Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento inviatoci da un ex insegnante di storia e filosofia al Liceo Vallisneri sul tema della crisi del mercato librario in città e non solo:
Perché è un fatto molto preoccupante - e non solo una sfida - la chiusura delle librerie, a Lucca o altrove? Credo che bisogni considerare due piani diversi, quello generale e quello locale.
Sul piano generale. Le persone, grazie anche ai condizionamenti dei social, oggi scrivono molto, ma leggono sempre meno, e ancor meno comprano libri. Leggere un libro significa dare corpo alle parole, dialogare, con gli altri o con se stesso, confrontarsi, cercare di capire le cose nuove. A questo soprattutto serve o serviva la parola, parlata o scritta. Ma per molti oggi, nell’epoca della parola disincarnata, la parola diventata freddo numero o algoritmo, leggere significa oggi qualcosa di molto diverso rispetto al passato, anche recente.
Facciamo un esempio, credo emblematico. Chi oggi legge il noto libro del generale Vannacci ( mi pare che 300.000 persone abbiano acquistato “Il mondo al contrario”) vuole in realtà soprattutto trovare conferma a idee che già possiede. Non ha alcuna intenzione di dialogare o di aprirsi al confronto. La lettura finisce per essere una operazione narcisistica. La cosa credo non vada molto diversamente per chi sostiene posizioni politiche diverse. Ognuno, a prescindere dalla collocazione politica, legge ormai prevalentemente per trovare conferme e identificazioni. Leggere libri e comprarli allora che senso ha? Diviene una operazione intercambiabile, da sostituire con altro, magari molto più economico, la chat in primo luogo. Non può esser diversamente se neppure la scuola è più una comunità di discussone e di vita, un “convivio”, ma spesso si riduce a una comunità di addestramento e di costruzione di competenze da spendere nel futuro lavoro.
Ma fuori della scuola? Le altre istituzioni possono fare qualcosa? E qui veniamo al problema locale. Leggere libri ha ancora un senso laddove esiste una comunità che si incontra, che scopre di avere problemi in comune e così via. Se non è la scuola potrebbe essere allora la politica culturale che incentiva la comunità, che la fa esistere come tale e che crea occasioni di vero confronto. Nella lucchesia ci sono piccole o piccolissime comunità vivacissime che, nel piccolo, riescono a costruire voglia di dialogo e di confronto, valorizzando tematiche locali che accomunano e interessano le persone o riscoprendo tradizioni locali, ed aprendo addirittura biblioteche o librerie in piccoli paesini di montagna. E’,questa comunità ideale e materiale dà senso al confronto e quindi alla lettura ed al libro.
A Lucca, è noto, esistono importanti e anche spettacolari iniziative culturali che assorbono investimenti e ovviamente producono reddito. Purtroppo esse non costruiscono comunità culturale. Né il Summer Festival, né la kermesse ormai internazionalmente rinomata e frequentatissima, vale a dire Lucca comics and games, ed anche la pur benemerita e più recente iniziativa Pianeta Terra Festival. Iniziative importanti, sicuramente utili, ma non capaci di creare comunità di confronto culturale permanente entro la comunità cittadina.
La cosa incomprensibile o difficile da comprendere è che gli elementi su cui costruire comunità, cioè gli elementi di una identità culturale locale ( e potenzialmente aperta al globale) a Lucca sarebbero numerosissimi. Ma, a parte qualche eccezione marginale, la politica culturale non li valorizza e li trascura.
Se si esclude Puccini ( tardivamente riscoperto), ma sarebbe più utile parlare della tradizione musicale lucchese da Boccherini a Catalani , non sembra che questi elementi abbiano dato occasione per produrre mostre, musei permanenti organizzati con dovizia di mezzi e con strutture adeguate, festival a cadenza annuale, settimane di studio o proposte culturali ai cittadini lucchesi o alle scuole.
Mi riferisco ai grandi temi dell’ identità lucchese e cioè alla grande tradizione migratoria dalle radici medioevali e dalla incredibile continuità storica e dai grandi valori culturali, al tema della campagna e della agricoltura contadina, strutturata sulla piccola proprietà familiare, caso anomalo nella Toscana, tema locale e globale quanti altri mai oggi, anche solo per le implicazioni ecologiche che esso contiene, alle tradizioni industriali in origine legate alla campagna, al tema della Chiesa e delle peculiarità del cristianesimo lucchese e delle sue figure straordinarie, nonché delle sue “ricadute ” sociali ( società di beneficenza, assistenza agli orfani, educazione dei giovani ecc.) ed infine alla complessiva plurisecolare vicenda della Lucca repubblicana che tanti secoli ha attraversato e le cui implicazioni civili dovrebbero essere parte di una memoria storica oggi, per esigenze pur comprensibili, centrata sugli eventi più recenti ( soprattutto resistenziali) col rischio di dimenticare le radici profonde di una lunga e tormentata modernizzazione civile ( potremmo citare le figure di Mons. Giovanni Guidiccioni con la sua coraggiosa denuncia della “oscura notte della repubblica” nel XVI secolo, come quelle di Francesco Burlamacchi, Francesco Carrara o tanti altri ancora).
Senza un’attenzione a queste plurime identità non si ricostruisce una comunità responsabile che ama leggere e che legge perché ama capire. Altre librerie chiuderanno, è inevitabile. Ci dovremo affidare forse a una Intelligenza Artificiale che leggerà per noi.