Un piccolo libro che attraverso la storia, la letteratura, la toponomastica, la paremiologia, l’araldica e la gastronomia intende restituire l’onore alla Brassica campestris, ovvero la rapa: questa umile radice che, prima dell’avvento della patata dal Nuovo Mondo, ha contribuito per secoli a sfamare generazioni e generazioni di Europei e non solo.
Sarà che nasce dalla terra e nella terra; saranno le sue forme sgraziate e grottesche o che, nel corso del tempo, essa s’è andata connotando come cibo per gente povera e bestie, tant’è che la rapa ha visto crescere intorno a sé una fama di ottusità e dabbenaggine che ancora non accenna a estinguersi. Ancora ai nostri giorni, infatti, annoveriamo il diffusissimo epiteto “testa di rapa” che da chi lo riceve non è certo percepito come un complimento… E non si dimentichi poi il modo di dire “cavare il sangue da una rapa”, ovvero volere a tutti i costi ottenere qualcosa di buono da chi non è assolutamente in grado di realizzarlo. Per non parlare delle metafore sessuali che utilizzano questa gonfia radice per accennare, evocare, dire e non dire, far sorridere…
Pagine lievi, ma non banali… Le ha scritte Luciano Luciani (Roma, 1947) pensionato della scuola dall’ispirazione eccentrica e dagli interessi bizzarri come testimoniano almeno un paio di titoli della sua produzione recente, La cacca che ci salvò dalla fame, 2015 e Santo sudicio, 2020, due raccolte di brevi saggi sospesi tra aneddotica e antropologia, storia della medicina e paure millenarie.
Inoltre, nella Rapa. Regina delle radici, una trentina di ricette al sapore brassicaceo completa il libricino, modesto per numero di pagine, ma, è proprio il caso di dirlo, adatto a palati raffinati e robusti insieme che non si accontentano facilmente.
Luciano Luciani, La rapa. Regina delle radici, ETS, Pisa, 2024, pp. 48, Euro 12,00