Questa mattina, come sempre facciamo, nel leggere le mail ricevute, ci siamo imbattute in una bellissima lettera scrittaci da Natalia Leone, sorella di Leonardo Leone, ex vice questore di Lucca, scomparso nel luglio 2022 a causa di un male incurabile. Tra le parole della missiva, l'architetto Leone ci domanda che fine hanno fatto gli articoli che a suo fratello avevamo dedicato nel corso della sua carriera a Lucca e, in particolare, così scrive: Su internet non trovo più nulla se non gli articoli di cordoglio. Da giorni sto cercando un bellissimo articolo che se non sbaglio si intitola "Meglio un giorno da Leone che cento da Torpedo", un articolo che mi toccò molto perché descrive perfettamente l'uomo che conoscevo. Purtroppo, nella ristrutturazione delle Gazzette, avvenuta nel marzo 2022, chi scrive si è trovato di fronte al dilemma - e lo confessiamo senza vergogna e candidamente - se mantenere leggibile on line l'archivio decennale di tutte le Gazzette o se, al contrario, cancellarlo a causa dei costi di manutenzione che sono diventati, per noi che non percepiamo contributi pubblici e viviamo solamente di pubblicità, insostenibili.
La scelta, probabilmente errata, è stata quella di rinunciare a poter consultare dieci anni di vita e di storia lucchese - e che anni! - vissuti attraverso articoli, collaboratori, colleghi, che hanno regalato a questa città un modo di fare giornalismo aggressivo e impertinente, fuori dalle righe e anche dai quadretti, fuori dai denti, soprattutto.
Natalia Leone, nella sua lettera, aggiunge: Spero vivamente dottor Grandi che possa inviarmi qualche articolo di Leonardo in modo da aiutarmi a realizzare questo piccolo regalo per mia mamma.
Cara Natalia, purtroppo, non posso ripescare quei pochi o quei tanti articoli da me scritti in tutti questi anni, dal 2011 ad oggi, su suo fratello o, meglio ancora, su alcuni aspetti del suo modo di lavorare, di essere e di sapersi interfacciare con le persone e il mondo che lo circondava. Le dirò di più: sapesse quante volte avrei voluto e anche scritto, ma sono sempre, puntualmente, stato bloccato da Leonardo che mi chiedeva, implorandomi quasi conoscendo la mia irruenza verbale e di penna, di non pubblicare alcunché poiché la cosa gli avrebbe creato non pochi problemi in questura dove, supponiamo noi, forse non vedevano di buon occhio questo rapporto di profonda stima che un giornalista aveva verso un funzionario dello stato.
Leonardo Leone era, me lo lasci dire, una bella persona. Burbero all'apparenza dato anche il suo fisico imponente, ma sempre attento a mediare e a comprendere il lato umano delle cose. Ad essere sinceri, qualche volta faceva fatica a trattenersi dal perdere le staffe per via di quell'impetuosità che caratterizzava e caratterizza le nostre convinzioni e il modo di sostenerle. Ricordiamo quando ci telefonò dicendoci che avrebbe avuto piacere di farci prendere un caffè con l'allora questore di Lucca Alessandro Giuliano, figlio di Boris, capo della squadra mobile di Palermo ucciso dalla mafia, quella mafia collusa col potere politico, nel 1979.
Ecco, Leonardo Leone non era, come noi, un ribelle, un insofferente perenne ed esistenziale, ma, in gioventù, era stato, sicuramente, un contestatore, uno che non accettava tutto quello che gli veniva fornito come fosse oro colato senza prima passarlo al vaglio della propria intelligenza. Lo ricordiamo durante una manifestazione contro un G7 tenutosi a Lucca, lui che, per strada, cercava di contenere i manifestanti e quelli, bastardi, schifosi, figli di puttana, che si divertivano a caricare comunque i poliziotti e i carabinieri perché consapevoli di godere di appoggi e simpatie in quella Sinistra che quando si tratta di contrastare l'ordine costituito - salvo il proprio - venderebbe anche l'anima al diavolo. E noi che, incazzati come iene, cercavamo di spiegare a quei dementi che avevano davanti un Uomo e non una sardina o, peggio ancora, un ectoplasma come quelli con cui siamo, di solito, abituati ad avere a che fare.
