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OKALIO Mining: Providing investors with stable cryptocurrency mining opportunities amid global economic uncertainty
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In un contesto in cui il potere d'acquisto si sgretola sotto il peso dell'inflazione italiana, ogni settore economico viene messo alla prova. Il gambling, da sempre sensibile agli…

"Dibattito politico spettacolo non proprio edificante"
Sabato scorso 5 aprile a Balbano presso il Circolo locale ho assistito, purtroppo, ad uno spettacolo indecoroso che ha il solo scopo di allontanare i cittadini dalla politica.

I cacatua sono considerati i migliori amici uccelli dell’uomo
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento inviatoci dal collega e amico Maurizio Guccione sull'attuale, drammatico momento in cui si trovano il nostro paese e, conseguentemente, anche la nostra quotidianità:
Caro direttore,
io vivo il privilegio di pochi, abito in una zona dove la restrizione della piccola resede o del balcone, ancora peggio, è remota e per questo mi consente una qualità della vita migliore. Da questa oasi, si assaporano i profumi di una vaga primavera, del sole da confinati, di luce circoscritta a un arco di visibilità propria della vista soggettiva.
E' un sole che lascia sul corpo il macigno dell'impossibilità, della costrizione: non siamo in guerra, non è scoppiata la centrale nucleare di Chernobyl, siamo – almeno a questa latitudine – in tempo di pace. Ma le privazioni scaturite dagli obblighi e soprattutto dal buon senso perché la malattia non ci porti via, è qualcosa di disperante, qualcosa che i saggi adulti faticano a spiegare ai bambini, così pronti, ogni giorno, ogni ora, a dare risposte concrete in termini di libertà: chi, meglio di un bambino, spiega ad un adulto il significato di libertà, di gioia o spensieratezza?
Non lo fanno con la giurisprudenza in vigore; non lo fanno mendicando una norma: lo fanno esercitando il potere massimo della libertà, della scoperta quale conoscenza prima, utile inizio di crescita formativa che non prevede muri, ordinanze, divieti. Un'anarchica forma giusta di libertà, quale esercizio irrinunciabile. Ecco cosa fanno i bambini. A loro, dovremmo dedicare tutta la nostra energia a spiegare questo triste momento; io l'ho fatto, ieri, oggi, per far capire i pericoli derivanti dalle guerre.
Ma con questa pandemia, francamente, non si trovano le parole: ti senti schiacciato anche tu adulto, tu che devi (o dovresti) aiutare i tuoi figli, i tuoi nipoti, a comprendere questa forma di paralisi (temporanea, certo) della libertà individuale. Non è facile. Ed è innaturale. Innaturale perché chi, della mia generazione, è cresciuto con la guerra alle spalle, studiata e approfondita sui tanti libri di storia e analizzata, ancora di più – da cultori – nei saggi non soltanto storici ma anche sociologici, oggi, ecco, fatica a tradurla nella prassi quotidiana. Se vi fosse un bombardamento, insomma, oggi saprei che cosa dire ai miei figli e, dato che sono prossimo, anche alla mia nipotina Felin in arrivo in terra d'Olanda: ripariamoci, parvulos, non usciamo e cerchiamo di non esporci alle furie belliche. Oggi no.
Oggi il nostro nemico è dato da un virus e in quanto tale, difficile – quanto meno – da affrontare. Allora penso che dal dopoguerra a oggi, dobbiamo aver vissuto, chi più chi meno, una realtà troppo semplice da elaborare: la crescita, il boom economico, la chimera del benessere. Tutto in divenire con lo spirito di chi ha affrontato il peggio dello scibile umano e che oggi, appunto, tira dietro le spalle. Invece no.
Abbiamo soltanto saputo accumulare, ci siamo riempiti le fauci e le dispense di cose e valori superflui e oggi, sì, oggi, che ci appaiono davanti gli occhi i pacchi di solidarietà alimentare, le questue per aiutare chi ne ha bisogno, le elemosine pelose anche nei confronti di chi avrebbe dovuto amministrare la cosa pubblica e lo ha fatto male, malissimo direi, solo oggi riusciamo a capire (ma quanto durerà?) che la vera ricchezza è data dal saper costruire una società diversa, dove il consumo inizia e finisce nel momento in cui, in un Paese, la salute è piena oppure si infrange su un banalissimo virus.
Ecco quanto siamo grandi e potenti, quanto la supremazia di una civiltà su un'altra può contare: un soffio, un alito di vento che spira nella direzione sbagliata e la tua vita, piena, ricca e insaziabile, si riduce a dover far conto di un'elemosina.
Costruire un domani più equo servirebbe non tanto a sconfiggere le epidemie bensì a far progredire l'umanità con una consapevolezza comunitaria in grado di non negare certi diritti che, oggi come ieri, fanno la differenza tra vivere o morire. Valori di ieri, valori di domani. Oggi tocca a noi affrontare il futuro.
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Caro direttore, mi sembra che lei proponga due tesi:
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Il contagio a Lucca è quasi scomparso. Da cui l’appello a riaprire.
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Altrimenti ben più numerose saranno le vittime economiche che mieterà la clausura imposta, non solo quella domiciliare, ma soprattutto quella aziendale.
