In questa serata del 26 gennaio molti di noi sono in attesa dei risultati delle elezioni regionali in Emilia e in Calabria. Io sono fra costoro e mi preparo a una lunga notte di TV. I commenti a cose fatte.
Ma già ora registro, con soddisfazione data la mia appartenenza politica, che in Calabria le intenzioni di voto danno il cdx in vantaggio di oltre 20 punti e in Emilia danno le due coalizioni in parità.
Solo 5 anni fa la coalizione di cs vinse con il 61.7% in Calabria e con il 49% in Emilia lasciando al cdx il 29,85% (e ai grillini il 13.27%). Tutt’altra musica oggi, sardine o non sardine: i grillini precipitano come in tutta Italia (e vedremo cosa porteranno a casa in Calabria dopo il 43% ottenuto due anni fa alle elezioni politiche) e in Emilia le due coalizioni sono stimate alla pari. Vuol dire che il cs bene che vada rimane attorno al 50% mentre il cdx recupera una ventina di punti: significa che il cdx ha già vinto la partita politica.
Ma nel frattempo accadono cose che vengono da lontano, ma che ci coinvolgono immediatamente, come la nuova epidemia cinese: il processo è consolidato a livello storico:
la peste di Giustiniano del 540 d.c. proveniva (probabilmente) dall’Etiopia o dall’Egitto, ci mise (forse) 10 anni a raggiungere Costantinopoli e poi l’intero bacino del Mediterraneo e fu portata dai topi.
La “peste nera”, quella descritta dal Decamerone, era incubata nel Tibet dove si manifestò dal 1331. Per raggiungere l’Europa attraverso la via della seta e poi le navi genovesi provenienti dal mar Nero, ci mise 15 anni, per 5 anni fu un flagello. Anch’essa fu portata dai topi.
L’influenza spagnola del 1918, la peggiore in numero di morti, pare provenisse anch’essa dalla Cina per poi colpire gli USA e, attraverso i soldati americani impegnati nella I Guerra mondiale, espandersi in Europa e altrove. Ci mise un paio di anni per infettare quasi tutto il pianeta e i portatori furono (forse) i 95.000 lavoratori cinesi utilizzati dagli alleati sul fronte occidentale. Comunque non i topi.
Il coronavirus cinese nel 2020 ci ha messo giorni se noni ore a riguardare il mondo intero almeno in termini di allarme.
Che derivi da un laboratorio militare o dal mercato di Wuhan è un problema politico di cui difficilmente verremo a capo data l’opacità dei governanti cinesi, ma non sposta il tema del tempo in cui si sta diffondendo: giorni o addirittura ore anziché anni o decenni.
Rispetto al passato, la scienza (occidentale) ha ben altri mezzi per contrastare le epidemie. Lo dimostra la reazione alla influenza aviaria o a quella suina, contenute in perdite umane di gran lunga inferiori alle epidemie che abbiamo ricordato prima. Lo dimostra la terapia dell’altra epidemia (anomala) di fine 900, cioè l’AIDS, pure dopo aver pagato quasi 40 milioni di morti.
I due elementi sono rilevanti: le difese che la nostra scienza ci ha messo a disposizione ci rassicurano, i tempi di diffusione dimostrano nei fatti le connessioni che uniscono il nostro mondo in tempo quasi reale.
Il mondo è diventato più piccolo ed è sempre più attuale la famosa domanda che Lorenz pose nel 1972: "Può, il batter d'ali di una farfalla in Brasile, provocare un tornado in Texas?”.
Evidentemente può e in quattro e quattr’otto.
Tutto dimostra che siamo alla vigilia di un cambiamento totale che riguarda l’umanità intera, bianchi, neri, gialli: la capacità di adeguarsi al cambiamento e di coglierne i vantaggi disegnerà una nuova geografia del potere.
Secondo la recente ricerca della Deloitte entro un paio di anni (un paio di anni!), oltre il 61% dei mestieri cambieranno e il famoso “posto fisso” sarà sempre meno disponibile perché nessun lavoratore (dicesi lavoratore e non operaio o addetto a lavori a basso valore aggiunto: dal manovale al dirigente) potrà più svolgere la stessa mansione per tutta la sua carriera.
La politica finora ha ignorato il tema ma ben presto dovrà batterci di naso, torneremo sull’argomento che sembrava riguardare le prospettive di vita dei ragazzi, mentre la velocità del cambiamento chiama in causa anche le prospettive degli uomini maturi.