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Domani Fabo Herons regolarmente a Lucca con Jesi, tolta la squalifica
Torna di scena a Lucca la Fabo Herons Montecatini domani alle ore 18 ospitando Jesi, i termali hanno rischiato di dover traslocare per la squalifica del campo ma il ricorso è stato accettato in quanto non c'erano gli estremi per una punizione così severa
Week-end ad altissimo impegno per la Pugilistica Lucchese
È stato un altro fine settimana di intensa attività per la Pugilistica Lucchese, impegnata in più trasferte tra sabato e domenica. La squadra lucchese guidata dai maestri Giulio Monselesan…
Green Lucca, sesta vittoria in serie B femminile
Partita insidiosa per le Spring, che solo nel secondo tempo riescono ad aver ragione delle giovani e veloci avversarie e mantengono l'imbattibilità con sei vittorie su sei incontri disputati
Serie D, prove di derby: vincono Pantera e Nottolini in attesa della sfida di sabato! Per il Porcari seconda vittoria consecutiva
Una serie D mai così piena di emozioni per il volley lucchese con cinque squadre tutte motivate a raggiungere i loro obiettivi, chi più alti chi di valorizzazione per il loro vivaio. Poi i numerosi derby che fanno tirare fuori ad ogni giocatrice l' orgoglio affrontando il match con grande intensità agonistica ed emotiva
Tennis Tavolo Lucca: primo ko della stagione per la serie A2
Dopo una partenza più che convincente (un pareggio e due vittorie consecutive) arriva la prima netta sconfitta per la squadra di serie A2 del Tennistavolo Lucca: nello scontro…
Antonio Ruffo confermato alla guida della sezione arbitri di Lucca
Antonio Ruffo rieletto, col 91 per cento delle preferenze, per il quarto mandato alla guida della sezione arbitri di Lucca. Unico candidato, a conferma, sia della stima riconosciutagli dagli…
Sconfitta esterna per il Futsal Lucchese
Il Futsal Lucchese esce sconfitto per 8-6 dal confronto contro il Deportivo Chiesanuova. Secondo zero di fila per i rossoneri, che si arrendono solo nel finale di fronte…
Serie C, seconda sconfitta consecutiva di un irriconoscibile Porcari nel big-match di Livorno
Una irriconoscibile Mc Donald's Porcari rimedia al Palafollati di Livorno la seconda sconfitta consecutiva nel girone B di serie C. A festeggiare è la Bi.emme Service di coach D' Alesio con tre punti che le consente il sorpasso in classifica proprio ai danni delle rossonere
Atletico Lucca Women quattro reti alla Galcianese
Torna alla vittoria la prima squadra guidata da mister Cordeschi, che riscatta in pieno l'immeritata sconfitta di Anghiari e batte tra le mura amiche la Galcianese. Partita mai in discussione
Il Basket Club Lucca vince ancora: questa volte batte Quarrata 75 a 69
Prime schermaglie dopo il fischio d'inizio e palla a Del Debbio per il più tre, mentre per gli ospiti risponde Regoii, a seguire Calabrese da tre e ancora lui da due. I ragazzi dell'ex Tonfoni provano a scappare portandosi sul più otto sfruttando almeno tre palle perse dai biancorosso
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Martedi 5 maggio ricorreva il ventennale della morte di Gino Bartali, uno fra i più grandi campioni dello sport italiano, non soltanto per aver rappresentato un'epoca assieme al rivale Fausto Coppi, ma anche per il suo coraggioso altruismo nella vita. L'ex campione di Ponte a Ema, più passa il tempo e più conserva il suo ricordo tramandato di generazione in generazione non soltanto per gli amanti del ciclismo. Nel corso della seconda guerra mondiale venne incontro agli ebrei trasportando in bicicletta documenti falsi per aiutarli ad avere una nuova identità, rischiando la fucilazione ma dimostrando un coraggio straordinario nel salvarne tanti dall'olocausto. Una guerra che lo allontanò dalle corse negli anni migliori privandolo di altri successi ma lasciando una grande eredità umana e di esempio sportivo. Fra i tanti incontri nel suo post carriera, quello professionale di direttore tecnico e uomo immagine della squadra