Samuele Cosentino è l'attuale gestore del ristorante Gli Orti di via Elisa, situato nel centro storico in via Elisa 17. Con sua moglie Silvia Pacini rappresenta l'anima di un locale che vide la luce 35 anni fa e che proprio quest'anno, quindi, festeggia il settimo lustro. Con lui ripercorreremo una storia che non è solo ristorazione, ma anche vera e propria tradizione cittadina.
Quest'anno il vostro ristorante festeggia i 35 anni di attività. Un bel traguardo e, per di più, con lei al timone di questa impresa. Come commenterebbe, di fronte ai suoi commensali-cittadini, questo evento?
Sicuramente è un traguardo di grande soddisfazione, ma questo tipo di eventi si raggiungono non tanto grazie a chi sta al timone quanto, soprattutto, a chi sta ai remi e mette tutta la sua forza e la volontà di condividere un obiettivo al servizio dell'azienda.
Quando è entrato, lei, per la prima volta agli Orti di via Elisa?
La prima volta sono entrato con la mia fidanzata e attuale moglie intorno al 1993 in occasione di un concerto che si teneva a Villa Bottini per cui, prima, decidemmo di fermarci a cena. Ci sono stato anche prima ora che mi ricordo, ma ero davvero un ragazzino e ancora andavo a scuola e sedevo in uno dei tavoli della sala principale sistemati uno vicino all'altro. Io ero con una ragazzina del tempo e facevamo una cenetta romantica. Accanto a noi c'era un industriale lucchese che, forse, preso dalla genuinità del nostro rapporto, mi si avvicinò, mi porse il suo biglietto da visita e mi disse che, finita la scuola, sarei potuto andare nella sua azienda e mi avrebbe offerto un lavoro per iniziare a costruire un futuro assieme alla mia fidanzata.
Inevitabile la domanda su chi fosse questo mecenate.
Produceva calzature, ma la cosa che mi sono sempre portato dentro di quell'episodio e che tutt'ora ho bene in mente ogni giorno che alzo il bandone di questo ristorante, fu proprio quell'atteggiamento di condivisione, di partecipazione che nacque fra tavoli contigui del locale.
All'epoca il locale aveva poco più di cinque anni o giù di lì. Chi lo aveva aperto?
La grande intuizione fu di Franco Barbieri che immaginò un locale in grado di proporre una formula a quel tempo sconosciuta per Lucca. In uno stesso ristorante si potevano trovare una cucina veloce per un pranzo di lavoro con un servizio a buffet, una pizzeria con forno a legna, una braceria ed una cucina che esprimeva tradizione e tipicità lucchesi. Un posto adatto sia alle famiglie sia a chi era di passaggio per lavoro sia a chi cercava un ambiente più riservato.
E anche aperto allo sport e ai giocatori della Lucchese...
Franco affidò la gestione a Paolo Barbieri conosciuto come Paolone, grande appassionato della Lucchese che seppe portare qui agli Orti tutta la società, i giocatori, le loro famiglie. Mi ricordo i primi tempi dopo il mio arrivo, andavamo alla partita con carta e penna e venivamo via con 20-30 tavoli prenotati. Ci chiamavano dalla tribuna urlandoci e chiedendoci un tavolo per due o per tre o per quanti volevano essere a mangiare la sera. Rammento lo speaker della Lucchese che, ad ogni gol, ad esempio, Tarantino, annunciava: "Anche Nazareno Tarantino cena agli Orti di Via Elisa.
Chi c'era, all'epoca, dietro ai fornelli?
Prima di tutto c'era Nonna Bianca, la nonna di Paolone e mamma di Franca Sodini moglie di Franco Barbieri. Bianca è stata la nonna di tutti e ci ha insegnato la cucina lucchese e le sue vecchie ricette. Mi ricordo, all'inizio, mi faceva sbucciare le mele per fare la torta, poi guardava quanta polpa avevo lasciato attaccata alla buccia e con tono dolcemente perentorio mi diceva: 'Ora sbuccia le bucce'. Le sue ricette non erano in grammi, ma in popoini. Cioè un pochino di quello e un pochino di quell'altro, ma, in particolare, mentre stavamo gomito a gomito a cucinare, ci si perdeva nei racconti in cui veniva fuori l'origine di quelle ricette: si parlava della guerra, delle miserie, delle tradizioni della sua famiglia, dell'utilizzo delle erbe aromatiche. E' stata una vera e propria scuola non solo di cucina, ma anche di vita.
Da allora sono passati sette lustri. Paolone e nonna Bianca non ci sono più a gestire il ristorante. Ora ci sono Samuele Cosentino e Silvia Pacini. Moglie e marito. Come fate a lavorare insieme e, inoltre, a essere una coppia così longeva?
