Si è di recente scatenata l’attenzione dei media sull’intervista del C.te Generale dell’Arma, Teo Luzi, che alla vigilia del congedo esprime una serie di valutazioni sull’integrazione degli extracomunitari e sullo “Jus soli-scholae, Italiae”, sbandierato in mille salse da destra e sinistra.
Leggendo con attenzione l’intervista concessa al Corsera, mi pare che sia sensatissimo, da parte sua, dire che queste persone non debbano essere oggetto di sola attività repressiva. Guai se non concorrono scuola, famiglia, chiesa, mondo del lavoro e della politica. Ci sono queste persone, lo stesso governo in carica ne sottolinea l’indispensabilità per una serie di settori lavorativi, quindi vanno considerate e, pertanto, integrate. Aggiungo io: se lo vogliono e lo meritano, e mi pare quello che promani dai progetti di legge in circolazione. Magari muta da partito a partito il peso che si dà al concetto di “meritare la cittadinanza”, e ciò non è irrilevante.
E del resto la ricetta che vuole un sinergico intervento di tutti gli stakeholders del sociale per far fronte anche ai gravi problemi di criminalità organizzata e di degrado, nazionali, è attualmente condivisa e accettata universalmente.
Mi pare altrettanto sensato dire che una legislazione vada aggiornata al mutare dei tempi, e la nostra non faccia eccezione. Come? Sarà il Parlamento a definirlo, in base agli equilibri politici.
Assolutamente privo di senso, invece, attribuire il pensiero di un alto ufficiale all’intera compagine ai suoi ordini. La Costituzione consente anche al militare d’esprimere le proprie idee, con limitazioni oggi davvero risibili. E nessun superiore pretenderà mai di parlare – su questioni relative alle personali convinzioni politiche – a nome dei propri collaboratori-dipendenti.
Pertanto il signor Generale Luzi, nulla ha detto di scandaloso, anzi.
Infatti il partito dei figli o fratelli di generali (Tajani, Dalla Chiesa e Gasparri), quelli che ci spiegavano come si deve comportare un generale essendoci cresciuti accanto, nulla ha detto contro, trovando assolutamente corretto che l’alto ufficiale abbia manifestato la sua opinione.
E anche dal PD e dai suoi supporter elasticizzanti il “campo largo”, nessuna reprimenda.
E due forze politiche che fanno della legalità la loro bandiera, se nulla hanno avuto da dire contro, dimostrano che un generale, in servizio, possa parlare, purché non sveli segreti militari.
A questo punto – e confesso la mia estrema inadeguatezza a comprendere – non riesco a trovare la quadratura del cerchio, e individuare il perché solo il generale Vannacci non potesse manifestare le proprie idee.
Mi viene il dubbio che per questi censori non vi fosse un problema di legittimità, ovvero di violazione di norme sic et simpliciter, ma un problema di “merito”, ovvero di “cosa” il generale più noto d’Italia avesse detto. Per cui avendo asserito qualcosa di sgradito, o di apparentemente tale, e non essendo entrato in politica col cappello in mano per chiedere la carità di una candidatura, andasse imbavagliato. Sappiamo come sia finita, ma non è questo il punto.
Se non fosse bastato quanto già emerso, questa è stata la riprova di un panorama politico terrorizzato dall’effetto de “Il Mondo al Contrario”.
E mi stupisce assai assai che nessuno l’abbia sottolineato, magari su testate più prestigiose di quella che mi ospita.