professionistica fondata da Ivano Fanini, attuale patron di Amore & Vita-Prodir.Fanini, proprio lui, con la sua passione ciclistica che parte da lontano, quando ancora ragazzino, vinceva, nelle categorie esordienti ed allievi, seguendo le orme e superandolo nei risultati suo fratello Michele recentemente scomparso. Riuscito a gestire lo stress di commerciante di auto cullava l'idea di fondare una squadra professionistica dopo i numerosi successi ottenuti nelle squadre dilettantistiche su strada e nel ciclocross con Ottavio Paccagnella e Nazzareno Berto. Si affacciò al professionismo portando a correre quando ormai era a fine carriera il pescagliese Olimpio Paolinelli nel 74, era l'era di Merckx, Gimondi e Fuente ma anche dell'avvento di Francesco Moser. Quindi nel 1984 fondò la Fanini Wurer proseguendo un percorso vincente con i danesi Jens Veggerby e Mads Pedersen, dopo che aveva padroneggiato fra i dilettanti con Kin Eriksen. "Avevo l'ambizione-dice il Patron-di passare al professionismo trasmettendo ai corridori la mia voglia di vincere ma anche di non mollare mai e a conoscere la costanza, l'impegno e la fatica". Raccoglieva nel suo vocabolario, già 36 anni fa, frasi motivazionali da trasmettere agli atleti, facendo loro aumentare l'autostima e la voglia di vincere. Ingaggiato il lucchese Piero Pieroni come direttore sportivo, mancava alla squadra qualcosa a livello mediatico per dare maggiore visibilità, un personaggio conosciuto, che emanasse carisma e spargesse nell'aria fiducia. Così, grazie all'amicizia con Pieroni, fu convinto Gino Bartali, allora settantenne. Chi meglio di lui?. "Bartali era già amico di mio padre Lorenzo-suo grande tifoso-ed alle nostre cene familiari in Corte Fanini si univa a noi apprezzando la cucina di mia madre Livia". Intrecci travolgenti e sviluppi dipingevano in pochi attimi la passione, la stima e la sensazione che stava nascendo qualcosa di importante legato al nome di Segromigno, piccola frazione del territorio comunale di Capannori, fino ad allora conosciuto soltanto per il settore calzaturiero, ma che da li a poco tempo avrebbe amplificato progressivamente la divulgazione con il ciclismo.
IVANO FANINI: "NEL MIO GARAGE CONSERVO LA GOLF BIANCA DI GINO BARTALI"
Da commerciante di auto Ivano Fanini non si è mai fatto vincere dalla tentazione di vendere la golf Bianca decappottabile che apparteneva al campione di Ponte a Ema. "Il ricordo è un frammento della nostra vita-dice-ed io non lo getterò mai, perchè quell'auto mi fa rimanere vivo il suo nome di un campione che ha dato le più belle emozioni da tifoso a mio padre e che ha segnato un'epoca di trionfi del ciclismo italiano e di imprese come quelle di rivincere Giro e Tour a distanza di dieci anni. Campioni così ne nasce uno ogni cinquanta anni ed anzi il suo erede, anche se il ciclismo di oggi è completamente cambiato, deve ancora nascere a distanza di 66 anni dal suo ritiro. Ecco perchè la sua auto appartiene da sempre ai miei ricordi più cari e non la venderei mai".
LE ESPERIENZE DI GINO BARTALI UN TRAIT D'UNION FRA NUOVE GENERAZIONI ED ESPERIENZE DEL PASSATO
La mente del vulcanico Ivano Fanini è un ripostiglio capiente, è una vita di momenti lieti e di burrascose difficoltà. Ma quando si ricorda Gino Bartali procede a ruota libera. "L'eterno campione era solito passare da Segromigno, quando andava, assieme alla moglie Adriana, a trovare la figlia Bianca Maria sposata a Castelnuovo Garfagnana. Faceva una sosta salutando mio padre Lorenzo a cui donò la sua maglia gialla del Tour de France, conservata nella vecchia sede della mia società ciclistica. La sua fede cattolica, l'amore e la tolleranza, sono doti che lo hanno sempre contraddistinto. Quando era nella zona di Lunata, dove gestisco una concessionaria di auto, era solito fare visita al Santuario e pranzare con i frati ed andare a fare visita al più grande calzolaio del ciclismo mondiale: Luigi Colombini. Anche a lui faceva gli scarpini, come ai più grandi