Di presentazioni non ne ha bisogno: è un Paolo Del Debbio rilassato e divertito quello seduto al centro della sala di Villa Bottini che sta per essere intervistato da Deborah Bergamini a proposito del suo ultimo libro dal titolo "In nome della libertà. La forza delle idee di Silvio Berlusconi", uscito ad aprile. Durante la chiacchierata si rivelerà anche abbastanza scanzonato, tratto suo che conosciamo bene, ma subito rivolgendosi al pubblico, ridendo e alzando le mani sottolinea: "Almeno qui, a casa mia, permettetemi di dire quello che voglio!". E l'accoglienza per il grande giornalista, professore e conduttore televisivo lucchese si fa trionfale.
Marina Berlusconi nella prefazione del libro scrive: "La fragilità dell'uomo, ma, assieme, la grandezza di Silvio Berlusconi". Una frase breve ma potente. Lei cosa ne pensa?
Ha ragione, non sono parole vere in quanto dette da una figlia: è una figlia che descrive la realtà vera di suo padre.
Nel '94 Confalonieri le affida il compito di coordinare la scrittura del programma politico di Forza Italia. Quale fu la prima cosa che pensò e come si approcciò?
Lo feci abbastanza con incoscienza perché avevo poco più di trent'anni e mi fu affidato questo incarico di cui non mi resi conto. Mi rendo conto ora di cosa significava e non so se ora, con la coscienza di oggi, avrei accettato. Fu però un momento fondamentale della mia vita e un momento che portò anche fortuna: per me non sono solo ricordi, si tratta di una fase della mia vita fondamentale.
Durante una delle sue presentazioni del libro a Milano lei racconta che nel novembre del '93 venne convocato ad Arcore da Berlusconi, il quale le dice, convinto, che sarà lui a vincere le elezioni e che diventerà presidente del Consiglio. Lei annuiva annuiva, ma in fondo era perplesso: lo assecondava più per preservare il suo posto di lavoro (come racconta lei stesso) oppure un minimo ci credeva anche lei in questa vittoria?
Io non è che non ci credevo, è che mi trovai di fronte una persona talmente convinta, decisa, con le idee chiare che alla fine mi dissi: probabilmente è vero! Notai una convinzione che raramente si vede; in più pensai che era sempre riuscito dove voleva arrivare, quindi forse ci stava vedendo giusto anche quella volta. Così mi misi a scrivere il programma.
Sono passati esattamente trent'anni dalla stesura di quel programma politico: al di là dell'indubbia attualità delle idee in esso contenute, ad oggi, secondo lei, a che punto siamo proprio in relazione a tali idee?
Il programma è fondato su idee liberali, quindi di cammino da fare ce n'è moltissimo perché quando è un ideale che ti guida, naturalmente tutto quello che fai è una tappa di avvicinamento all'ideale che, però, non raggiungerai mai completamente. L'importante è che ci siano le idee chiare: in politica non è far tutto subito, ma è che sia chiara la direzione di marcia. Mi pare che questo governo, in particolare sugli aspetti fiscali ed internazionali, abbia le idee chiare.
Forza Italia nel corso degli anni ha "perso" qualcosa o è rimasto completamente fedele a quel programma e a quei valori cui aspirava molto Berlusconi?
Ha perso anche a causa di ministri e di persone non adeguate a questo programma che sono saliti sul carro del vincitore senza credere nel programma liberale; quindi ha subìto questi difetti, queste mancanze, però è rimasta salda per trent'anni e ora la vedo in un momento molto positivo.
Nel libro si parla molto del concetto di libertà in tutti gli ambiti: il diritto del cittadino ad essere libero di sviluppare il proprio progetto di vita, di fare impresa, associazione, liberi dai bisogni, ma anche, e soprattutto, dalla paura. Quanto realmente possiamo ritenerci liberi oggi?
Sulla questione fiscale non siamo liberi; sulla questione della giustizia vedo che ci sono degli aggiustamenti in corso; sulla pubblica amministrazione è ancora oppressiva: voglio dire che c'è da fare molto. La libertà è un ideale grande, enorme, che sta proprio nella natura dell'uomo, quindi, realizzarlo non è facile.
Forza Italia ieri e Forza Italia oggi. Cosa è rimasto e cosa invece è cambiato?
Mi pare che Tajani agisca consapevole che non è Berlusconi, non lo scimmiotta, fa se stesso, quindi una persona moderata con grande esperienza internazionale, cosa che dimostra anche come ministro degli Esteri. Mi pare che ci siamo, che stia andando bene.
In un'altra delle sue presentazioni rivolge una domanda al pubblico in sala: quale altro partito al giorno d'oggi potrebbe affidare il compito di scrivere un libro del genere? Ecco la pongo adesso a lei.
Secondo me nessuno, nel senso che dovrebbero studiare molto e non vedo un partito che abbia un retroterra culturale e politico solido come quello di Forza Italia. Questo non è ovviamente un bene che i partiti in generale siano "molli", senza radici.
Lei ha conosciuto molto da vicino Silvio Berlusconi e ha affermato che è proprio lui che l'ha indirizzata verso la televisione, anche se lei all'inizio era scettico al riguardo. Ad oggi lo ringrazia o avrebbe magari anche fatto a meno della sua florida carriera televisiva?
Ad oggi onestamente non devo che ringraziarlo perché io non ci credevo che sapessi fare televisione; lui insistette molto e mi è andata bene. Ho avuto anche tanta fortuna, ma gli sono riconoscente per averci creduto e non rinnego niente, anzi.
Se potesse riparlare un'ultima volta con Berlusconi, cosa gli direbbe?
Quello che mi diceva normalmente quando si parlava amichevolmente; avremmo parlato dell'oggi, di Forza Italia, dell'Italia. Poi avrebbe chiesto di me, come andava il programma, ed io avrei chiesto di lui, come andava la sua vita, la salute. Un dialogo tra amici.