Per decenni, qui a Lucca, siamo stati diversi dagli altri toscani. Poi i cattolici di sinistra ci hanno fatto diventare come tutti o peggio: cattocomunisti e financo vescovili. Finalmente, domenica e lunedì siamo ritornati anomali. Il centro destra ha vinto nel comune capoluogo e dappertutto in provincia. Se si pensa alle prossime scadenze, a cominciare dall’elezione del sindaco, è un buon segno. Così come lo è la marea di preferenze che i giovani candidati lucchesi alla Regione hanno ottenuto.
Solo dai giovani può venire il rinnovamento. C’è bisogno di un gruppo coeso di candidati e interessati, non geloso e diffidente, che guardi largo e lontano, che progetti un futuro per i prossimi dieci (dieci) anni, e che si organizzi fin da subito per coinvolgere le competenze più fresche e anche più audaci. Da tempo si vive alla giornata di concerti, festival, giostre, bancarelle di porchetta. Sono utili e valgono, ma come i ricostituenti: hanno effetto se l’organismo è sano e reagisce. Altrimenti, sono droghe occasionali che lì per lì dànno l’ebbrezza, ma alla lunga debilitano.
Tre temi sembrano essenziali per far rinascere la città. Parto dall’urbanistica. Una barca di soldi ci sono piovuti addosso e non li abbiamo spesi o utilizzati bene. Attualmente, la città è consumata e usata alla giornata, con la tendenza a spopolarsi e il rischio di degradarsi a dormitorio, con la vita attiva che sta fuori. Quanto sia importante invertire la tendenza lo si è visto con le discussioni sul futuro della ex-manifattura. La Fondazione Cassa di Risparmio ha fatto un’opera eccellente con il recupero e il restauro dell’area San Francesco e l’allocazione di Imt. Un ambiente invidiabile come pochi al mondo. Ma quando la stessa procedura autocratica si è ripetuta, il risultato non è stato lo stesso e comunque non pari alle attese. Rifare un edificio e costruirci appartamenti è cosa facile, ma non è risanamento urbanistico, è solo misura occasionale di scarsa utilità. Un progetto autentico, di impatto estetico e funzionale per tutta quell’area fu a suo tempo congegnato, ma la sinistra lo affossò, pagò pegno salato (con i soldi nostri), e tutto è rimasto come prima. È lodevole che la Fondazione ora produca un’alternativa, ma quella che ha mostrato alla città, peraltro ignara, è parziale, poco gradevole e avulsa dal contesto più ampio.
Poi ci sono i trasporti. La città è meravigliosa e sempre più desiderata. Ma bisogna arrivarci. Anche su questo punto, che occasione irripetibile fu persa quando il governo Berlusconi aveva stanziato oltre 400 milioni (in lettere: quattrocento milioni!) di euro per costruire la circonvallazione ampia, e comune, provincia, e regione li respinsero! Lesto lesto il ministro Del Rio li utilizzò per costruirci la stazione dell’alta velocità a casa sua. Lo ricordano i lucchesi? Ci pensano ora che i tir sono a poche centinaia di metri dal Duomo o da San Michele, e soffocano, deturpano e inquinano? Siamo tornati indietro e senza neppure la ferrovia (la stessa dell’Ottocento, solo più lenta). Si parla ancora, come ai tempi della mia prima comunione, di raddoppio della linea per Firenze, ma se e mai ci sarà (forse Giani non vorrà ripetere le gesta di Rossi), arriverà tardi. Oggi ci vogliono le metropolitane veloci, non il ciuf ciuf!
Ancora. Lucca ha un ospedale nuovo. Funziona come può funzionare: è sottodeterminato per personale medico e paramedico. Ora che Rossi ce lo ha trasformato in Covid, non serve neppure più e chi si ammala deve andarsene altrove. E il vecchio e ancora buon edificio? Dovrebbe essere parte essenziale della medicina di territorio, ma per il momento sta lì, utilizzato male e occupato peggio.
E le aziende? Se non possono trasportare velocemente ed economicamente i loro prodotti, come possono svilupparsi? E se le strangoli di misure cosiddette verdi o ecologiche impossibili, come possono produrre?
In una nuova cornice pensata, progettata e realizzata la città può tornare attiva. I lucchesi sanno produrre, esportare, vendere. Hanno gusto e modi. Amano il loro territorio. Sono fieri di essere ancora un’eccezione. Molto hanno perso, ma non tutto: li si deve solo mettere in condizioni di operare. Poiché la sinistra ha peggiorato la situazione trasformandoci tutti in sissignori sull’attenti di fronte al governatore di Firenze, il compito del rinnovamento compete soprattutto al centrodestra. Ora che da noi ha vinto, deve mettersi al lavoro e completare il successo.
Il sindaco Tambellini è stato lesto a comprendere: “a buon intenditor poche parole”, ha commentato i risultati elettorali. Ma anche lui, come il suo partito, non sembra aver capito per tempo: ha contribuito a trasformare il suo partito in una scorribanda di gruppi e individui, è stato fazioso nel sostenere alcuni candidati contro altri, e soprattutto non ha mai avanzato alcun progetto di qualche respiro. Robetta, tran-tran, tiriamo avanti. Tocca al centrodestra, allora. Giovani che siano liberi, che abbiano inventiva e coraggio, che abbiano girato o osservato il mondo, che abbiano esperienza di lavoro e non abbiano bisogno della politica per campare, che non pensino che far rinascere la città sia solo amministrarla. Ci sono? Ci sono, ci sono, bisogna incoraggiarli.