Professor Bovenzi avrà sicuramente seguito il drammatico infortunio occorso alcune sere fa durante l'incontro di calcio tra Fiorentina e Inter e che ha visto sfortunato protagonista il calciatore 22enne Edoardo Bove. Quest'ultimo si è accasciato improvvisamente sul campo, è stato portato in ospedale in ambulanza e, fortunatamente, si è salvato. Secondo lei che cosa è accaduto ad un fisico così allenato come quello di un calciatore professionista?
La salute è un bene prezioso che va preservata, ma nessuno è esente da malattie in particolare se acute e inattese. Anche un atleta allenato può manifestare eventi clinici acuti più o meno drammatici, nonostante i controlli approfonditi cui è periodicamente sottoposto. Le recenti dinamiche di Bove osservate sul campo di calcio di Firenze fanno propendere per l’insorgenza di un’aritmia ventricolare complessa che ha improvvisamente interrotto la sequenza regolare del battito cardiaco con compromissione della funzione di pompa del muscolo e mancanza di circolo che non ha permesso di ossigenare adeguatamente organi e apparati sensibili, in primis il cervello. La perdita di coscienza è stata quindi causata da un arresto delle contrazioni cardiache efficaci che ha richiesto una defibrillazione immediata.
Il decorso del ricovero in terapia intensiva è stato veloce e anche positivo. Il ragazzo ce l'ha fatta a riprendersi e adesso non solo è fuori pericolo, ma ha una grande voglia di tornare a giocare e ad allenarsi. Gli esami, tuttavia, avrebbero portato alla luce una minuscola cicatrice sulla membrana del cuore. Che cosa significa?
In termini tecnici cicatrice vuol dire che si è verificato un processo di guarigione sul tessuto interessato da varie tipologie di danno, questa biologica storia naturale è nota in termini tecnici come fibrosi che altera la struttura e la funzione dell'organo o del tessuto. La presenza di fibrosi a livello del muscolo cardiaco si può rilevare in molte condizioni cliniche, come dopo un infarto miocardico acuto, dopo miocardite o a seguito di alterazioni genetiche come in alcune forme di cardiomiopatie. La presenza di fibrosi nella letteratura scientifica è ampiamente descritta per essere un elemento che espone al rischio di aritmie anche mortali. Le recenti raccomandazioni italiane per il giudizio di idoneità allo sport agonistico del COCIS 2023 (Comitato Organizzativo Cardiologico per l'Idoneità allo Sport) ripongono molto interesse alla presenza di fibrosi cardiaca e all’estensione. Queste riflessioni sono oggetto di dibattito e di studio nella comunità scientifica che ripone le variabili dei diversi casi in aree di probabilità di rischio più o meno alta al fine di guidare le scelte di idoneità.
A quanto pare il ragazzo aveva avuto una miocardite ai tempi del Covid, non si sa se per aver contratto il virus o per conseguenza delle vaccinazioni. Può esserci una correlazione tra vaccinazione e miocardite e se sì, ancora una volta i vaccini anti Covid sul banco degli imputati?
Le miocarditi sono conseguenza di infezioni virali, ma è anche vero che rari casi sono stati descritti dopo somministrazione dei vaccini a mRNA, sebbene negli studi registrativi non erano riportati. Sgombriamo ogni dubbio sulla certezza che il vaccino anti-COVID-19 ha rappresentato l’offensiva più importante della ricerca clinica per arginare la più significativa crisi sanitaria globale degli ultimi secoli. Le agenzie italiana ed europea del farmaco con il comitato di sicurezza europeo hanno avviato una sistematica revisione delle segnalazioni di miocardite che risultava di 200 casi su circa 180 milioni di dosi di vaccino somministrate. Anche il comitato consultivo sulle procedure di immunizzazione statunitense ha analizzato le segnalazioni di miocardite rivalutando il rischio-beneficio della vaccinazione per fascia di età. Il beneficio netto dei vaccini sulla salute pubblica è stato di vitale importanza, anche nei giovani dove la miocardite è risultata di poco superiore all’atteso, come ha confermato un tranquillizzante e ampio database del ministero della salute israeliano nel quale sono segnalati 148 casi di miocardite dopo somministrazione del vaccino anti COVID-19 a mRNA, di cui 27 casi su 5.4 milioni di individui vaccinati con la prima dose e 121 casi su oltre 5 milioni con la seconda. Tutta la letteratura è coerente nello sdrammatizzare questa errata convinzione che il vaccino sia sistematicamente causa di miocarditi, come di altre complicanze. Mi piace ricordare che anche a Lucca abbiamo approfondito la tematica delle miocarditi dopo vaccinazione con lo studio approfondito di un caso che abbiamo osservato al San Luca e poi pubblicato. Le nostre conclusioni sono state in linea con quelle della ricerca clinica mondiale sulle vaccinazioni anti COVID-19.
Si parla di un’aritmia ventricolare con «torsione di punta» legata ad un calo di potassio nel sangue. Per noi è arabo o quasi, ci può spiegare cosa significa?
La torsione di punta è anomalia del ritmo cardiaco, pericolosa per la vita, che si caratterizza per essere una forma specifica di tachicardia ventricolare incapace di sostenere la regolare circolazione del sangue. Il nome deriva dalla morfologia della traccia elettrocardiografica con complessi irregolari ad altissima frequenza che sembrano ruotare modificando continuamente l’asse elettrico della registrazione. In questo caso specifico, il riscontro di una riduzione nel sangue del potassio - frequente negli atleti esposti a sudorazioni profuse per lo sforzo sostenuto con perdita di liquidi e di elettroliti come potassio e magnesio - può essere stata una condizione predisponente che ha favorito l’innescarsi dell’aritmia maligna in presenza di circuiti elettrici intramiocardici anomali legati a sottostanti condizioni patologiche e aree di fibrosi. Altre cause di torsione di punta sono quelle genetiche o più frequentemente quelle iatrogene che in questo caso sarebbero da escludere anche perché molto prevedibili per le particolari caratteristiche che il semplice elettrocardiogramma di base evidenzia al clinico.
