Riaprono parrucchieri ed estetiste ?.. Fase2?..Fase 3?.. Rilancio dell’attività delle imprese? “Nelle attuali condizioni l’unica sicurezza che abbiamo è il rischio, concreto, di assistere a chiusure di massa.
Quale imprenditore vorrà più assumersi il rischio d’impresa se questo non è solo economico ma anche penale?
E se la burocrazia da pesante che era è diventata assolutamente opprimente, ed impedisce, di fatto, all’artigiano di portare avanti e sviluppare la propria attività?”
A dire tutto questo è Roberto Favilla, direttore di Confartigianato Lucca, che descrive una situazione drammatica, nella quale le micro piccole e medie imprese toscane e non solo lucchesi, sono, e mai lo sono state come ora, sull’orlo del baratro. “Tutto ciò a causa soprattutto dell’incredibile, dannoso e inopportuno inasprimento della burocrazia legata alla ripresa delle attività imprenditoriali a seguito dell’attenuazione delle pandemia covid - 19”.
Troppi sono i soggetti chiamati in causa che si sovrappongono gli uni agli altri ognuno dettando proprie regole, criteri, funzioni e procedure.
Il bello è che ciascuno chiede alle imprese cose diverse o, se per caso coincidono, le chiede con modalità diverse o con la presentazione di documentazione differente. Una cosa però accomuna tutti: scaricare sulle imprese le loro inefficienze magari facendole passare per semplificazione. Un esempio lo abbiamo avuto in questi giorni quando si è imposto la modalità on line – purtroppo ancora non accessibile in autonomia da tantissime imprese - come obbligo per la compilazione e inoltro dei protocolli anticontagio previsti dall’ordinanza n.48 della Regione Toscana, escludendo la possibilità dell’inoltro via pec o mail come previsto precedentemente.
Si è trattato di un provvedimento che ci ha subito allarmato e preoccupato e immediatamente ci siamo attivati presso la Regione – per far sì che venisse ripristinata la procedura iniziale dell’invio della Pec o comunque di prevedere soluzioni alternative a quelle prospettate che, sapevamo bene, sarebbero state impraticabili in autonomia da molte imprese, e di difficile gestione da parte di coloro che avrebbero dovuto inviare un numero enorme di protocolli ai quali le imprese si sarebbero rivolte per chiedere assistenza”.
Senza entrare in dettagli troppo tecnici, Roberto Favilla spiega anche come ci troviamo di fronte ad un’incomprensibile e ingiustificabile accanimento da parte della burocrazia.
In una situazione come l’attuale, dovevamo evitare qualsiasi complicazione, anche perché la responsabilizzazione delle imprese passa attraverso un contesto che le veda coivolte in maniera propositiva e dando loro fiducia, senza inutili vessazioni burocratiche.
Abbiamo già chiesto a gran voce di ripristinare al più presto l’invio tramite pec o tramite e-mail dei protocolli e, con forza lo chiediamo anche a tutti i consiglieri regionali, alla luce delle tante incertezze e problemi interpretativi che stanno venendo fuori in questi giorni tanto che ci siamo visti a chiedere anche che venga prorogata la scadenza del 18 maggio.
Ma non basta. Sugli imprenditori, in particolare edili, grava un altro incubo, questo non di origine toscana ma direttamente governativo: “L’articolo 42 del decreto Cura Italia, al comma 2, prevede infatti - spiega ancora Favilla - che se un lavoratore è contagiato dal Covid-19 il caso è iscritto nel registro dell’Inail come infortunio sul lavoro. E’ chiaro che la priorità assoluta è la tutela della salute, ma il rischio è di cadere in una disputa di carattere legale che dura anni: ritenere,” a priori”, il contagio come infortunio sul lavoro implica, automaticamente, contenziosi con le aziende, che potrebbero portare a gravi sanzioni, sia in sede civile che penale, in quanto potrebbero configurarsi, in capo al datore di lavoro, varie ipotesi di reato, dalle lesioni gravissime fino all’omicidio colposo.
Ma volete spiegarmi per quale motivo il datore di lavoro dovrebbe assumersi responsabilità che di fatto non ha, soprattutto se ha rispettato le misure richieste per il contenimento dell’epidemia?.
E ancora non basta. Al di là dei controlli che le aziende subiscono dalle varie autorità locali e forze dell’ordine, ora la documentazione e/o i protocolli di cantiere inerenti l’adozione delle misure anti-contagio del Covid19 dovranno essere resi disponibili per l’analisi anche ai Comitati territoriali e di cantiere.
Ai Comitati è anche consentito l’accesso alle notifiche preliminari di apertura dei cantieri e alle denunce di apertura dei cantieri presso le Casse Edili competenti”.
“O riusciamo a far capire alle autorità - conclude Roberto Favilla - che un simile sistema è assolutamente impraticabile e riusciamo a portare le imprese fuori da queste procedure macchinose e aberranti, oppure saremo chiamati a rispondere della fine di un sistema imprenditoriale invidiatoci da tutti i Paesi più ricchi del mondo e che ha fatto dell’Italia la nazione con il più grande patrimonio di beni culturali di cui gli artigiani sono artefici”.
Ci spiace ricordare come anche di recente abbiamo fatto presente alle più alte Istituzioni del territorio come la tensione nelle imprese artigiane sia alle stelle, e sia a rischio la stessa coesione sociale.
Ma se le nostre richieste, che sono quelle degli imprenditori, rimarranno inascoltate inviteremo le aziende a mettere in atto forme di “disobbedienza civile”, perché ne va della sopravvivenza di un comparto, l’Artigianato, che va scomparendo e si porta dietro quella conoscenza che è solo nelle menti e nelle mani dei nostri maestri artigiani e non si trova scritta in nessun testo.