Questa è una eredità che ci hanno lasciato Franco Barbieri e anche, pur essedo ancora in vita, Giuliano Pacini. Quello che porta avanti questo locale è la sua anima. E' vero che Nonna Bianca non c'è più, è altrettanto vero che Paolone ha fatto altre scelte, ma ciò che per noi conta è la famiglia nel senso più allargato del termine. La famiglia Pacini-Barbieri-Cosentino è come se fosse una unica famiglia con tre cognomi. Ci uniscono l'unità d'intenti, l'enorme affetto e la condivisione degli obiettivi. Come in ogni famiglia che si rispetti non mancano le discussioni, ma il nostro legame ci conduce sempre a superare qualsiasi tipo di ostacolo si presenti.
Anche per Gli Orti la pandemia è stata un ostacolo molto duro.
Certo. Siamo, però, riusciti a trasformare un momento drammatico in una grande opportunità avviando l'attività di delivery che tutt'oggi è in funzione e di catering anch'essa non solo in funzione, ma anche in grande sviluppo. Siamo riusciti a tenere tutti i nostri collaboratori al lavoro garantendo loro stabilità economica. A proposito, siamo, forse, l'unica azienda di queste dimensioni ad offrire a tutti i nostri collaboratori un'assistenza psicologica professionale svolta con la massima tutela della privacy. Questo proprio dall'inizio dell'emergenza sanitaria e continua tutt'ora.
In tutti questi anni lei avrà conosciuto decine per non dire centinaia di aspiranti dipendenti. Se ne ricorda qualcuno che l'ha particolarmente colpita e che poi se ne è andato altrove per cercare fortuna?
Certo. Ma prima voglio ricordare Piera, la nostra cuoca storica entrata qui proprio il giorno dell'apertura del ristorante, nell'agosto 1988, e rimasta con noi fino alla pensione. Poi rammento Simona, anche lei cuoca del locale, poi cameriera, che è stata per questo locale una immensa risorsa. Potrei citare Silvano, un cuoco con un cuore gigantesco che ha fatto da padre a tutti gli stagisti e aspiranti chef che passavano dai nostri fornelli. E anche Ilaria e qui racconto un episodio. Sono venuto a cena con mia moglie, all'epoca ancora fidanzata, nel 1995 quando stavamo per definire l'acquisto delle quote del ristorante. Paolone mi mandò al tavolo una ragazzona che si chiama Ilaria perché era una delle cameriere più capaci e con me voleva fare bella figura. Ilaria venne al tavolo e per aprire la bottiglia del vino se la infilò tra le gambe stringendo le cosce e tirando via il tappo con un gran botto. Io sottovoce dissi a Silvia: "Ricordami di licenziarla'. Ilaria è rimasta qui per moltissimo tempo e ancora oggi siamo uniti da un enorme affetto che ci lega non solo a lei, ma anche a tutta la sua famiglia.
Come è cambiato Samuele Cosentino, nella sua professiona e professionalità, lungo questi 35 anni o quanti sono stati quelli trascorsi in via Elisa?
Oggi sono un'altra persona. Quando sono arrivato qui non avevo mai visto un ristorante dalla parte del gestore. Ero giovane, avevo una grande responsabilità perché Gli Orti era già un locale conosciuto e affermato. Ero molto impulsivo, male accettavo i consigli, e, soprattutto, gli ordini anche da chi ne sapeva più di me. Insomma, avevo il mio bel caratterino. Negli anni si acquisisce esperienza, si ascolta, si impara e, in particolare, quando si ha la fortuna di condividere un percorso professionale a fianco di persone come i Barbieri e i Pacini, a quel punto è inevitabile che si raggiunga una maturità tale da sapersi porre nella maniera corretta verso chi quest'attività ti aiuta a condurla,
Lei e sua moglie avete tre figli ben avviati su questa stessa direzione. E' così?
Per fortuna no. Fanno tutti strade diverse, ma, poi, chissà?
Lei festeggia, si fa per dire, quest'anno le 35 primavere del ristorante. Ne ha viste di cotte e di crude, ha avuto clienti di tutti i tipi e nazionalità. Si è tolto le sue belle soddisfazioni. Che cosa può augurarsi per i prossimi anni?
Ogni cliente, ogni dipendente, ogni fornitore con cui ho avuto e ho a che fare, mi lascia qualcosa che mi tengo dentro per sempre. Il mio impegno è quello di lasciare qualcosa di mio nei cuori degli altri. Detto ciò, non è Samuele che festeggia, bensì Gli Orti, un locale con la sua storia, con la sua anima, con i suoi traguardi non raggiunti grazie a Samuele, ma per una infinità di persone che hanno scelto di percorrere tratti della loro vita assieme a noi.