L’impietoso confronto televisivo fra presidente degli U.S.A. in carica Joe Biden e sfidante, Donald Trump, induce a tante considerazioni, e cercherò di non ripeterle, avendole manifestate penne più preparate di me sulla materia. Pertanto ne propongo alcune, sperando siano innovative, quantomeno per integrare la discussione.
Il Tycoon poliedrico e “biondo shocking” con riporto della chioma al limite della decenza è protagonista di un tentativo pazzesco: tornare alla Casa Bianca dopo esserci stato ed esserne stato scacciato – in termini elettorali – dopo 1 solo mandato. Il tutto fra bagarre giudiziarie che ne hanno incrinato la credibilità, sia o meno giudicato colpevole, e assalti a Forte Apache-Capitol Hill da parte di pseudo-pellerossa dotati anche di corna di bisonte in testa dei quali è accusato di essere mandante. Fossimo in Italia nessun problema: normalissimo che un leader politico sconfitto resti in sella al proprio partito e – come niente fosse – si ripresenti agli elettori con possibilità di successo. Altrettanto possibile finire sotto processo e condannati. All’estero in genere si va a casa.
Non occorreva la performance televisiva, condita dagli amorevoli e apprezzabilissimi incoraggiamenti della moglie di Biden, per capire che Joe sia alla frutta, e che non ce la faccia. Non ha il fisico, pare, anche se la rampantissima consorte Jill lo giudica “ancora in forma”. Beh tutto è relativo e se la posta in gioco è far la First Lady, pure un brocco diventa purosangue. Fosse in un paese ove il presidente è sostanzialmente un simbolo, sia pure con dei poteri significativi, nessun problema, ma la costituzione statunitense fa del presidente un vero Primo Ministro, che dirige l’apparato della federazione. Non è un caso che a quell’incarico si arrivi giovani. Un PUSA (President of United States of America secondo uno degli acronimi a loro tanto cari), deve trottare e tanto. Non è un caso se si affannino a farlo vedere correre con la scorta, e hanno bisogno abbia un look che trasmetta vigore e efficienza fisica. Questo Joe, fra cadute lungo le scalette di accesso agli aeroplani di stato, farfugliamenti, obnubilazioni, appare fuori standard. L’uppercut di Trump al mento: “Scusate, ma non capisco cosa dica questo signore …”, è stato devastante. Da far sciogliere le ginocchia al vecchio campione in carica.
È sincero l’affannarsi manifestato in questi ultimi frangenti dai Democrats a cercarsi altro candidato? Credibile che ciò che stiamo vedendo da mesi, magari pure da anni, non lo abbiano capito prima oltre Atlantico? Realistico che si cambi in corsa il cavallo, accortisi che quello sotto di noi stia cedendo? E tutto questo in un grande Paese, inutile negarlo o dubitarne lo sia, come gli U.S.A.? A me sembra che i DEM, da un bel po’, abbiano afferrato che l’America voglia voltar pagina. Antica democrazia adusa al bipolarismo, è mossa da meccanismi difficili da comprendere per noi italiani. Da noi si è sempre alla ricerca del piccolo sotterfugio per raccattare consensi e voti e mettere in piedi una nuova formazione rappresentativa spesso di non so cosa, nella speranza cresca il tanto da garantire di vivere di politica a chi l’ha disegnata, laggiù c’è da dominare il mondo o una sua buona parte, e due grandi partiti son sufficienti. Politici-giullari e mascalzoni non hanno molto spazio, non è certo un caso che ne vivisezionino la vita privata e che certi casi italici non avrebbero spazio nel mondo Stars & Stripes.
E essendo forse chiaro che, fra risalita economica garantita a suo tempo da Trump, gestione del conflitto in Ucraina, Cina arrembante anche se sotto traccia, Putin sornione e tutto meno che sconfitto, col quale potrebbe essere proficuo tornare a dialogare, può darsi che i DEM abbiano capito che dovranno cedere il testimone. In questo caso nessuno di loro vuol bruciarsi nel sacrificarsi a sfidare Trump, e mandano al macello il vecchio guerriero, attendendo che trascorra qualche anno per riproporsi. Di rado un candidato sconfitto è stato ripresentato, e ha vinto. Forse l’ultimo fu Richard Nixon, caduto per una questione – il Watergate scandal – che in Italia avrebbe destato il sorriso. Non è un caso che i grandi nomi del partito, dai Clinton a Obama, non abbiano fatto quadrato attorno a Joe.
Comprendo che l’ipotesi possa essere giudicata fantasiosa, ma una sua logica l’ha. Quantomeno si basa sull’esclusione che negli U.S.A. sia divampata un’epidemia di stupidità. Del resto, in un Paese comunque caratterizzato da ampie autonomie locali, dove certi stati restano saldamente democratici o repubblicani, chi occupi la Casa Bianca interessa per certe materie, ma non per tutte. E quattro anni fanno presto a trascorrere, fermo restando che c’è sempre il gavitello delle elezioni mid-term, dopo 2 anni di mandato, che possono ribaltare gli equilibri.
Elezioni Usa, Biden come un pugile suonato
Scritto da carmelo burgio
Politica
30 Giugno 2024
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