La nascita del nuovo governo sta ridisegnando gli spazi dei partiti in aree politicamente disomogenee, come nel caso del centrosinistra che, a livello parlamentare, ha costituito una sorta di "contenitore" al quale afferiscono Pd, M5S e LeU. Per il centrodestra non si prospettano scenari analoghi anche perché – è il caso di FdI – quest'ultima formazione non ha dato il via libera al governo Draghi, immolandosi al ruolo di un'opposizione ben distinguibile. Questi scenari politici, potrebbero avere una loro aderenza anche nei territori dove si andrà a votare per il rinnovo dei Comuni: Lucca è una fra questi.
Risulta interessante capire se anche in questo ambito locale, possano formarsi nuove maggioranze. Si pensa, appunto, a una analoga che inglobi il M5S ma che oggi, con Bindocci, si colloca nettamente agli antipodi rispetto al modus operandi amministrativo della giunta Tambellini.
Questa ipotesi, sul versante del centrosinistra, potrebbe in realtà costituire un elemento di "disturbo" per la coalizione di centrodestra – che si presenti con un candidato di bandiera o con un esponente di una lista civica attuale (Santini?) o di futura genesi (Pardini?). Da verificare, dunque, se Bindocci ritiene, oggi, di appartenere alla minoranza dei 5stelle contraria alla fiducia nei confronti di Draghi (chiamiamola area Di Battista) e che possa escludere apparentamenti organici con chi, attualmente, governa la città.
Il centrodestra lucchese, invece, potrebbe contare sul senso di coerenza rappresentato dal partito di Giorgia Meloni, dichiaratamente oppositore – seppure con note prudenti a livello nazionale – sia a livello romano che, tramite i suoi esponenti locali (Martinelli in primis) all'amministrazione uscente a trazione centrosinistra nei confronti della quale, l'opposizione è a tutto campo.
Una partita delicata, insomma, dove anche le indicazioni nazionali potrebbero, oggi più di un tempo, rappresentare nuovi equilibri, nuove aggregazioni.
Sappiamo altresì che le elezioni comunali hanno una specificità dettata dal consenso dei candidati, dalla loro radicazione sul territorio; e da quanto, ovviamente, conta il dissenso nei confronti dell'amministrazione uscente. Tutto questo, almeno fino a quando i partiti daranno corrente all'azione di Draghi: non prima, immaginiamo, dell'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Dopodiché, la musica cambierà.