Siamo cresciuti all'ombra, o quasi, del Vaticano, alcune centinaia di metri distanti da quelle mura invalicabili al di là delle quali era difficile per non dire impossibile immaginare che cosa potesse accadere. Ricordiamo benissimo, nell'estate del 1978, il susseguirsi di due morti altrettanto importanti e una delle quali, la seconda, quantomeno inspiegabile: prima Paolo VI e, dopo un mese o poco più, Albino Luciani. All'epoca i quartieri circostanti lo stato della Città del Vaticano erano composti da edifici di proprietà di società immobiliari appartenenti e gestite dalla Chiesa. Una piccola borghesia operosa e operativa rappresentava il nocciolo e la base di una comunità indubbiamente fedele ai dettami di Cristo e di colui che lo rappresentava sulla terra. Con gli anni il territorio si è frantumato diventando una sorta di suk a cielo aperto invaso da migliaia di immigrati che di cattolico non hanno nemmeno l'anima. Roma non è più la Roma di cinquant'anni fa mentre la Chiesa ha cercato di mantenersi senza riuscirci. Adesso è venuto a mancare il papa gesuita, papa Bergoglio, argentino, che non ci è mai piaciuto da vivo e tantomeno ci piace da morto. Durante il suo pontificato ha fatto di tutto, il possibile e anche l'impossibile per trasformare la Chiesa in una società dedita al volontariato, all'accoglienza indiscriminata e alla cancellazione di ogni differenza al punto che men tre le altre religioni prosperano e sono sempre più dure e pure, il cattolicesimo è divenuto una specie di pongo, modellabile ovunque e comunque e da chiunque. Noi abbiamo sempre preferito papa Ratzinger, alla sinistra invece, soprattutto a quella estrema, papa Francesco è parso come un novello messia senza nemmeno l'abito bianco. Adesso che è morto, tutti a strisciare e strusciare, tutti a parlar bene e non parlar male, tutti intenti a beatificare e santificare dimenticando i danni che questo pontefice ha fatto alla Chiesa e al suo percorso...