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Il coraggio di rinascere: la Lucchese ci riprova ancora e la Pantera vuole ruggire, di nuovo
Un club storico, simbolo identitario della città di Lucca, si ritrova ancora una volta davanti al bivio tra estinzione e ripartenza

Gli italiani abbracciano sempre di più le esperienze virtuali
In pellicole cinematografiche come Matrix abbiamo ipotizzato per la prima volta la possibilità che potesse esistere una dimensione parallela alla nostra, ma non meno reale. Oggi questa ipotesi è una certezza di cui facciamo quotidianamente esperienza

Ricordando Guido Pellegrini a quattro anni dalla scomparsa
Voglio ricordare Guido Pellegrini, venuto a mancare il 12 agosto 2021. Figura tecnica di riferimento per il palcoscenico del Teatro del Giglio Giacomo Puccini. Un amico e collega…

Il sistema calcio-scommesse in Italia: un ecosistema da 26 miliardi tra passione, economia e regolamentazione
Come il binomio calcio-betting genera ricchezza per oltre 26 miliardi di euro, crea 130.000 posti di lavoro e richiede un sistema di controlli sempre più sofisticato per tutelare i consumatori

Pimple patches: cosa sono, come si usano e come funzionano
Dimentica dentifrici, impacchi fai-da-te e soluzioni drastiche dell’ultimo minuto. Oggi il modo più discreto, efficace e smart per trattare un brufolo si chiama pimple patch. Questi piccoli cerotti trasparenti, sottili…

Calcio virtuale, Fantacalcio e FIFA: tre modi diversi di vivere il pallone allo schermo
Il calcio è lo sport più amato al mondo e, grazie alla tecnologia, oggi è possibile viverlo in forme molto diverse rispetto alla semplice partita allo stadio o…

Addio al celibato: come organizzarlo correttamente
Organizzare un addio al celibato è molto più di un semplice compito da spuntare sulla lista dei preparativi del matrimonio: si tratta di un vero e proprio rito di passaggio, un'occasione preziosa per celebrare un'amicizia e forgiare ricordi che accompagneranno il gruppo per tutta la vita

"Profonda gratitudine al dottor Lorenzo Goglia, ginecologo presso l'ospedale San Luca"
Riceviamo e pubblichiamo questa lettera inviataci in cui si manifesta gratitudine verso l'ospedale di Lucca e il reparto di ginecologia

Denuncia al San Luca: "Anziana lasciata al pronto soccorso per ore senza bere né mangiare"
Riceviamo e pubblichiamo questa denuncia inviataci da un lettore in merito a quanto sarebbe avvenuto all'interno del pronto soccorso dell'ospedale San Luca: Ieri 3 agosto 2025 alle…

Una breve testimonianza su Tolkien concert e prenotazione dei biglietti
La biglietteria apriva alle 10:30. Alle 10:35/40, si diffondeva già una voce nefasta tra gli astanti in coda: biglietti esauriti. Solo poche persone avevano potuto prenotare i pochi…

