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Giocare alle slot online: cosa sapere sulla tassazione dei bonus in Italia
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Lezioni private Lucca: esperienza e professionalità per ogni esigenza
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Lavorare con le Onlus: cosa sapere
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Serie A, Verona-Inter: gli scaligeri ospitano i nerazzurri
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Nations League, il girone dell’Italia: risultati e classifica finale
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Il tempo si è fermato nel mondo senza pace di Elena Ceste. Ha bloccato le lancette di quei giorni colmi di angosce e spaventi. Nulla sarà mai come prima ma forse quel nulla incarna il riflesso di Costigliole d’Asti, terra misteriosa ed incatenata nei suoi lunghi silenzi.
Cari lettori, torno nuovamente sulla scena di un crimine che continua a spaccare l’Italia. Una di quelle tragedie che spezzano cuore e vita e che non si stancano mai di far parlare di sé. Torno a parlarvi di Elena Ceste e di Michele Buoninconti. E torno a parlarne perché forse saranno i protagonisti inconsapevoli di una pagina nuova della storia del crimine del nostro Paese.
Ormai mi conoscete da quasi due anni. La mia rubrica talvolta unisce, talvolta divide. Non sono un mistero le continue minacce che ormai pervadono la mia bacheca social e la redazione del mio giornale. Questa stessa mattina ho ricevuto nuove intimidazioni. Intimidazioni di soggetti che minacciano “di presentarmi il conto”, di “tenermi d’occhio” perché ho “osato” rivelare aspetti o raccontare episodi che dovevano rimanere nascosti nei meandri del tempo. Siamo in Italia, ormai non mi stupisco più. Siamo abituati a capi ultras che si contendono la scena. E purtroppo non soltanto negli stadi. Oramai, chi segue il crimine, ti chiede : “ma tu, sei innocentista o colpevolista?”. È la nostra realtà e tentare di combatterla produce lo stesso effetto di Don Chisciotte contro i mulini a vento. Per questo non intendo ridurre questo numero della mia rubrica ad una sorta di volantino “pro questo” o “pro quello” (al massimo “pro reo”). Non un baluardo innocentista o colpevolista. Voglio soltanto farvi indossare gli occhiali del giurista per ripercorrere a ritroso una drammatica vicenda.
Lui è Buoninconti Michele. Lei è Ceste Elena. Il primo è stato condannato a trent’anni di carcere per l’omicidio della seconda. E come più volte ho cercato di sottolineare la sua condanna non può dirsi, a mio avviso, affermata al di là di ogni ragionevole dubbio. Ho già avuto modo di raccontarvi il perché ma, per spiegarvi cosa accadrà la prossima settimana, voglio ricapitolarne i tratti salienti.
L’art. 533 c.p.p è a mio avviso la cosa più bella e più alta che il nostro ordinamento giudiziario ci riconosca. Oltre al ragionevole dubbio, però, c’è un altro principio fondamentale espresso dal brocardo latino “in dubbio pro reo”: nelle situazioni di incertezza, nelle quali non è possibile attribuire con certezza un fatto criminoso all’imputato, il giudice deve privilegiare la tutela di quest’ultimo.
Prima di parlare della posizione del Sig. Buoninconti voglio portare l’attenzione su alcuni elementi che non sono mai arrivati agli onori (o agli oneri) della cronaca. L’ho detto. Non è un baluardo innocentista, ma nemmeno colpevolista. Dunque cosa abbiamo in tavola? Anzitutto una giovane donna che ha lasciato questa terra nel fiore degli anni quando aveva ancora un lungo percorso davanti a sé. Abbiamo una donna che intratteneva relazioni extraconiugali con tre uomini scelti non casualmente (due lontani da casa, uno il padre del compagno del figlio). Abbiamo un messaggio inviato a Gian Domenico Altamura qualche mese prima della sua scomparsa “hai creato in me una violenza psicologica che porta al suicidio. Ti definivi rimbambito per essere gentile. Io provo solo pietà di fronte al male ho solo la pazienza che mi rende forte e i miei figli che mi danno la vita ” e abbiamo ancora le testimonianze di uno degli amanti e del suo ex compagno Guido Garrone. Entrambi la definivano “sessualmente parlando, molto disinibita, le piaceva l’erotismo. Appariva molto libertina e saltellava da un rapporto ad un altro”.