campioni di ciclismo successivi alla sua epoca. Quando divenne per una stagione direttore tecnico della mia squadra, io avevo 35 anni ed ho assunto nel tempo crescenti responsabilità amministrative non soltanto a livello commerciale ma anche ciclistiche, dal momento che la mia squadra attuale Amore & Vita Prodir è la più datata del ciclismo internazionale e quegli incontri con Bartali mi sono stati utili come trait d'union fra la nuova generazione ansiosa di cimentarsi nella vita e il bagaglio di esperienza del passato". Ma ecco altri racconti inediti nel ricordare Ginettaccio, come veniva bonariamente soprannominato dagli amici. "Iniziai un percorso pieno di incognite che poi con perseveranza ho tirato avanti sino ad oggi, avvalendomi delle capacità di mio figlio Cristian. Anche quando Bartali non faceva più parte del nostro quadro tecnico, stava a contatto con la mia società ciclistica, un mondo che lo ha sempre catturato e appassionato e continuava a coltivare la sua eterna passione dedicandoci attenzioni, d'altronde la mia squadra era spesso l'unica a livello professionistico in Toscana. Lui era solito dare consigli ai corridori sulle loro responsabilità, sulle loro aspettative e sui valori morali per lo sviluppo ciclistico. Saliva spesso sulla nostra ammiraglia e si univa alla squadra negli alberghi che ci ospitavano. La sua immagine dava più lustro anche alle mie squadre professionistiche. In due stagioni ne ho avute due: la Fanini Seven Up e la Fanini Pepsi Cola(88) e Polli-Fanini e Pepsi-Fanini(89). Anche a livello mediatico, Adriano De Zan, che giudico senza che nessuno dei suoi colleghi me ne voglia, il più grande telecronista di tutti i tempi per come faceva vivere la corsa, dava sempre risalto nelle sue telecronache alle mie squadre. Bartali aveva in simpatia Alessio Di Basco, uno dei corridori più forti di quegli anni, consigliandolo a livello di preparazione atletica, psicologica e tattica. Le nostre famiglie si incontravano spesso e divenni amico dei suoi figli Andrea e Luigi."
PRIMA DI MORIRE BARTALI HA SEGUITO PER ANNI LA SQUADRA FEMMINILE MICHELA FANINI
Gino Bartali seguiva anche il ciclismo femminile. "Negli ultimi anni di vita-conclude Ivano Fanini-era spesso assieme a mio fratello Brunello, presidente della Michela Fanini campionessa straordinaria e precocentemente scomparsa nell'ottobre del 94 a causa di un incidente stradale, dopo che aveva già vinto tante corse a livello internazionale, il campionato italiano su strada ed il Giro d'Italia. Le attenzioni di Bartali furono molto preziose per mio fratello. I due erano spesso insieme alle corse in giro per l'Italia. Un altro segnale di profonda amicizia verso le nostre famiglie, sfociata in una correlazione stretta tra empatia e altruismo." Ivano Fanini ha più volte espresso che dopo il coronavirus si augura che il ciclismo torni indietro di 50 anni. Bartali avrebbe detto: "L'è tutto da rifare!"
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Tormentato da problemi fisici, Giovan Battista Baronchelli, Gibì per i tifosi e Tista per gli amici, ha raccolto in 16 anni di professionismo meno di quanto meritasse anche se 90 vittorie non sono poche se consideriamo che per ottenerle si è dovuto fare spazio nelle generazioni di Eddy Merckx prima e di Bernard Hinault dopo, segnate da campioni fra i più grandi di tutti i tempi.
Eppure a di stanza di 31 anni dal suo ritiro dall'attività agonistica, viene ricordato anche nelle sconfitte, in particolare due che sono rimaste nella storia del ciclismo: quella del Giro d'Italia del 1974 quando nel suo primo anno da professionista terminò al secondo posto preceduto soltanto di 12 secondi da Eddy Merckx e quella del mondiale di Sallanches nel 1980, quando fu l'ultimo a mollare la ruota di Bernard Hinault.
A volte si dice le sconfitte aiutano a crescere e a migliorare ma questo non è stato il caso di Baronchelli, molto di più è il suo rammarico per aver dato al ciclismo più di quello che ha ricevuto.