Defibrillatore sottocutaneo: sembra sia la sola ipotesi per poter permettere a Bove di continuare a giocare. Ma non in Italia bensì all'estero. Perché da noi le condizioni sono così rigorose?
A Lucca siamo stati tra i primi centri regionali nel 2014 ad impiantare defibrillatori cardiaci sottocutanei che oggi rappresentano più di un’alternativa ai dispositivi endocavitari se non c’è necessità di stimolazione per la presenza di documentate bradiaritmie. In dieci anni a Lucca abbiamo impiantato con successo circa 80 di questi dispositivi, prevalentemente in giovani. Detto questo, dovremmo tutti essere consapevoli che non è un male che in Italia ci sia una rigorosa regolamentazione dello sport in tema di salute. Negli sportivi il limite tra salute e malattia è spesso impercettibile, porre grande attenzione anche ai minimi dettagli di una malattia o a sintomi seppur aspecifici non è un capriccio scientifico, ma un dovere della comunità medico-sportiva orientata alla prudenza. Abbiamo la fortuna di avere da oltre 40 anni un sistema di medicina dello sport tra i più evoluti ed efficienti che il mondo ci invidia, certamente tra i più restrittivi, perché è finalizzato alla massima tutela della salute degli atleti in particolare di quelli più esposti per l’elevato rendimento fisico proprio di alcune discipline.
Lei è un primario di cardiologia con decennale esperienza. Sia sincero: giocatori come Eriksen o anche come Bove che da noi non potrebbero tornare a giocare mentre altrove, vedi in Inghilterra, lo fanno senza problemi, sono la cosa giusta oppure dovrebbero smettere di farlo? In Italia sarebbero senza lavoro e con la carriera e la vita spezzate. Invece in Gran Bretagna possono continuare a vivere e a sperare. Troppo permissivi loro o troppo severi noi?
I sistemi nel mondo che regolamentano l’idoneità sportiva sono diversi e in alcuni, come accaduto per Eriksen, è possibile tornare a giocare. È lo stesso atleta che si assume tutte le responsabilità e i rischi connessi all’attività fisica. Personalmente non credo che essere consapevole di sfidare la vita, ignaro delle evidenze scientifiche, voglia testimoniare realizzazione e speranza. Ricordo che il cuore è un organo robusto e complesso, che prima di arrendersi si difende da leone, ma nelle sue dinamiche è molto imprevedibile, spesso irrequieto, sensibile e reattivo, per cui a volte basta un niente per porre fine alla sua bella ritmata musica fatta di battiti regolari, ma che improvvisamente e spesso per un niente possono trasformarsi in caos, ovvero morte. Il sistema sanitario nazionale e il nostro regionale sono tra i più efficienti al mondo, anche perché superano il concetto di una medicina individualistica, così come è concepito in molte nazioni anche evolute, vedi Stati Uniti e Inghilterra. In Italia, crediamo con orgoglio ad una medicina sociale che supera l’individuo e guarda alla tutela della collettività nel suo insieme superando le diseguaglianze sociali ed economiche, cui rispondiamo offrendo l’eguaglianza delle cure. La tutela della salute in Italia è riconosciuta dalla nostra Costituzione “come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività” (art. 32). Questo è un grande privilegio che probabilmente ci porta anche a comprendere perché esistano dei meccanismi di protezione regolamentati per situazioni considerate dalla scienza a rischio per la salute, di cui è lo stesso sistema che si rende corresponsabile assumendo la guida delle scelte più opportune.
Se lei fosse il medico che ha in cura il giocatore della Fiorentina, quali tempi di recupero gli darebbe per tornare a giocare?
Mi piacerebbe vivere l’esperienza di essere il responsabile dello staff medico di una grande società sportiva, ma la mia risposta oggi non potrà che essere generica, perché condizionata da alcuni snodi clinici decisionali di diagnosi e prognosi in cui sicuramente il giocatore è stato sottoposto e che orientano sui suoi tempi di guarigione e di recupero. Lasciamo lavorare i bravissimi Colleghi del Careggi che sapranno consigliare al meglio dopo il lungo percorso di analisi dell’evento, della sua storia clinica anamnestica e di tutti gli esami ematochimici, genetici e strumentali, più o meno invasivi, cui è stato e verrà sottoposto, quali potranno essere le scelte più opportune ai fini di una idoneità, cui l’atleta certamente non smette di credere. Certe condizioni cliniche hanno tempi anche lunghi che impongono attese, osservazione e indagini ripetute prima prendere decisioni definitive con scienza e umanità e di proporre consigli di diagnosi e cura. Oggi, non ci resta che esprimere a Bove la nostra vicinanza e augurare tanta speranza che guarda verso il suo miglior futuro, anche se gli dovesse esser precluso l’agonismo per quanto accaduto in campo. Speriamo infine, che possa essere restituito presto all’affetto della propria famiglia, dei propri cari, della sua squadra e dell’intera nazione, sportiva e non, ma direi di tanti che oggi in ogni parte del mondo all’unisono fanno il tifo per lui.