Da chi "cura"… ad essere curata a volte il passo è breve. Come lo è stato il mio. Sono stata sottoposta ad intervento chirurgico lunedì 8 gennaio scorso all’ospedale San Luca. Di solito a quell'ora io sono già in servizio nel mio amatissimo reparto di oncologia, indosso la mia divisa, il mio camice, con orgoglio e professionalità. Ma anche noi operatori sanitari non siamo immuni dalla malattia e, in questo caso, possiamo avere la necessità di "entrare in sala operatoria". Un luogo quasi fantascientifico, dove tutto ha una dimensione quasi surreale: monitor che suonano, passamalati, anestesisti che si preparano ad addormentarti... sembra quasi un sogno surreale. Ma è reale, giuro. Garantito. Poi arrivano questi angeli mascherati, che fai anche fatica a riconoscere; sembrano tutti uguali, con la stessa divisa marroncino chiaro, le cuffie e i sorrisi meravigliosi nascosti dietro alle mascherine. La frase magica che non dimenticherò mai è stata: «Tranquilla Stefania qui sei nella nostra famiglia e ci prenderemo cura di te da quando ti addormenterai a quando rispalancherai i tuoi occhioni verdi. Ci siamo noi». Non ci sono parole per esprimere la mia commozione, la mia gratitudine e il mio rispetto per tutti questi straordinari colleghi che, giorno dopo giorno, vivono mascherati, in un reparto a sé stante, quasi surreale. Nicola, Tania, Fabiana, Daniela, Marianna, l’anestesista Alessandra, il ginecologo Lorenzo e la ginecologa Cecilia e il mitico prof. Gianluca Bracco, il direttore di una musicale e perfetta orchestra di professionisti che ti fanno sentire una famiglia. Grazie di cuore. Eternamente grata.