In un mondo che tutto divora a velocità supersonica anche la morte di Leonardo Leone è passata come passa tutto quanto, lasciandoci, spesso, alle prese con una giostra che non accenna mai a fermarsi anche quando, sinceramente, vorremmo scendere per poi, subito, risalire impossibile! Chi scende, raramente ha la possibilità di riproporsi.
Resta, invece, il vuoto dell'assenza e a pagarne il costo sono, in particolare, coloro che hanno condiviso anni ed emozioni. La morte, lo sappiamo noi per primi, non concede una seconda chance, è assolutista per definizione. Ti lascia, al massimo, l'amaro in bocca per non aver saputo cogliere un aspetto fondamentale della vita di ogni essere umano: non c'è tempo anche quando si pensa che ce ne sia e ce ne sarà.
Leonardo Leone era un amico, ma di quegli amici che sai che ci sono anche con una semplice telefonata, che hanno sempre uno spazio nel cuore da dedicarti nonostante la fretta uccida ogni slancio di affettività. Viveva, ma come tutti del resto, in un ambiente dove l'amicizia è cosa piuttosto rara quanto imbattersi in un boxer albino e, per di più, un tempo i boxer bianchi venivano soppressi per non imbastardire la razza. Ma era benvoluto dai suoi collaboratori che ne apprezzavano le doti umane oltreché le capacità professionali. Aveva lo sguardo dolce che mal si sposava con una divisa e un ruolo che, sovente, sono costretti a fare a cazzotti con ogni abbandono emotivo. Ma era un Leone. E lo si percepiva anche quando lo incontravi per strada insieme alla moglie e al suo cane. Imperioso e fiero. A volte anche timoroso, quasi, di lasciarsi andare a slanci di goliardia lui che, ormai, aveva assunto un incarico e un ruolo di apparenza oltre che di sostanza. Eppure, dentro di sé covava ancora qualche traccia di un carattere che doveva essere stato, per forza di cose, forte e duro a morire.
Riservato, anche troppo per noi che alla riservatezza preferiamo il convivio, al silenzio la giocosità dell'insieme, alla forma l'irrequietezza dell'irriverenza. Mai ci eravamo visti per una cena o in compagnia delle rispettive consorti. Geloso, lui, presumibilmente, della sua intimità e del suo universo familiare al quale era profondamente attaccato, per tradizione e per convinzione oltreché per fortuna. Eppure, ogni qualvolta alzavamo, si fa per dire, la cornetta, lui c'era sempre e noi, pure.
Se ne è andato così, portato via da un male incurabile, di quelli che non ti chiedono nemmeno il permesso e che ti distruggono giorno dopo giorno indipendentemente da quello che pensi o che senti. Se ne è andato troppo presto e non è solo un modo di dire.
Natalia Leone dice che la sua morte ha causato uno scossone terribile e non facciamo fatica ad immaginarlo. L'impotenza dell'assenza pone in rilievo anche a distanza di tempo la presenza dell'importanza e, conseguentemente, l'importanza della presenza. Purtroppo, però, guardarsi indietro non serve granché se non a stare male. Molto male.
Se lei legge il titolo, capirà quanto, per noi, un Leone sia sempre stato molto, ma terribilmente più importante di una Sardina e quando vediamo che le Sardine sono sbarcate, verniciate di rosso, anche a Roma, ci domandiamo a che cosa servono i leoni se, poi, sono sufficienti qualche etto di sardine per mandare tutto a puttane e stravolgere quello che è sempre stato. Leonardo Leone era un uomo che non tollerava gli imbecilli, ma, per lavoro e consuetudine, era costretto a sopportarli. Era, ce lo passi cara Natalia, un leone a volte in gabbia, ma siamo certi che ovunque si trovi adesso, sarà tornato libero di correre dove sentiva di voler andare.
A lei, ai suoi genitori, alla famiglia di un amico, un grande grandissimo abbraccio.