In tempi di Coronavirus è vietato essere ottimisti ed è per questo che ci è venuta in mente, in questi tempi così cupi, una canzone che era un inno alla primavera e all'ottimismo portata alla ribalta da un artista di altri tempi, Alberto Rabagliati.
Guardare al futuro con fiducia, apprezzare la luce del sole e respirare l'aria che profuma di nuove avventure. Ci hanno tolto anche questo, chiudendoci in casa senza rendersi conto che togliere il sole e la luce che sono essenziali per il nostro benessere, significa minare anche le difese immunitarie di ciascuno.
Servirà? Forse, ma le conseguenze saranno e sono, già, devastanti. La gente, se la clausura dovesse continuare, non andrà a lavorare e non avrà soldi per mangiare e per comprare alcunché. Se si blocca il sistema, si ammazzano le giovani generazioni costringendole a pagare per quello che stiamo facendo. Nessuno si pone queste domande, ma dovrebbe. Non è con la paura e il terrore mediatico che si vincono le guerre, ma con la consapevolezza che la vita non può mai cedere il passo alla morte.
L'Inghilterra, nel 1941, non si chiuse in se stessa aspettando passivamente di essere invasa dalle truppe di Hitler. Al contrario, migliaia di giovani salirono sugli aerei della Raf per andare a combattere sui cieli della Manica contro la preponderante forza aerea tedesca. Una generazione si immolò per salvare la patria. E lo fece uscendo sicura di non tornare.
Una scelta drammatica si pone a chi ha a cuore le sorti del nostro popolo: guardare alle statistiche che dimostrano come la morte con Coronavirus sia dovuta, essenzialmente, alla presenza di età avanzata e malattie pregresse o accettare l'ipotesi di trovarsi, fra un mese o anche due, con milioni di disoccupati, un sistema economico sfasciato, scarsità di generi alimentari e povertà diffusa con tutto quel che ne consegue.
Stare in casa all'infinito e senza un termine può anche essere una scelta, ma bisogna interrogarsi, prima di tutto, su quali sono le conseguenze per la maggioranza della popolazione. Di polmonite si può anche guarire, di miseria, di disperazione, di fame no.