È di pochi giorni la pronuncia della Corte dei Conti che indica che il 50 per cento dei percettori del Reddito di Cittadinanza abbia truffato lo Stato. Dovendo il massimo rispetto alla Magistratura, non possiamo che prenderne atto, evitando vuote contestazioni e distinguo. Mettiamoci intanto l’anima in pace: son soldi che nessuno recupererà mai. Sorvoliamo poi sul fatto che gran parte dei fruitori non fossero cittadini italiani, o si trattasse di delinquenti capacissimi di commettere reati per garantirsi di che vivere.
Quando rivestivo un ruolo di responsabilità, circa 4 anni orsono, lanciai una campagna d’indagine, nella giurisdizione di pertinenza, dalla quale emerse che almeno il 10% dei percettori non ne avessero diritto. Il risultato era il primo frutto di accertamenti elementari, ovviamente, e l’adozione di ulteriori strumenti e risorse fornisce un quadro di situazione ancor più devastante.
Fra i sostenitori della misura, allora, qualcuno replicò che la normativa fosse stata mal concepita, occorressero modifiche, ma loro stavano in Parlamento per questo. Sottintendendo magari che ce li dovessimo lasciare perché rivedessero la normativa. Meno male che per molti non è stato così, due anni fa.
Avesse fatto perdere quei soldi un dirigente dello Stato, sarebbe stato arrestato. Arduo comprendere perché, se siedi in Parlamento e scrivi una legge coi piedi, che consente innumeri sotterfugi per fruirne illecitamente, tale da richiedere profonde e sostanziali modifiche, ti si debba dire - parafrasando il foglietto della gomma da masticare che consentiva di vincere un magico pallone da calcio - “Ritenta, sarai più fortunato!”
Nulla contro la necessità di sostenere chi abbia davvero bisogno, per infermità o altre situazioni che precludano la possibilità di lavorare, in quanto lo Stato moderno deve aver riguardo per tutti i suoi cittadini. Tuttavia una società progredisce in base alla propria capacità produttiva, frutto d’investimenti, non certo se estende pressochè senza limiti il bacino dei percettori di sussidio. Questi acquisteranno, certo, ma chi produce ciò che loro chiederanno? E da dove si recuperano le somme per i sussidi, se non si produce?
L’eliminazione sostanziale del RdC ha portato ad un aumento della popolazione occupata, e in Italia vi sono settori che tuttora richiedono mano d’opera, corrispondendo salari onesti. Sono purtroppo proprio le regioni del Sud che hanno visto una maggiore presenza d’imprenditoria rapace, disposta solo a sottopagare “in nero”, a registrare il più elevato numero di percettori del RdC. A conferma del fatto che il RdC si fonda sovente con i salari-burla, talora erogati “in nero”.
Purtroppo l’incubo dell’emigrazione interna non vuole abbandonare l’Italia, e credo occorra farsene una ragione. Comprensibile la resistenza a piegarsi a ciò, ma se non si trova un lavoro, non è dignitoso affidare la propria sopravvivenza alla combinazione di pensioni d’invalidità e vecchiaia, RdC e stipendiucci finti frutto di bieco sfruttamento del proprio lavoro. Anche l’eccezione collegata all’elevato costo della vita e dei fitti al nord è abusata. Vi sono aree d’Italia che son capaci d’assorbire mano d’opera nazionale, a condizione che moglie e marito partano insieme, e si cerchino entrambi un lavoro ad altre latitudini. In due a lavorare un fitto lo paghi.
È ciò che accadde nell’Italia del boom degli anni ’50 e ’60, quando si trasferirono in tanti nelle regioni settentrionali, avendo a casa propria solo l’alternativa della terra da coltivare. Comprensibile il desiderio di trovare il posto di lavoro a casa propria, ma ove ciò risulti irrealizzabile una decisione drastica va presa.
Oggi sappiamo quanto ci sia costata questa misura miracolosa che doveva far sparire la povertà, e soprattutto quanto costerà negli anni a venire. Forse dovremmo recuperare la voglia di rompersi la schiena dei nostri padri e nonni, e di noi che abbiamo superato almeno i 50 anni. Generazioni che per la casa da comprare e ristrutturare non potevano ricevere sostegno, e neanche pensavano di poterlo pretendere, dallo Stato. Che non recuperavano il 50-90-110% di quanto speso, e che una cosa la compravano se potevano permettersela. Eppure queste generazioni la loro colpa l’hanno: aver creato un artificioso Paese dei Balocchi ove fosse consentito di credere di poter vivere al di sopra delle proprie possibilità. Forse l’aver stretto la cinghia li ha spinti a voler far soffrire il meno possibile gli eredi.
E il guaio è che questo Paese dei Balocchi che abbiamo creato, oggi, lo stiamo facendo godere prima di tutto a chi viene da fuori. Dalle case popolari, ai mille bonus.
Credo vi sarebbe da meditare.
Le nostre Mamme regalavano la merenda all’amichetto che veniva a trovarci a casa per giocare, ma se si era in periodo di ristrettezze, non apparecchiavano, semplicemente.