Ma perché parlare della vita privata di Elena Ceste. Elena forse era vittima di un profondo stato di turbamento emotivo? Sicuramente, anche il parroco del Paese, Don Zappino, aveva ricevuto confidenze dalla donna che “si sentiva sulla bocca di tutti”. Hanno definito Buoninconti un uomo geloso e possessivo. La Ceste una donna succube e non in grado di condurre la propria vita a causa della presenza ingombrante del marito. Però aveva diversi amanti. Mi sfugge un passaggio.
Non mi stanco neppure questa volta di ripeterlo: non abbiamo una causa di morte. E questo è agli atti: “I medici legali dott. Romanazzi e dott.ssa Maria Gugliuzza, pur precisando che lo stato dei resti, che non presentavano lesioni ossee evidenti, non era tale da evidenziare con certezza la causa della morte, erano tuttavia pervenuti alla conclusione di attribuirla ad asfissia non avendo concreta possibilità di essere sostenuta ogni ipotesi alternativa”. (pag. 10, sentenza Corte D’Assise d’ Appello di Torino). Dunque, nessuna evidenza scientifica depone per la causa di morte di Elena Ceste. Per esclusione, però, questa viene ricondotta all’azione omicidiaria di Buoninconti.
Altro aspetto fallace di tutta la faccenda è il mancato espletamento di analisi tecnico-scientifiche, in specie quelle genetiche. Se la causa di morte è ignota, perché non tentare di isolare tracce biologiche? Ai posteri l’ardua sentenza. Ai posteri non tanto. Il prossimo 4 febbraio presso l’Università di Tor Vergata di Roma si svolgeranno le analisi proprio dei campioni di materiale biologico rinvenuto nel cortile adiacente all’abitazione Ceste/Buoninconti dal Dott. Eugenio D’orio, consulente tecnico del secondo. Trattandosi di accertamenti potenzialmente irripetibili, la difesa ne ha dato avviso alla Procura ed alle parti offese, invitando questi a prendervi parte, coadiuvati dai rispettivi consulenti. Si cercano nuove prove, quindi, affinché il condannato possa esercitare – come in tal senso ammette il codice di rito – il mezzo di impugnazione straordinario della revisione. Esso, chi opera nel settore dovrebbe ben saperlo, è esperibile senza limiti di tempo e presuppone che vi sia una vicenda processuale già conclusasi con un giudicato. Il dottor D’orio, oltre a ribadire l’importanza di indagare elementi mai analizzati durante le indagini, ha dichiarato: “L’avviso alla Procura ed alle parti offese, oltre ad essere imprescindibile per la prevedibile irripetibilità degli accertamenti, era doveroso per garantire quel contraddittorio tra le parti che il codice di procedura penale mira a garantire. Quanto al resto, io credo molto nella scienza e nel supporto che questa può dare in sede di indagine. E come tutta la mia squadra, mi auguro che possa affermarsi tanto anche per il caso Ceste Buoninconti”.
Tirando le fila, la verità non ha mai paura della menzogna e quindi presenterà irrimediabilmente presto il suo conto.
Nella foto la criminologa Anna Vagli
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Riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera, a firma di Mariolina Coppola, presidente Nazionale del Soroptimist International d’Italia, inviata al presidente della Rai.
Gentile Presidente,
per giorni ho valutato la scelta di intervenire come Soroptimist International o lasciare che la Rete della Parità, di cui siamo fondatrici portasse il nostro messaggio. Eravamo impegnate in un convegno di livello nazionale dal titolo “Divario di genere: cambiamo le regole” di cui le ho girato l’invito giorni fa.
Le scrivo perché prenda una posizione netta, coraggiosa, responsabile. Non perché boicotteremo il Festival, è di queste ore l’hastag #iononguardosanremo, ma perché il Festival non può boicottare il nostro lavoro di ogni giorno, anzi dovrebbe essere un nostro alleato. Non so che decisioni abbia preso, non so quali siano gli interessi economici e i poteri forti. So che il Festival potrebbe essere l’occasione per diffondere cultura di genere e le canzoni possono incidere più di tante parole e azioni, rimanendo nell’immaginario collettivo per generazioni.