"Non sono riuscito - dice Gibì - a gestire i limiti mentali, i miei aspetti emotivi, quelli che stimolano la capacità motoria. Al Giro del '74 avevo fiducia della mia forza, non temevo nessuno, nemmeno Merckx che era il mio idolo e l'atleta al quale mi ero sempre ispirato. L'anno prima da dilettante vinsi Giro d'Italia e Tour de l'Avenir . Pensavo di riconfermarmi anche da professionista. La 20.a tappa da Pordenone alle Tre Cime di Lavaredo fu decisiva. Nei pressi di Misurina attaccai inerpicandomi nel tappone dolomitico all'inseguimento dello scalatore spagnolo José Manuel Fuente che però era attardato in classifica di molti minuti. Io cercavo di guadagnare il più possibile su Merckx che vide in bilico il suo primato in classifica. Purtroppo in Alta Pusteria verso la Valle del Landro la forza fisica non mi fu sufficiente per ricucire l'intero distacco dal campione belga. Avevo 21 anni. Attaccavo di istinto, ma senza essere consigliato bene. Se avessi sferrato l'attacco più tardi probabilmente avrei tenuto anche un ritmo più costante guadagnando più secondi. La psicologia nello sport è importante. All'arrivo Merckx conservò 12 secondi di vantaggio su di me e 33 su Gimondi. Il Giro per la prima volta ebbe distacchi così lievi dal vincitore ai piazzati. Sicuramente una vittoria avrebbe dato una svolta alla mia carriera professionistica. A Sallanches nell'80 invece successe il contrario. Detti tutto quello che avevo dentro per stare attaccato al miglior Hinault di sempre. Quel giorno scatenò la sua aggressività in salita come non aveva mai fatto prima. Il mondiale ancora mancava alla sua straordinaria carriera dopo aver vinto tutto ed aveva una determinazione impressionante. Nel circuito durissimo ad ogni giro faceva selezione, io non potevo far altro che stargli a ruota fino a quando ad un giro e mezzo dal termine ho ceduto. Negli ultimi chilometri il mio distacco aumentò anche per il salto della catena e giunsi secondo con un ritardo di 1'01". Terzo fu lo spagnolo Fernàndez con un ritardo di 4'25". I distacchi fra Hinault e gli altri che finirono la corsa furono abissali."
LE SUE VITTORIE PIU' IMPORTANTI
Il bilancio dell'atleta mantovano di Ceresara con il Giro d'Italia è stato buono anche se sotto il profilo dei risultati meritava di vincere almeno una edizione. Ed invece è stato il terzo atleta della storia più volte piazzato nei primi dieci. Al primo posto in questa speciale classifica c'è Gino Bartali con 13 edizioni, seguito da Felice Gimondi con 12 e Baronchelli che è terzo con 10, cinque invece le tappe vinte. Fra i suoi successi più importanti 2 giri di Lombardia, 6 Giri dell'Appennino vinti consecutivamente, Tour di Romandie, Trofeo Baracchi, 1 G.P.di Francoforte, Giro dei Paesi Baschi, Giro del Piemonte.
"Ogni gara - risponde - era importante. Le corse erano più lunghe di oggi e nel calendario italiano c'erano molte classiche partecipate dai più forti corridori stranieri quasi tutti tesserati per squadre italiane. Ho vinto almeno una volta le classiche inserite nel calendario nazionale. Purtroppo una caduta in un circuito a Leffe mi dette gravi conseguenze. Mi ruppi l'omero ed avevo l'osso dell'avambraccio fuori posto. Ho subito tre interventi chirurgici ma non sono più stato come prima ed in salita ogni tanto accusavo dolori, come nello Stelvio che decise a favore di Bertoglio il Giro d'Italia del '75".
Lei e Moser non vi guardavate mai in faccia e se lo facevate era soltanto per litigare. Quanto c'è di vero?
"E' tutto vero - risponde prontamente - fra noi non c'era simpatia, ma è difficile che ci sia quando si è acerrimi rivali. Comunque è stato un campione anche se soffriva un po' in salita. Quando lui e Saronni erano in auge anche i giri d'Italia li facevano su misura per loro. Ecco perché ad un certo punto preferivo prepararmi per le classiche anziché per Giri troppo soavi per le mie caratteristiche. Ero un atleta che si esaltava sulle gare dure ed impegnative."
Un altro suo disappunto fu al Giro del '78 vinto dal belga Joan De Muynck. Anche in quella occasione fu secondo. "Il '78 fu il mio ultimo anno alla Scic, prima di passare alla Magniflex e successivamente alla Bianchi. Dovevo fare il gregario a Saronni che in una tappa rimase attardato per un incidente. Dall'ammiraglia ci fu detto di aspettarlo. Giungemmo sul traguardo con un ritardo dalla maglia rosa di un minuto. Persi il Giro per 59 secondi, quindi fate voi il conto...".
BARONCHELLI: "MERCKX E HINAULT I DUE VERI FUORICLASSE"
Lei Gibì poteva vincere di più se non avesse trovato sulla sua strada grandi atleti e fuoriclasse che hanno entusiasmato generazioni intere da Merckx a Gimondi, a Hinault e da Moser a Saronni. Non crede?
