Lo scorso luglio, con l’entrata in vigore della nuova riforma del reclutamento – all’interno del più corposo decreto aiuti – la scuola italiana ha subito l’ennesima sfida, da affrontare però con organici ormai sempre più esigui e con un corpo docente per la maggior parte precario.
Una situazione al limite del paradosso, rimarcata persino dalla Corte Europea di Giustizia, e che sembra abbia voluto far entrare anche una buona dose di aleatorietà nelle nomine per i futuri docenti da assegnare agli istituti.
Il nuovo algoritmo per le convocazioni pare infatti non propriamente consono, e sono stati parecchi i casi in tutta la nazione di malfunzionamenti e ricorsi, tra i quali spicca quello clamoroso di Prato, dove l’Ufficio Scolastico ha dovuto addirittura annullare le assegnazioni ufficializzate poche ore prima.
La questione – seguendo un tradizionale percorso di italiana memoria – è lungi da una sua conclusione, col Tar del Lazio che ha richiesto ufficialmente il codice sorgente dell’algoritmo al ministero stesso.
Nella confusione di questi giorni, il sindacato Cobas e Noi Scuola preme con forza per il ritorno alle convocazioni presenza e incarichi di trentasei mesi per i docenti e ventiquattro per il personale ATA: piccoli accorgimenti per ora, che però ri-darebbero un po’ di dignità al settore sempre più bistrattato della scuola italiana.
“Maggiore trasparenza e chiarezza nelle procedure: è quello che chiedono migliaia di precari- si legge nel comunicato pubblicato dal sindacato – che nel mese di maggio avevano compilato la domanda telematica di inserimento nelle graduatorie provinciali per l’assegnazione delle supplenze. La tempistica però, come lo scorso anno, è stata decisamente infelice, in quanto il successivo step della scelta delle 150 preferenze è avvenuta nei giorni intorno a Ferragosto, quelli tipici delle vacanze, peraltro senza conoscere le disponibilità dei posti, i plessi di effettivo servizio e le eventuali cattedre frazionabili. Inoltre, la trasparenza e la correttezza delle procedure sono venute meno perché gli Uffici Scolastici e le segreterie delle scuole, con organici falcidiati dai tagli e costretti a lavorare in tempi molto ristretti, non hanno completato le operazioni propedeutiche che avrebbero permesso di effettuare la scelta delle sedi e delle preferenze dopo una completa e accurata correzione dei numerosi errori riscontrati nelle graduatorie provvisorie. In molte province in Toscana e in Italia, nei giorni scorsi, abbiamo così assistito ad un inusuale e apparentemente positivo anticipo delle assegnazioni delle cattedre vacanti agli aspiranti inseriti nelle graduatorie provinciali per le supplenze (GPS), ma sono stati molti i docenti che hanno ottenuto posti peggiori rispetto a quelli a cui avrebbero avuto diritto o, ancor peggio, che non hanno ricevuto assegnazioni di cattedre, quando con punteggi e posizioni ben inferiori, un anno fa, avevano ottenuto un posto di lavoro. Il Ministero ha voluto dare una parvenza di efficienza, ma in realtà ha causato danni e disagi, cui gli Uffici Scolastici stanno cercando di porre rimedio, nei limiti del possibile. Il caso più emblematico è quello della Provincia di Prato, dove addirittura l’Ufficio Scolastico ha dovuto annullare e ripetere le assegnazioni fatte in un primo momento. L’esperienza degli ultimi due anni dimostra che, col cosiddetto algoritmo, le nomine sono diventate sottoposte al gioco del caso. Lo scorso anno, appena pubblicati i primi esiti delle operazioni, i COBAS Scuola avevano avviato la raccolta di innumerevoli segnalazioni di anomalie nelle procedure e chiesto ai vari Uffici Scolastici di rettificare le nomine tornando alle convocazioni in presenza, ovviamente negate. Anche le numerose segnalazioni e le ripetute richieste di ritorno alle convocazioni in presenza da parte di Noi Scuola in Provincia di Firenze non trovarono risposte. Ma, in seguito, il TAR del Lazio, con ordinanza 4816/2022 pubblicata il 21 aprile 2022, condividendo integralmente quanto sostenuto dai COBAS Scuola, ha condannato il Ministero a esibire e consegnare i file sorgente del software e/o l’algoritmo utilizzati dall’amministrazione centrale per le convocazioni telematiche ed il conferimento degli incarichi di supplenza ai candidati presenti nelle graduatorie per le supplenze (GPS) per l’anno scolastico 2021/2022.