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«La prima qualità di un soldato è la resistenza alla fatica ed alle privazioni. Il coraggio è soltanto la seconda. I disagi, la penuria ed il bisogno sono la scuola migliore per il soldato». Napoleone Bonaparte
La fortuna della figura di Napoleone è strettamente legata al suo esercito, la Grande Armée, colonna portante del suo successo politico e militare. Composto, a differenza degli eserciti di antico regime, da cittadini coscritti, sulla base dell’estrazione a sorte, come già previsto a seguito delle riforme istituzionali scaturite dalla rivoluzione francese, la Grande Armata fu sui campi di battaglia lo strumento che permise a Napoleone Bonaparte di consolidare il suo potere personale soprattutto grazie alla sua flessibilità.
L’esercito era costituito da cinque a sette corpi di armata, comandato ciascuno da un maresciallo o da un generale a seconda delle dimensioni, suddivisi in divisioni, da 4000 a 10000 fanti e da 2000 a 4000 cavalieri, ciascuna organizzata in due o tre brigate da due reggimenti a testa affiancati da una brigata di artiglieria.
L’esercito era composto dalla fanteria, dalla cavalleria imperiale, dalla guardia imperiale, dall’artiglieria a cui si affiancavano una divisione ingegneristica ed un corpo di servizio sanitario. In base all’organizzazione del nemico e del terreno intervenivano in luoghi e tempi diversi.
La fanteria si suddivideva in due corpi principali, la fanteria di linea e la fanteria leggera, ed era composta da granatieri, volteggiatori, fucilieri, carabinieri a piedi, cacciatori. Sparava senza sosta e per questo era necessario un alto numero di soldati considerato che, per caricare un fucile e sparare, erano necessari due minuti e allo scopo i soldati erano schierati in tre file, una dietro l’altra, e ogni grado interveniva secondo il suo turno. Con il fumo delle armi i soldati molte volte non riuscivano a vedere niente se non la schiena dei soldati davanti a loro. I granatieri durante la battaglia guidavano gli assalti e rappresentavano l’èlite della fanteria di linea.
La cavalleria imperiale costituiva un quinto dell’esercito e si componeva di tre o quattro squadroni suddiviso ciascuno in due compagnie. Ogni compagnia, comandata da un capitano, prevedeva tre ufficiali, quattro sottufficiali, quattro brigadieri, settantaquattro cavalieri ed un trombettiere. La cavalleria prevedeva carabinieri a cavallo, corazzieri, dragoni, ussari, cacciatori a cavallo, lancieri, che usavano lance, spade, sciabole oltre alle pistole. Caricavano per sbilanciare i soldati nemici e li inseguiva se battevano in ritirata.
L’artiglieria, costituiva la colonna portante dell’esercito francese, ed era composta da quella a piedi, che seguiva il ritmo della marcia della fanteria, e l’artiglieria a cavallo.
La guardia imperiale, istituita come guardia del direttorio durante il periodo rivoluzionario, era caratterizzata da soldati scelti per la loro preparazione militare e per la loro devozione all’imperatore del quale costituivano un vero proprio esercito privato d’élite all’interno della compagine militare generale; si componeva della vecchia guardia, della media guardia e della giovane guardia
In battaglia la guardia imperiale esibiva un’alta uniforme tranne che durante la battaglia di Warerloo (1815).
Napoleone in un proclama ai suoi soldati dopo la battaglia di Jena ebbe a dire «La cavalleria ha gareggiato con la fanteria e l’artiglieria; ormai non so a quale arma io debba dare la preferenza: siete tutti quanti dei buoni soldati».
Sul campo di battaglia un ruolo importante era svolto dai tamburini con l’incalzante rullare dei tamburi sosteneva il morale delle truppe.
Della Grande Armée, facevano parte alcuni contingenti stranieri provenienti dall’Italia, dai Paesi Bassi, dalla Polonia, dalla Baviera, dall’Austria, dalla Prussia, dalla Croazia e dalla Svizzera. Napoleone anche dopo l’incoronazione a imperatore continuò a partecipare in prima linea alle battaglie insieme ai suoi soldati poiché voleva fosse chiaro che il suo potere era legittimato dalle vittorie militari e non certamente dal ruolo di Imperatore o da privilegi dinastici.
Viveva con i soldati sui campi di battaglia condividendo successi, sconfitte, lunghe marce e non restava certamente indifferente quando passava davanti ai reggimenti e i soldati lo salutavano acclamandolo al motto di Viva l’Imperatore!