Mi lasci aggiungere di mio che ieri sera i numeri in Italia erano: contagiati 124.000. (0,0020%dei compatrioti) deceduti 15.300 (0,00025%). In sé i numeri e le percentuali sono statisticamente irrilevanti. Nasce il dubbio che in realtà entrambi i numeri siano superiori: mi tengo il dubbio a futura memoria. E comunque al di là della statistiche, questo contagio ci impaurisce e ha spinto i governanti del mondo intero a cautele mai viste in epoca moderna.
Circa la sua prima tesi. A me pare che il coronavirus ci costringa a modelli di vita del passato: la quarantena viene da tempi remoti ma, per quanto dura, pare essere tuttora l’arma anticontagio più efficace.
L’obbligo di rimanere in casa ci riporta alla convivialità familiare degli avi. Porta voi lucchesi alle narrazioni pascoliane dei Canti di Castelvecchio, davanti al camino o alla stufa, con le varianti moderne della TV, di Internet, compreso il flagello dei socialnetwork che spesso sono il lato oscuro della modernità comunicativa.
Però è vero quello che dice: provoca anche meno idilliche liti familiari, comporta il dover stare spesso in 3 o 4 dentro a 50 metri quadrati per settimane, obbliga a modelli di vita dimenticati e coattivamente ripristinati: quante liti, quanti malumori, quante rinunce!
Ma c’è rinuncia e rinuncia.
Quelle dei nostri patinati figli: non possono più andare in discoteca, nè a bere un drink cazzeggiando nei tardi pomeriggi agli apericena, perfino la partita domenicale gli è negata.
Quelle di vecchi e bambini che aspirerebbero a una boccata d’aria o a una pausa della clausura cui sono costretti da settimane.
Quelle di chi vuole lavorare, anche perché non può farne a meno se vuole mettere in tavola un piatto di minestra non essendo un immigrato né avendo diritto a starsene sul sofà a percepire il reddito di cittadinanza,
Si tratta di rinunce ben differenti. E mi pare che questo sia il nucleo del tuo ragionamento. Su cui convergo ma solo nelle due fattispecie finali.
Riassumendo: se la quarantena è l’unico mezzo certo per contenere il contagio, vale la pena mandare giù il boccone amaro e starsene in casa.
Ma se la quarantena ti prospetta un futuro di fame e miseria, allora parliamone, come sta facendo lei.
Le prospettive future si sommano alle angosce presenti e non aiutano a vivere bene.
Neanche aiutano i progetti economici enunciati giornalmente da chi ci governa. Possiamo dire: finora decreti tanti, ma soldi neanche un po’. E coi decreti non si mangia.
Alla fine questa è la paura di chi vive del proprio lavoro che oggi non può svolgere. C’è di mezzo la diabolica burocrazia per la quale un timbro vale più di mille pasti. C’è di mezzo la disponibilità finanziaria, i soldi. L’Italia ne ha pochi da spendere di suo e l’Europa dei sovranisti, tanto silenziosi quanto concreti ed efficaci, non vuole scucire un centesimo coperto da garanzie comuni. Perché alla fine tutto il can can sui corona o euro bond si riassume in due righe: gli euro o corona bond sarebbero debiti fatti da tutti i 27 Paesi della U.E. Debiti comuni da pagare insieme, mentre gli euro che l’Italia potrebbe prendere dal famoso MES o gli acquisti che fa la BCE di BOT o CCT italiani sono debiti solo degli italiani che se li devono pagare da soli.
Una bella prova di solidarietà.
Ma l’Italia se la merita tutta la solidarietà che chiede? Se per esempio ci siamo incartati col codice degli appalti, che risponde al modello del duo Travaglio/Davigo: “Gli italiani sono tutti delinquenti fino a prova contraria”, oppure al delirio grillino della decrescita felice, è colpa di Germania od Olanda o colpa nostra? Fatto sta che in un momento di autentica fame di lavoro e di investimenti pre e soprattutto post contagio, ci sono quasi 100 miliardi che ci guardano inerti dai cassetti dei ministeri romani.
Per esempio ieri, in quanto presidente di una impresa, ho dovuto firmare un DUVRI (Documento Unico di Valutazione Rischi di Interferenza)
Come sanno tutti quelli che fanno il mio mestiere si stratta di un arnese diabolico, unico al mondo, che è disciplinato da n° 69 atti normativi il primo dei quali risale al 1956. Si tratta di prevedere i rischi futuri che potrebbero interferire nella esecuzione di un appalto, con le relative responsabilità a solo cario dell’imprenditore.
Di queste diavolerie è cosparso il cammino degli italiani che fanno impresa, grande o piccola che sia.
Che senso ha tutto il discorso? Il senso è che questo dannato coronavirus farà purtroppo vittime ancora per qualche tempo, piangeremo insieme i caduti, ma poi la vita riprenderà e dovremo affrontare tempi duri.
L’ottimismo suggerisce che questa disgrazia potrebbe fornire all’Italia l’occasione tanto attesa di eliminare almeno una parte delle regole che opprimono chi vuole lavorare. Il pessimismo suggerisce che le regole rimarranno. Qualche nostalgico ha cominciato a suggerire una ulteriore nazionalizzazione dell’economia, anzi questo governo, nel generale silenzio ha nazionalizzato l’indecente Alitalia. Se questa è la ricetta per uscire dalla crisi economica che il contagio ci garantisce, si salvi chi può.