Colpo di scena nella vicenda degli ex arredi Ristori nel negozio di via Fillungo 83. Angela Acordon, soprintendente alle Belle Arti per la provincia di Lucca e Massa Carrara ha dimostrato di essere capace di far seguire i fatti alle parole. Sono, infatti, partite le lettere destinate alla proprietà del fondo commerciale ex profumeria Ristori, nella fattispecie a Sabrina Di Puccio, avvocato e erede di parte dei beni del papà, il dottor Di Puccio deceduto l'8 maggio 2020 in piena emergenza sanitaria e ai tre titolari delle attività Planet Cafè, Podere Micheli e Le Bontà, rispettivamente Gennaro Amore, Massimo Micheli e Marco Toschi. Le missive sono la comunicazione che la soprintendenza appone sugli arredi il vincolo pertinenziale. Essi non potranno essere distrutti, venduti o trasferiti altrove o utilizzati per altri negozi.
Non sarà impresa facile riportare gli arredi dove sono stati per oltre un secolo, ma questa donna, cresciuta in Liguria, ma di origini piemontesi, anche se a Lucca soltanto da un anno, ha ben chiaro in testa quello che vuole provare a fare. Soprattutto, non ci sta a far passare i suoi collaboratori come degli scansafatiche o gente che si fa transitare la mosca sotto il naso per più di una volta. Angela Acordon non aveva gradito, infatti, i riferimenti, emersi in questa storia, al fatto che la soprintendenza non avesse fatto nulla per tutelare i mobili antichi.
Così, mantenendo un profilo basso come è nel suo stile, ha dato direttive per cercare di capire cosa potesse essere accaduto agli arredi del locale di via Fillungo ex profumeria Ristori. Suonava strano, infatti, che la vetrina e le insegne fossero state poste sotto vincolo e gli arredi, al contrario, no.
Ebbene, colpo di scena proprio questa mattina, quando da uno degli uffici - ufficio vincoli - della soprintendenza di Lucca, è venuto fuori un fascicolo risalente al 2012 contenente tutta la documentazione relativa alla procedura di vincolo per gli arredi stessi. Una pratica che era stata portata avanti con accuratezza da due impiegate che, purtroppo, erano state, successivamente, trasferite con la conseguenza che anche il processo si era interrotto e non era mai stato più ripreso. Anche questa è, purtroppo, se non soprattutto, l'Italia.
Non sarà una impresa facile, ma tanto vale tentare. Nessuno oserà rimproverare questa donna che ancor più degli stessi lucchesi si è messa in testa di salvare un pezzetto di questa città che sta scivolando, progressivamente, verso un anonimato senza confini.
Le due lettere sono state inviate in queste ore alla Ristori srl e alla dottoressa Di Puccio. Nella diatriba tra le parti, c'è da specificare che la Di Puccio e il padre prima di morire, mai sono stati proprietari degli arredi che sono, tuttavia, sempre rimasti nello stesso posto, rispettati e curati, seguendo quello che è il cosiddetto ramo d'azienda. In questo caso, i proprietari dei beni contenuti nel negozio sono Toschi, Amore e Micheli con quest'ultimo che, a quanto pare, lo era già prima della costituzione della cioccolateria.
Per quale ragione i tre soci, una volta deciso di rompere il contratto di affitto con Di Puccio, abbiano deciso di portare via gli arredi aggiungendo persino gli accessori del bagno e il pavimento che, fortunatamente, non era quello originale, è un mistero che, forse, potrà spiegarci l'avvocato Della Nina incaricato dal terzetto di difendere e curare la propria immagine a seguito di questa storia.
Se problemi sotto il profilo economico c'erano tra la proprietà e gli affittuari, almeno così ha detto la Di Puccio, essi derivavano dal mancato pagamento di un paio di mensilità e dall'arrivo del Covid-19 che aveva complicato le cose. Ad un certo punto, di fronte alla lettera con cui la Di Puccio chiedeva l'adempimento del contratto, i tre soci si sono rivolti ad un legale e hanno esercitato il diritto di recesso con il consenso o, comunque, senza alcuna opposizione da parte della proprietà peraltro impegnata nella successione derivante dalla morte del congiunto dottor Giacomo Di Puccio.
Una settimana fa, l'inizio dello smantellamento del negozio con l'asportazione di tutto e relativa consegna del fondo commerciale in uno stato facilmente immaginabile se si pensa che gli arredi non erano mai stati smontati per oltre cento anni. Che cosa abbia spinto, sia pure legalmente, i tre affittuari a smantellare un pezzo di storia lucchese non è dato saperlo e non regge nemmeno, a nostro avviso, la giustificazione di voler conservare gli stessi arredi evitando che qualcun altro potesse danneggiarli. Avevano resistito un secolo, avrebbero potuto resistere ancora a lungo.
Angela Acordon, una volta ritrovato il fascicolo integro e integrale, avendo, quindi, a disposizione il necessario, ha avviato il procedimento di riconoscimento del vincolo storico-artistico sui mobili asportati. A questo punto vedremo che cosa diranno le due parti. L'ideale, per la città, sarebbe il ripristino della situazione originaria e a proposito, l'avvocato Sabrina Di Puccio non ha problemi ad ammettere che 'sì, penso che sia per me sia per mio zio, ma dovrei sentirlo, non ci sarebbero problemi a far tornare gli arredi. Io stessa, proprio ieri, parlando con Marco Toschi, ho suggerito che, magari, il prossimo affittuario potrebbe acquistare i mobili da loro e rimetterli dove sono sempre stati".
Indubbiamente la rimozione degli arredi antichi ha giovato, paradossalmente e sotto il profilo economico, agli eredi Di Puccio i quali hanno già affidato l'incarico a Casamica di Natale Mancini e Paola Granucci per affittare il fondo commerciale di via Fillungo anche vuoto: anzi, senza mobili di cui tener conto, anche una catena commerciale può entrare e arredare il locale come vuole senza doversi preoccupare del rispetto di eventuali vincoli.
Quanto ai tre soci attualmente proprietari degli arredi, una volta posto il vincolo, non si capisce cosa potrebbero farci e guadagnarci a tenerli abbandonati da qualche parte.
Ecco perché si potrebbe profilare, da entrambe le parti, magari complice l'azione della soprintendenza e, magari, il risveglio del bell'addormentato nel bosco Alessandro Tambellini e del suo probabile successore come candidato Francesco Raspini, tra l'altro assessore al decoro urbano - ma quale?, quello di casa sua o di tutti i lucchesi? - un accordo in virtù del quale gli arredi verrebbero nuovamente posizionati dov'erano. Con il plauso e il ringraziamento di tutta la città di Lucca, troppo spesso attaccata solo al vil denaro e disposta a vendersi anche l'anima piuttosto che prendere posizione.
Riassunto per i 'non vedenti': sia la proprietà sia gli affittuari proprietari degli arredi non hanno niente da perdere né da guadagnare nel far sì che questi ultimi ritornino a far bella figura dove sono sempre stati. Quindi, un beau geste sarebbe gradito come testimonianza concreta di quell'attaccamento alle proprie radici che tutti dicono di avere, ma che nessuno, poi, dimostra di voler portare avanti. Noi ci auguriamo che sia l'avvocato Di Puccio sia l'avvocato Della Nina riescano a trovare una intesa.
Quanto alla soprintendente, chapeau!, altro che fili d'erba sul campo Balilla. Sarebbe molto bello poter inaugurare nuovamente il negozio ex Ristori con tanto di cerimonia officiata dal sindaco e dalla soprintendente: esempio, eventualmente, unico in tutta la penisola.