Chi, a Lucca, non conosce Pieve Santo Stefano? Sì, quel luogo magico da cui si gode un panorama meraviglioso e dove, sin dalla notte dei tempi, si era soliti recarsi non soltanto per serate romantiche, ma anche per sedersi alla tavola di alcuni tra i ristoranti più in voga, da Vipore al Lombardo, vere e proprie istituzioni enogastronomiche. Ebbene, da qualche anno una coppia tedesca che ama dividersi tra la Svizzera e l'Italia, ha acquistato e dato vita ad una delle realtà imprenditoriali del settore vinicolo più rappresentative. A Villa Santo Stefano, infatti, si producono un vino e un olio di assoluta eccellenza. Ed è per far conoscere l'azienda e i suoi prodotti che, questa mattina, è stata organizzata una visita ad hoc presso le cantine con tanto di degustazione.
Arrivarci è abbastanza semplice e anche la segnaletica è ottima almeno fino in cima alla strada che da S. Alessio, passando davanti al Vigna Ilaria, conduce fino alla chiesa e all'incrocio tra via della Pieve di S. Alessio e via Piana. Poi, qualche altro cartello indicatore non guasterebbe, ma per trovare la villa bisogna arrivare fino alla pieve di S. Stefano e, poco più avanti, un centinaio di metri, ecco l'ingresso. Villa, è bene dirlo, con vista mo0zzafiato su tutta la valle dove si alternano i vigneti e gli olivi.
La raccolta delle olive è giunta, proprio oggi, all'ultimo giorno mentre la vendemmia è terminata, ovviamente, ad ottobre, ma nemmeno tanto tempo fa. Ci sono due specialisti, un enologo e un agronomo, il primo di Pisa e il secondo di Lucca, nativo di Carignano, pronti ad illustrare le caratteristiche dei vitgni e dei prodotti della società agricola Villa Santo Stefano e, con loro, Petra Pforr, responsabile marketing e vendite, che avrà il compito di accompagnarci in questo lungo, si fa per dire, e intenso viaggio alla scoperta di profumi e sapori.
L'enologo dell'azienda è Alessio Farnesi, 45 anni, pisano doc e grandissimo tifoso nerazzurro, innamorato del proprio lavoro e fiero di essere alla corte di questa bellissima residenza. Orgoglioso come lui anche l'agronomo Alessandro Garzi, qualche anno di meno, nato e cresciuto a due passi da qui, a Carignano e nostra vecchia conoscenza visto che tanti anni fa, quando la Lucchese era gestita dai fratelli Giuliani e allenata da Giancarlo Favarin, accompagnava in pullmino i due fratelli Luca e Diego Checchi con la mamma, anche loro amici di vecchia data con cui abbiamo girato l'Italia in lungo e in largo.
L'evento di oggi è curato da Carlotta Flores Faccio, giornalista esperta in comunicazione, abitante a Verona, ma originaria di Montecchio Maggiore, una località in provincia di Vicenza che conosciamo bene perché da lì proveniva un professore di cibernetica, Silvio Ceccato, che negli anni Ottanta era un personaggio televisivo e non soltanto, personata raffinatissima e di intelligenza superiore, autore di un libro che conserviamo ancora cond edica, L'ingegneria della felicità edito da Rizzoli negli anni Ottanta.
Il clima non è il massimo e il maltempo lascia qualche segno. Fa anche un po' freddo almeno per qualcuno. I coniugi tedeschi hanno anche acquistato, di recente, un terreno di circa 11 ettari in Maremma proprio per incrementare la produzione di alcuni vitigni in particolare.
Alessandro Garzi esordisce nel tentativo, perfettamente riuscito, di spiegare dove siamo e con chi siamo. La sua passione traspare dalle parole e dai gesti con cui le accompagna. L'azienda deve essere una sorta di paradiso per chi ha voglia di darsi da fare e cercare di ottenere il massimo dalla terra che coltiva e che cura. Spiega bene Garzi che le piogge di primavera inoltrata pur non avendo arrecato danni di rilievo, qualche criticità nel volume produttivo l'hanno causata, del resto, ha detto giustamente, se dopo il 15 giugno ancora c'è pioggia consistente, allora qualcosa bisogna provare a salvare. E qui il ringraziamento agli investimenti che l'azienda ha effettuato e che hanno permesso, appunto, di limitare le difficoltà e permettere un raccolto allo stesso livello del 2022 e, cioè, più che buono.
Stiamo parlando, complessivamente, di circa 70 mila bottiglie che si suddividono in un rosato, un bianco e alcuni rossi tra i quali spicca il Loto, chiamato così proprio per la presenza, nella tenuta e come dice fraulein Petra, della pianta acquatica originaria dell'Asia. Il Loto è un rosso corposo e di grande personalità, il prodotto di punta dell'azienda. A Pieve Santo Stefano sono 18 gli ettari coltivati a vigneto e sei quelli ad olivo. Si produce un ottimo olio dop delle colline lucchesi, all'incirca 1500 litri di un prodotto di assoluta qualità. Rinomato l'olio extravergine della Pieve di Santo Stefano. I mercati più appetitosi, spiega la responsabile vendite, a parte l'Italia, sono la Germania, l'Austria, la Svizzera e, da qualche tempo, anche gli Stati Uniti.
I vini dell'azienda vanno dal rosato Luna, per via di quei riflessi che la luna presenta a volte, al bianco Gioia che è assolutamente godibile, dai rossi Volo e Sereno, più freschi, ma intriganti e vivaci, al Loto di cui abbiamo già detto. E, infine, il Nina, il rosso che il proprietario della villa ha voluto regalare alla consorte.
La cantina è un gioiello dove le botti paiono preziosi in vetrina esposte all'ammirazione dei visitatori. Pulizia, efficienza, conoscenza, efficacia. Si respira un'aria dove non c'è tolleranza per l'approssimazione. Anche la tavola apparecchiata per ospitare la degustazione dei sei vini dell'azienda avviene in una atmosfera quasi regale, con arredi e colori abbinati con estremo gusto.