Leggo con apprensione tutte le ultime novità riguardanti la riapertura delle scuole a settembre. Un tripudio di innovazioni che spaziano dal raddoppio delle classi con dimezzamento degli alunni, alle protezioni individuali in policarbonato, le immancabili mascherine chirurgiche e,per finire, gli ingressi e le uscite a due metri di distanza evitando ogni e qualsiasi interazione fra gli alunni all'interno dei locali scolastici.
Dire che siamo alla follia pura è essere particolarmente educati.... Tutte queste amenità fanno parte di una nostra impressione che si voglia “istituzionalizzare” il Coronavirus, nel senso di rendere praticamente permanente la sua presenza e, di concerto, inserire nel nostro vivere quotidiano quella serie di, chiamiamole, regole del nuovo vivere isolati e distanziati. Una faccenda che George Orwell avrebbe cavalcato alla grande, facendone sicuramente un altro capolavoro letterario.
Ragioniamoci un po' su.... Già qualche prologo di questa faccenda lo si vede nella nostra precedente vita quotidiana, con le mamme al parco che esortavano i figli con questa tiritera: “Non toccare in terra che è sporco, non salire sugli alberi che è pericoloso, non correre che sudi, non accarezzare il cane che porta malattie !!” Possiamo aggiungere tranquillamente tutte le idiosincrasie alimentari assortite, gli inviti alla pulizia e disinfezione ogni due per tre e, se vogliamo arrivare all'eccesso, il mastodontico armamentario di medicine, disinfettanti ed integratori, sempre più presenti in ogni armadietto dei nostri bagni.
Ah, i bei tempi andati....Quando per difendersi dal bullo delle elementari ci si alleava con i compagni e si usciva in gruppo... le belle corse in bicicletta con ruzzoloni sull'asfalto e ginocchia sbucciate....le esplorazioni di boschetti e scogliere alla ricerca di lucertole o granchi con il classico ritorno a casa con una caviglia slogata... Non è ovviamente una questione di nostalgia, il tempo che passa indora qualsiasi ricordo, è solo una preoccupazione per quello che diventeremo.
Se si continuerà ad ascoltare senza alcun senso critico virologi e luminari assortiti, si entrerà con facilità in un gorgo in cui nessuna prudenza è mai troppa. Così troveremo “naturalissimo” uscire di casa con mascherine e guanti addosso, disinfettare tre volte al giorno la nostra casa e affogarci di gel ad ogni ingresso nei negozi, pretendere certificati di avvenuta sterilizzazione ogniqualvolta sorbiamo un caffè o ci concediamo una pizza. Senza scordare il particolare più allarmante di tutti, quel vedere il nostro prossimo, che sia il passante occasionale o il vicino di casa, come un perenne untore pronto a precipitarci sotto al polmone d'acciaio, imbottiti di antivirali ed antinfiammatori.
Possiamo ancora accettare, per educazione, che questo terrore venga instillato nelle persone di una certa età, quelle comunque più esposte a malattie infettive. Ma ci preoccupa moltissimo che, al pari dell'Era Fascista o del Terzo Reich, questo modo di pensare ed agire venga impresso nelle giovani menti che dovranno essere il nostro futuro. Perché il problema in realtà è un altro...
Alle elementari vivranno sotto una campana di vetro, sterilizzati e disinfettati pure appena tornati a casa. Alle medie avranno delle difficoltà anche durante un innocuo allenamento di pallone, temendo l'avversario più per i suoi germi che per la sua prestanza fisica. Al liceo giungerà puntuale il dramma finale: il futuro fidanzato (o fidanzata) sarà reale o virtuale? Sarà prudente impelagarsi in tutta quella faccenda di toccamenti e strusciamenti o sarà più semplice infilarsi in qualche mondo parallelo, tipo “Second Life” pieno di pin-up mozzafiato sicuramente sterili? Già ora siamo ad un tasso di fecondità di 1,35, se andiamo sotto uno ci estinguiamo nell'arco di due generazioni!