Come era nelle previsioni il Rassemblement National di Marie Le Pen ha raccolto il maggior numero di voti al primo turno delle elezioni politiche francesi. La destra ha sfiorato il 34% dei consenti mentre il Nuovo Fronte Popolare, la sinistra unita (socialisti e comunisti), si è stabilizzato intorno al 29%. Segue Ensemble, la coalizione di Emmanuel Macron, l'attuale presidente della Repubblica transalpina, rimasto al palo di un misero 20%. In Francia vige il sistema elettorale maggioritario a doppio turno, ossia vanno al ballottaggio in ogni collegio uninominale i due candidati che hanno ottenuto più voti, qualora non abbiano raggiunto la metà più uno delle preferenze. Un sistema che al secondo di turno consente ai principali partiti (o coalizioni) di poter stringere accordi. La macchina elettorale transalpina ha funzionato con velocità e precisione impressionanti. Pensate, a poche ore dall'aperture delle urne già si sapeva cosa era accaduto fin nei minimi particolari. Quando questo accadrà anche in Italia sarà certo un bel giorno per il farraginoso e lento apparato che il Ministero degli interni italiano mette in campo. Insomma i francesi godono di un sistema maggioritario, senza i listini e senza i predestinati che li compongono, ai quali vengono attribuiti, con sistema proporzionale, un quarto dei seggi disponibili nel nostro parlamento. Insomma, in Francia tutto è più semplice e chiaro: si viene eletti se ci si aggiudica il maggior numero di voti nel collegio elettorale. Oltralpe, inoltre, come detto in precedenza, ogni elettore ha anche la possibilità di votare al ballottaggio nel secondo di turno. Ed è su questa opportunità che fin dall’inizio ha puntato l'inquilino dell’Eliseo per arginare l’avanzata delle destre. Queste ultime hanno trionfato alle recenti europee costringendo Macron a sciogliere subito il Parlamento. Da qui la scelta di indire le politiche affinché quel successo non si radicasse maggiormente nel tempo nel Paese. Una mossa azzardata, forse, ma intelligente perché può far leva sull'insanabile idiosincrasia tra la "gauche" ( la sinistra ) e Le Pen, quindi potra’ proporre alla sinistra un patto elettorale, per il secondo turno, che determini la sconfitta della destra nei collegi uninominali. Non a caso Ensemble (Macron) e il fronte popolare sceglieranno chi votare al secondo turno secondo i patti e le possibilità esistenti in ogni collegio elettorale. Il sistema francese lo permette apertamente, senza sotterfugi e compromessi. Così come la prassi costituzionale consente poteri al Capo dello Stato di poter decidere velocemente lo scioglimento delle Camere, senza lungaggini e consultazioni preventive. Certo per molti politici e politologi italiani questa prassi non è accettabile perché mostra una concezione piuttosto sbrigativa della democrazia parlamentare. Un'obiezione che a ben vedere scaturisce dal solito ancestrale complesso "anti fascista" che nel Belpaese vieta di consegnare nelle mani di una sola persona un potere decisionale del genere. Un riflesso che condizionò anche i padri costituenti allorquando vararono la nostra carta costituzionale, appesantita da molti compromessi e dal diffuso timore per "l'uomo forte" in una nazione appena uscita da una guerra disastrosa e da un ventennio di dittatura. Gli eventi francesi inducono anche ad un'altra riflessione oltre quelle dell'efficienza costituzionale e del sistema elettorale transalpino, ossia un monito per la destra italiana ed in particolare per Giorgia Meloni. In Francia il partito della Le Pen ha toccato vertici di consenso ben superiori rispetto a quelli raggiunti da Fratelli d'Italia. Eppure pare siano destinati a rimanere inutilizzati ai fini dell'assunzione di cariche di governo se dall'altro lato della barricata si schiererà una super cartello composto tra sinistra e moderati. Per quanto spuria sia, dal punto di vista squisitamente politico, quell'alleanza impedirà alla leader della destra francese di ottenere la maggioranza in Parlamento. Questo è anche dovuto alla posizione di intransigenza che il Rassemblement manifesta sul piano politico e programmatico su molte questioni: l'anti europeismo, l'estremismo sulla questione migranti, la politica della sicurezza basata sulla repressione e l'allarme sociale, l'idea di un governo centralista e dirigista, l'alleanza con altri leader estremisti come i "patrioti" dell’ungherese Orban et similia. Una politica che pone la Le Pen ben lontana dalle posizioni più moderate di un movimento conservatore e come tale affidabile come alleato. Un errore che Meloni non deve assolutamente commettere in Italia, favorendo il processo di modernizzazione della vecchia destra post fascista. Farsi carico di creare un partito conservatore in Italia ed in Europa esimerà la giovane premier dal pagare quello scotto, di farsi isolare da una “conventio ad escludendum”. Che non lo comprendano il truce Salvini ed i populisti come il generale Vannacci è ovvio, ma che non lo comprenda il capo del governo sarebbe grave ed esiziale, in futuro.
Giancarlo Affatato - Vincenzo D'Anna