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Comincia da un sogno in giovane età, di solito, l’aspirazione di diventare giornalisti o fotogiornalisti. Non è questo il caso di Giacomo Mozzi, il fotografo divenuto giornalista pubblicista proprio a La Gazzetta di Viareggio e che adesso ha instaurato importanti collaborazioni con quotidiani locali, gallerie e molte altre realtà.
Giacomo, infatti, diversamente dalla maggior parte degli altri collaboratori che sono stati raccontati in questa rubrica, ammette senza vergogna di non aver mai sognato di fare questo mestiere, ma di essercisi ritrovato per, poi, innamorarsene e farne una professione.
“Ricordo – racconta – la prima macchina fotografica: me la regalò mio zio tornato dal Giappone quando avevo appena sei anni. Ho cominciato a fare fotografia a livello professionale intorno ai 20 anni, ma con tutta onestà non sono cresciuto con il sogno di fare questo mestiere; quindi, non ho seguito nessuna linea tracciata e mi sono creato un lavoro dal nulla”.
Il giovane viareggino, dopo aver finito l’apprendistato come fotografo, ha fatto diversi corsi e master professionalizzanti, ottenendo spesso borse di studio che gli hanno permesso di crescere in questo settore: da un corso di videomaker finanziato dall’Unione Europea a un master in fotografia per la moda e la posa, all’Istituto Europeo di Design di Milano, fino a un master specifico in fotogiornalismo a Roma.
“Nel frattempo – prosegue – avevo cominciato a lavorare come freelance e a farmi un giro di clienti tale da cominciare a parlare di lavoro vero e proprio. Infatti, già nel 2010, a soli 23 anni, ho aperto la partita Iva e fatto tanti sacrifici per avviare la mia attività: ricordo che la prima macchina fotografica professionale l’ho comprata rinunciando ad un viaggio a cui tenevo molto. Questo lavoro fin dall’inizio mi ha insegnato il sacrificio e la dedizione”.
Un percorso, quindi, che lo ha visto arrivare al giornale online viareggino con un grande bagaglio di conoscenze, esperienze e con un livello professionale già molto maturo: “Dopo il corso in videomaker – spiega – avevo cominciato a lavorare per un’emittente del territorio, TeleCamaiore, occupandomi di riprese e interviste. È in quel momento che ho iniziato a maturare davvero il desiderio di diventare giornalista pubblicista, ma sette mesi prima che riuscissi ad avviare la procedura per richiedere il tesserino, l’emittente fallì e io mi trovai ad accantonare questo desiderio”.
L’obbiettivo del tesserino restava, però, un chiodo fisso e da lì a poco lo spinse a contattare la redazione viareggina delle Gazzette per avviare una collaborazione: “Per la Gazzetta mi occupavo di ogni cosa: tutto quello che succedeva a Viareggio io lo sapevo. L’aspetto più bello e significativo dell’esperienza è stato il fatto di lavorare in una redazione libera che ti dà la possibilità di proporti e proporre. I due anni di collaborazione mi hanno regalato anche un’altra cosa bella: quella di conoscere persone che facevano il mio stesso lavoro e che per me erano icone del giornalismo cittadino e di scoprire che alla fine, icone o no, siamo tutti lì, ogni giorno, a cercare la notizia e a raccontarla nel miglior modo possibile”.
Dopo aver preso il tesserino da giornalista, per Mozzi iniziano ad arrivare importanti collaborazioni che porta avanti tutt’ora: ha collaborato con Il Corriere della Sera e oggi collabora come fotografo con La Nazione e Il Tirreno. Si occupa, inoltre, dell’ufficio stampa di Barbara Paci per la quale ha fatto anche la campagna elettorale e con la quale cura anche gallerie d’arte. Oltre al giornalismo, infatti, continua a coltivare anche la sua esperienza nel settore artistico occupandosi della curatela di mostre e avviando, tra gli altri, un format al museo Guidi dal titolo In contemporanea.
Ti sei creato un mestiere senza che fosse una strada prestabilita, senza sognarlo finché non ti ha preso dal dentro. Cosa consiglieresti a quei giovani che, invece, vivono con il sogno di fare ciò che fai tu?
“Gli direi di avere passione, di essere curiosi senza fermarsi mai all’apparenza, di essere sinceri e più chiari possibile. Gli direi, poi, di non arrendersi perché nel farsi strada in questo mondo troveranno necessariamente degli ostacoli e sono proprio quegli intralci che non li devono fermare, sono gli ostacoli che devono essere messi a frutto”.
“Oggi – conclude – posso dire di essere un ragazzo fortunato perché fare qualcosa che non ti pesa come, nel mio caso, fotografare o scrivere è una cosa rara da trovare. Chi riesce a far diventare un hobby o un talento una fonte di reddito è fortunatissimo!”
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