Quando sono stata a Ginevra a fine ottobre alla preparazione del Forum Generation Equality 2020, organizzato da UnWomen, in collaborazione con la società civile, ho pensato che non ci fosse modo migliore di celebrare il 25esimo anniversario dell’adozione della “Dichiarazione di Pechino e della piattaforma di azione”, facendo un bilancio sulla situazione attuale e dei progressi compiuti, mostrando esempi di buone pratiche internazionali, da poter replicare, ed elaborando un programma di misure concrete per realizzare gli obiettivi citati nell’agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile “Trasformare il nostro mondo”. La campagna intergenerazionale chiamata “Generation equality: realizing women’s rights for an equality future” confermava che la strategia del Soroptimist era il linea con gli obiettivi dell’agenda: una strategia che potesse abbracciare tutte le azioni per superare le ineguaglianze di genere per raggiungere le pari opportunità fra uomini e donne, attraverso un’azione d’implementazione, di monitoraggio e di valutazione delle buone pratiche con un patto intergenerazionale. Un atteggiamento etico e responsabile verso l’ambiente e la salute, passando dall’incremento del tasso di natalità per arrivare a uno Sviluppo Sostenibile. Erano mesi che mi chiedevo se la mia non fosse un’ossessione da strana femminista (come Wikipedia definisce le soroptimiste) che sentiva l’esigenza di un patto con i propri figli per raggiungere obiettivi che agli occhi di molti sembravano scontati e forse polverosi: la partecipazione politica, quella alle decisioni di potere, l’occupazione che calava alla presenza di giovani figli, la scelta di non metterne al mondo un secondo, la necessità di far fronte al gender pay gap attraverso un migliore bilanciamento fra vita professionale e privata, un approccio diverso per colmare il divario digitale e tecnologico, la violenza contro le donne, la mancanza di vere statistiche di genere, ma soprattutto di una vera prospettiva di genere per formulare piani strategici e mirati.
La poltrona dell’Italia a Ginevra era vuota, non c’era nessun rappresentante ministeriale, nessun giornalista italiano.
Questa coincidenza fra centinaia di donne potenti di tutto il mondo che si riuniscono all’ONU e di una giornalista di ferro che nel suo libro “Basta!” parla di determinazione e di coraggio per raggiungere il potere di cambiare le regole mi ha confermato che ogni giorno dell’anno W 364 (meno l’8 marzo) lavorerò per i diritti delle donne e che il motto scelto per la campagna antiviolenza “Orange the word Decido Io” è la dimostrazione che vecchie ragazze come me non si faranno mai rallentare per promuovere la consapevolezza della necessità di un approccio di genere per raggiungere l’eguaglianza e la parità, attraverso un vero cambiamento culturale della società.
Poi ho letto il rapporto del HCE (Haut conseil a l’egalite entre les femmes et les hommes) delle principali realizzazioni della Francia negli ultimi cinque anni. L’affermazione di una “diplomazia femminista”, con l’obiettivo di rinforzare la coerenza nella politica nazionale e internazionale nella sua dimensione economica, d’influenza, culturale, educativa e di cooperazione allo sviluppo. La strategia nazionale per l’uguaglianza fra donne e uomini (2018/2022), un obiettivo da 700 milioni di euro di cui 120 va ad aiutare i movimenti che si occupano di diritti e della condizione femminile, l’adozione di una strategia francese per i diritti riproduttivi. Scenari molto diversi, in cui i metodi egli strumenti per le azioni, sono incorporati in una prospettiva di genere in ogni fase del programma politico.
E noi?
Noi siamo invisibili, non siamo mai chiamate in trasmissioni televisive, non abbiamo mai una riconoscibilità del lavoro svolto, siamo seimila con 158 club, ignorate.
Altro che 120 milioni di euro! Il nostro infaticabile impegno è spazzato via ogni giorno da una comunicazione violenta, sessista, stereotipata, edulcorata da rari monologhi di donne o rare trasmissioni che danno valore alle Parole.
La prego di rispondermi e di non lasciare inascoltato il nostro appello. Se l’Italia è scivolata al 76esimo posto, perdendo sempre più terreno nelle classifiche di parità di genere siamo tutti responsabili.
A perdere non saranno le donne, ma l’intera società.
Facciamo ognuno la propria parte, dividiamoci le responsabilità per incidere veramente per un cambiamento culturale.
Alcune informazioni
Dal 1 ottobre, data in cui mi sono insediata, abbiamo raccolto 33.000 euro, procurandoci dei tessuti e facendo realizzare delle shopping dalle donne recluse, devolvendo tutto alla Cooperativa Alice (per il carcere di Bollate), il nostro regalo solidale.
