57 anni vado verso la pensione. Io e Clara abbiamo due figli. Alessio ha corso fino allo scorso anno indossando anche maglie importanti come la Zalf Euromobil e l'MG K Vis. Ha vinto tre corse nelle ultime stagioni ma ha preferito anche lui attaccare la bicicletta al chiodo inseguendo uno stipendio che gli consenta di vivere in maniera autonoma. Io continuo a lavorare per un'azienda lombarda come autista. Sono felice così e non ho rimpianti. Il ciclismo e Fanini rimangono una parentesi molto positiva della mia vita".