In un sistema informatizzato – continua COBAS – basato su un algoritmo dai meccanismi ancora poco chiari si presentano problemi irrisolvibili: 1. Non si possono gestire tutte le variabili per la determinazione degli incarichi, perché molti aspiranti sono inseriti in diverse graduatorie, con una posizione diversificata e un numero di posti disponibili molto eterogeneo. Inoltre, le nomine con algoritmo generano inevitabilmente errori. 2. Con le convocazioni in presenza o online in modalità sincrona la procedura è più flessibile e consente di aggiornare in tempo reale le disponibilità dei posti dopo ogni scelta o rinuncia del posto. Invece, con l’algoritmo le assegnazioni avvengono in blocco ed eventuali rinunce possono essere verificate solo a posteriori, dopo il conferimento di tutte le nomine. Quindi, poiché non è possibile ripetere le operazioni, si procede ad una surroga, in cui il posto è reso disponibile non a coloro che seguono immediatamente in graduatoria, ma a chi non ha in un primo momento avuto assegnazioni perché collocato più in basso, venendo paradossalmente favorito rispetto a chi occupa una posizione superiore. Le rinunce, inoltre, spesso sono dovute al fatto che si è costretti a indicare preventivamente le sedi del possibile incarico, inducendo molte persone a inserire anche sedi poco gradite che poi, all’atto della nomina, non vengono accettate. 3. Il Ministero quest’anno ha tentato di limitare le rinunce con un vergognoso e discriminatorio inasprimento delle sanzioni in caso di rinunce e/o abbandoni: sanzioni che determinano scelte familiari spesso drammatiche, rischiando di escludere dal lavoro chi ha impegni familiari più stringenti. In ogni caso, si apprende delle rinunce solo quando chi ha ricevuto la nomina non prende servizio, costringendo gli Uffici Scolastici a ripetere le operazioni e a fare surroghe anche per decine di volte, tanto che in alcune province le code sono arrivate al 31 dicembre (termine massimo consentito dalle norme) e talvolta anche oltre. La cosa è verosimilmente destinata a ripetersi anche quest’anno e molte classi conosceranno i loro insegnanti solo a gennaio. Premesso tutto questo, oltre alle dovute rettifiche di errori, non è più rimandabile un definitivo ritorno alle convocazioni in presenza oppure, in alternativa, a quelle online ma con gli aspiranti collegati in modalità sincrona, peraltro soluzione adottata due anni fa dall’Ufficio Scolastico Territoriale di Lucca e rivelatasi trasparente, affidabile ed efficace. Ciò garantirebbe agli aspiranti la possibilità di scegliere, in ordine di punteggio e nel rispetto delle riserve e delle precedenze, la scuola nella quale andare a lavorare, sulla base dei posti (anche di sostegno) resi noti almeno 24 ore prima. Scuole e famiglie vedrebbero limitare fortemente il caos che caratterizza l’inizio di ogni anno scolastico, alcuni precari avrebbero circa due mesi di stipendio in più (visto che in certi casi le supplenze annuali sono state assegnate in prossimità del Natale), per le segreterie (già al limite del collasso per la carenza di personale) ci sarebbe una diminuzione del carico di lavoro e agli studenti verrebbe garantita una maggiore continuità didattica. Il mondo del precariato, che, va ricordato, tiene in piedi la scuola italiana, chiede che sia tutelato il diritto al lavoro ma anche che sia riscritto un nuovo alfabeto in nome della dignità e della trasparenza: è proprio migliorando procedure di reclutamento e stabilizzazione che sarà possibile iniziare a risanare le ferite della nostra martoriata scuola. A tal proposito, i COBAS Scuola ribadiscono per l’ennesima volta la necessità di stabilizzare il personale docente precario con 36 mesi di servizio e gli ATA con 24, in ottemperanza a quanto stabilito dalla sentenza del 2014 della Corte Europea di Giustizia che ha condannato il governo italiano per abuso di ricorso a lavoro precario e in totale controtendenza rispetto al perverso, costoso e lunghissimo percorso a ostacoli introdotto dalla riforma del reclutamento contenuta nel cosiddetto Decreto Aiuti dello scorso luglio”.