Abbiamo rinnovato il protocollo con il Ministero della Giustizia e il Dap per continuare a lavorare nelle carceri e nelle case circondariali con corsi di formazione al lavoro. Abbiamo raccolto 7.000 euro per la Fondazione Corti col fine di garantire un sostegno alle donne che partoriscono al St Mary’s Hospital Lacor in Uganda. Abbiamo ottenuto dal Teatro San Carlo parte del ricavato di una prova generale della Tosca (21gennaio 2020) per realizzare con Unicef Baby Pit Stop nei musei con giardini. Abbiamo raddoppiato il numero delle ragazze (200) under 28 che frequenteranno quest’anno fra febbraio e marzo gratuitamente, il corso della SDA Bocconi Leadership 4.0, grazie anche a un contributo della Fondazione Bracco rivolto a ragazze del Sud. Abbiamo avviato corsi di Educazione Finanziaria (Alfabetizzazione economica per le donne in difficoltà) con Banca Italia firmando un protocollo con Annamaria Lusardi che dirige il Comitato italiano per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria.
Abbiamo realizzato 140 posti protetti chiamati “Una stanza tutta per se” nelle caserme dell’Arma dei Carabinieri per raccogliere le denunce delle donne, vittime di violenza, attraverso impianti audio e video in un ambiente tranquillizzante, ma soprattutto firmato un protocollo molto articolato con il Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, Giovanni Nistri, che ottimizza il lavoro svolto fin qui. Abbiamo anche firmato un protocollo con l’Ambasciata britannica per diffondere in queste stanze materiale ad hoc per le cittadine straniere che hanno subito violenza. Una sorta di vademecum per orientarsi meglio in caso di difficoltà curato dal corpo consolare per superare le difficoltà che spesso incontrano le cittadine straniere, a causa d’incomprensione linguistica e di fraintendimenti culturali. Abbiamo incontrato altre ambasciate anglofone e continueremo a cercare di estendere il progetto a tutte. Ho incontrato la Ministra Bonetti, al Ministero delle Pari Opportunità, in un colloquio privato e dedicato esclusivamente al Soroptimist per proporle l’istituzione di un garante autonomo e/o di un’authority per le Pari Opportunità, al di la della discontinuità dei ministeri altalenanti e delle commissioni parlamentari. Abbiamo un progetto molto strutturato “Educational nuove generazioni” rivolto a bambine e bambine, a ragazzi e ragazze under 18, in collaborazione con Fondazione con il Sud, mirato a diffondere, tramite la famiglia e la scuola, cultura e consapevolezza sul tema dell’uguaglianza di genere, intesa come valore inclusivo della Diversity. Il nostro protocollo con il Miur e il nostro tavolo paritetico sono dedicati a questi obiettivi strategici. L’edutainment - insegnare divertendo e imparare divertendosi - è una metodologia che si rivela, infatti, sempre più efficace. Ho incontrato la ministra Bellanova al Ministero dell’Agricoltura per sottoporle una mia idea progettuale, ancora in fieri, sulle start up (femminili) tecnologiche in agricoltura. Lavoriamo con la commissione sul femminicidio del Senato e siamo state invitate dalla Presidente più volte in audizione. Abbiamo un bando “Talenti della musica” per destinare borse di studio attraverso una selezione accuratissima dei Conservatori alle giovanissime musiciste. Abbiamo creato un e-club che si occupa di empowerment e di leadership con ragazze under 35 che lavorano in tutta Europa, le Soroptimist Net Lead. Abbiamo avviato corsi per mentor e mentee per un progetto di mentoring fra le nostre socie e loro. Abbiamo firmato un protocollo con la cattedra Unesco presieduta dalla professoressa Anna Maria Colao “Educazione alla Salute e allo Sviluppo sostenibile” della Facoltà dell’Università Federico II di Napoli per diffondere tramite i nostri 158 club sparsi in tutta Italia, materiale scientifico e divulgativo sugli stili di vita e le buone prassi per un cambiamento culturale. Abbiamo pubblicato un numero tematico Empowerment della nostra rivista “La voce delle donne” che trova sul sito www.soroptimist.it
Con i miei più cordiali saluti.
Mariolina Coppola
Presidente Nazionale del Soroptimist International d’Italia