Non mi unisco alle sperticate e meritatissime lodi alle pallavoliste azzurre e al loro allenatore, capaci di un’impresa di assoluto valore. E neppure desidero entrare in contro-polemica con chi voglia politicamente targare il successo, come se la destra italiana volesse eliminare dalle proprie rappresentative chi non rappresenti la razza caucasica italica, che peraltro identifico con difficoltà. La miglior risposta l’ha data la campionessa olimpica Myriam Sylla a chi tentava di farle rivolgere un attacco a Vannacci: evidentemente ha letto e capito meglio di donna Paoletta Egonu (uscita sconfitta in sede giudiziaria, con l’archiviazione della sua denuncia, quella sì farneticante) il passo del libro dell’orrore (?) su cui tanto s’è ricamato, e deciso di sfanculare elegantemente l’insinuante intervistatore.
Di sicuro all’Italia sportiva fa comodo l’evoluzione socio-etnica che vede oramai atleti di pelle scura fra i cittadini italici. In determinati sport – inutile nasconderselo, basta guardare le finali della velocità, dei salti in lungo e triplo – vi è un predominio assoluto dei neri: si tratta di ragioni biologiche, così come in altri sport eccelle l’atleta bianco.
La pallavolo non è sport per bianchi o neri, fra le eroine della squadra, accanto a 2 ragazze di colore c’è una bianchissima russa naturalizzata. E non dimentichiamoci un buon nucleo d’italiche campionesse. Le due ragazze di colore hanno sfruttato al meglio il proprio talento e le infrastrutture disponibili in Italia. Buon per noi e per loro, e chapeau!
Ridicolo però trasformare questo successo in un’equazione: visto che vinciamo medaglie in alcune specialità con atleti di colore, apriamo le frontiere a tutti. Il sillogismo non regge proprio, direi anzi che sia un insulto all’intelligenza. Questi talenti di colore son nati in Italia, da famiglie insediatesi e integratesi da tempo, hanno accettato l’Italia come modello di vita e si sentono italiane. Nessun italiano ce l’ha con Jacobs, Sylla, Egonu, Iapichino, Furlani etc., e vedendo i loro trionfi tutti apprezzano e ammirano le loro doti.
Il successo di molti di questi ragazzi è anche frutto del fatto che i loro genitori non si siano chiusi nel proprio mondo culturale cercando di replicarlo in Italia, rifiutando ad esempio di far loro praticare sport che comportavano tenute per forza di cosa attillate e ridotte, e contatti con una cultura diversa da quella da cui loro s’erano allontanati per cercare di costruirsi una vita migliore.
Lo stesso inalberarsi dell’Egonu per le frasi artatamente incriminate da qualche quotidiano a larga (?) diffusione lo vedo in termini positivi: ha rivendicato la propria italianità, ancorchè sicuramente sia fiera come tutti delle proprie origini.
Piuttosto dovrebbe essere compreso dalla minoranza rumorosissima, assordante, che la maggioranza degli italiani, quella emersa alle ultime politiche e alle ultime europee, evidentemente non gradisca chi non si vuole integrare, chi delinque, chi vive d’espedienti. Sia esso bianco, nero, giallo o eschimese. E anche italiano che faccia vergognare di essere di questo Bel Paese. Perché per quanto attiene a presenze carcerarie e reati violenti e predatori, se dal ridicolo computo numerico che tentò di propinarci in passato qualche governo, si passa a quello percentuale, emerge che sono questi immigrati – bianchi e neri – a fare la parte del leone.
La gente comune, quella normale, quella che si alza presto, va a lavorare, si vuol godere il weekend e un paio di settimane di vacanza l’anno, vuole pace sociale e sicurezza. E l’iniezione incontrollata e violenta di persone che inficiano la sicurezza, reale e/o percepita, peggiora le condizioni di vita della società.
L’italiano è popolo tollerante: se lo straniero che viene ad abitare nel proprio palazzo si comporta bene, lo accetta. Alla stessa stregua s’inalbera se un connazionale si comporta da incivile. E lo stesso vale per chi abbia tendenze sessuali o religione diverse.
Focalizzare l’attenzione su pochi casi d’intolleranza frutto d’ignoranza preconcetta per estrapolarne delle regole o, addirittura, degli obblighi giuridici, ritengo sia professione di malafede.
La democrazia premia la maggioranza. E se questa vuole vivere più sicura, ne va rispettata la volontà, intervenendo per circoscrivere e limitare i rischi alla pacifica convivenza. E al riguardo – se statistica e matematica non sono opinioni – la fonte dei rischi appare oramai per quella che è: bianca, nera, o eschimese.