"Gli unici veri fuoriclasse erano Merckx e Hinault che sapevano vincere ovunque. Gimondi è vero che ha vinto tutto, però era un corridore astuto e intelligente, sapeva studiare gli avversari. Non si possono fare i confronti ma campioni così fanno sicuramente parte della storia dei più grandi di sempre".
CON FANINI LA VISITA DAL PAPA E LA SUA ULTIMA VITTORIA NEL 1988
L'atleta che staccò Eddy Merckx e che fece soffrire Hinault fino all'ultimo giro nel mondiale di Sallanches ha corso 16 anni da professionista e ha fatto sognare una generazione di tifosi. Verso il finale di carriera Gibì riuscì a vincere il secondo Giro di Lombardia nel 1986 a distanza di nove anni dal suo primo successo. A 33 anni quando più nessuno ci sperava staccò tutti nel finale evitando di perdere la volata contro l'irlandese Kelly.
"Un grande campione - dice di lui Ivano Fanini attuale patron di Amore & Vita-Prodir - non uno scalatore puro perché lui non vuole definirsi così, ma grande fondista capace di tenere ritmi infernali. Prima dell'onore che mi dette correndo una stagione con la Pepsi Fanini sul finale di carriera, lo avevo sempre giudicato come uno fra i più grandi corridori di sempre che non ha raccolto quello che meritava. Davano forti emozioni le sue vittorie, perché generalmente staccava tutti arrivando da solo al traguardo, come erano capaci di fare soltanto i grandi. Nessuno in salita è più riuscito a dare spettacolo come lui nel Giro dell'Appennino e nelle grandi tappe dolomitiche, eccetto il mitico Pantani".
Nella Pepsi Fanini del 1988 c'era D.S. Giuseppe Lanzoni. Un direttore sportivo alle prime esperienze con sei anni meno del suo illustre corridore. Ecco cosa ricorda di lui: "Lo ammiravo già quando correvo da dilettante e lui era passato da poco professionista. A Baronchelli non c'era niente da insegnare ed anzi sono orgoglioso di averlo avuto nella mia squadra. Io cercavo soltanto di metterlo a suo agio per non fargli mancare niente. Per il resto notavo un professionista esemplare e la sua serietà con le sue impostazioni mi sono servite per poi trasmetterle alle mie squadre. Ricordo la cronoscalata che vinse al San Luca e mi dispiaceva vedere che aveva perso l'autostima. Un vero peccato perché era un atleta straordinario sotto tutti i punti di vista".
La sua ultima vittoria fu nella cronoscalata da Bologna a San Luca, aveva 36 anni, dove dette l'ultimo saggio della sua classe facendo gioire per l'ultima volta i suoi ancora numerosi tifosi. Lo fece in maglia Fanini, un altro nome ricorrente in quasi quaranta anni di storia professionistica. Nel biennio 88-89 Fanini portò al successo con due squadre diverse tanti campioni che mise a suo agio per sparare le ultime cartucce.
Così si è espresso Gibì a La Gazzetta di Lucca: "Conoscevo Ivano Fanini e con lui vinsi l'ultima corsa sul San Luca. Era ed è ancora un personaggio focoso che ti tiene sempre sulla corda con grandi incoraggiamenti. Un grande appassionato di ciclismo ed è per questo che è ancora sulla breccia. Di quel 1988 ricordo con piacere anche la visita annuale in Vaticano dal Papa. Che emozione trovarsi al cospetto di Papa Giovanni Paolo II. Fanini mi dette un trofeo vinto dalla squadra da consegnargli in ricordo di quell'incontro".
Dalle sue parole una testimonianza intrisa di gioia e di emozione... A 37 anni Gibì attaccò la bicicletta al chiodo ed assieme al fratello Gaetano, pure lui ex corridore professionista dal '74 all'81 e dall'85 all'86, aprì un negozio di biciclette ad Arzago d'Adda in provincia di Bergamo dove i due fratelli hanno vissuto per decenni, per tenersi ancora in contatto con gli appassionati di ciclismo. Un negozio poi chiuso nell'autunno dello scorso anno per godersi la meritata pensione.
Gibì, 67 anni, è sposato da 33 anni con Stefania e ha tre figli: Arianna di 33 anni, Ilaria di 30 e Davide di 19. Giovan Battista Baronchelli, un professionista pacato, taciturno ma diventava un fiume in piena se interrogato, un nome accostato ai grandi del ciclismo internazionale. La sua vita e le sue storie sono raccolte in un libro dal titolo "Gibì Baronchelli dodici secondi" scritto da Giancarlo Iannella con prefazione di Marco Pastonesi pubblicato nel mese di febbraio del 2018.