Il titolo di questo articolo viene preso in prestito dallo scritto che l'anonima persona vergò sui muri dell'Università Normale di Pisa, negli ormai lontani anni della contestazione studentesca: quella del '68. Un periodo in cui gli atenei venivano messi a ferro e fuoco dallo scontro ideologico tra i vari movimenti studenteschi. Da un lato c'era la sinistra extra parlamentare, volta al radicale sovvertimento della società capitalistica e borghese. Dall'altro c'era la destra eversiva che ancorché in assoluta antitesi ideologico-valoriale con la sinistra, spingeva anch'essa nel verso di un'eversione al sistema. Guidati dai cattivi maestri costoro avrebbero concluso la loro parabola rivoluzionaria macchiandosi le mani di sangue in formazioni paramilitari come le Brigate Rosse, Potere Operaio ed i Nuclei Armati Rivoluzionari di Ordine Nuovo. Agli occhi della massa di incolti che li seguiva nei cortei, per mero spirito di ribellione e contestazione, sembravano essere dei modelli da imitare: giganti del pensiero, antesignani di un evento storico che avrebbe connotato diversamente e meglio tutta la società italiana, guidandola verso equità e giustizia sociale. Concetti invece rigettati dai militanti nelle organizzazioni giovanili dei partiti politici presenti in Parlamento che venivano istruiti e preparati alla militanza ed alla dirigenza politica nelle apposite scuole di formazione. Quale era il brodo di cultura degli estremisti? Oltre che ai testi classici del Marxismo era di moda il libretto rosso della rivoluzione cinese di Mao Tze Dong. A cosa puntavano? alla metafisica scomparsa della borghesia con la soppressione fisica di tutti coloro che agli occhi dei nuovi tiranni rossi erano ritenuti contro rivoluzionari. Milioni di persone furono soppresse in Cina, Vietnam, Cambogia, Laos e Birmania in nome di questa folle ideologia. Una barbarie che non trovava riscontri nella storia dell’Umanità ma che in Europa faceva proseliti. Il sentimento anti americano e l'ossessione dello sfruttamento capitalistico di tipo imperialistico si alimentava e si volgeva verso occidente e non verso oriente e quei luoghi di terrore sanguinario. Una cecità che aveva le basi nella cultura che si andava affermando nelle università del Vecchio Continente, ove erano nati a corollario della protesta, ed in occasione della guerra in Vietnam tra americani e Vietcong, i "movimenti pacifisti”. Essi originavano dalle tesi filosofiche e sociologiche della cosiddetta Scuola di Francoforte e dei suoi maestri come Theodor W. Adorno ed Herbert Marcuse, che influenzò tutto quel periodo culturale con l'aggiunta delle opere teatrali (di identica matrice marxista) di Bertolt Brecht che pure predicava contro l’oppressione dal regime comunista della DDR, la Germania dell’Est!!! Attorno ai lavori di questi intellettuali cresceva un'intera generazione di studenti che introiettava in tal modo l'avversità alla società capitalistica, guerrafondaia e sfruttatrice per antonomasia. Tesi culturali che evidenziavano disparità di visione e di trattamento, che sconfessavano alla radice la terzietà culturale del pensiero filosofico e sociologico dei maître a penser di Francoforte. "Minima moralità" di Adorno e "l’Uomo ad una dimensione" di Marcuse i testi sacri sui quali si formava la categoria dei contestatori e dei bastiancontrari, ossia di coloro che, appunto, sempre e comunque, avrebbero inteso il potere costituito occidentale e le sue istituzioni democratiche come pericolose , oppressive e mendaci. In buona sostanza: si criticava l’alienazione dell’uomo che vive nella società capitalistica perché questa era induttrice di bisogni voluttuari e quindi i cittadini erano uniformati e piegati al conformismo dal soddisfacimento dei desideri indotti, addomesticati dalla ricerca di un sempre maggior numero di beni. Sul versante della critica al marxismo, pur presente in quelle citate opere, non si contestava l'ineluttabile tirannia e le miserie pratiche che derivavano dallo schema precostituito della "società degli eguali" e dello Stato egemone, come tale liberticida, ma solo la carenza di libertà e di confronto. Una patente disparità di valutazione che minimizzava taluni mali e ne esaltava a dismisura altri. Ed allora l'unica dimensione per l'uomo libero diventa la capacità di dover contestare, di voler sovvertire lo stato delle cose in una perpetua lotta contro il potere. Cosa altro sono, allora, i moderni pacifisti ed i contestatori di oggi se non gente perennemente impegnata a dire "no", finanche a che nessuno si armi per difendersi dai tiranni della porta accanto? Sono i tardo epigoni di quella cultura strabica che crede di poter evitare le tragedie del mondo e le prepotenze dei satrapi alzando una bandiera arcobaleno e bruciando quella a "stelle e strisce". Quelli che citano Pasolini (che aveva a cuore il riscatto delle borgate non quelli che vestono in cachemire) e cantando le canzoni del primo artista multimilionario che si atteggia a fare Bob Dylan. Sono quelli che non si accorgono che il consumismo ha eliminato fame, disagi e disparità sociali per l’accesso diffuso, ed a basso costo, al benessere. Tetragoni a tutto anche al buon senso: sempre e comunque contro chiunque…non la pensi come loro.