«Auspichiamo che la Corte Costituzionale rigetti la questione di legittimità avanzata dal Tribunale di Lucca sulle norme che vietano di riconoscere come madre di un figlio anche la compagna della donna che lo partorisce, cosiddetta "madre di intenzione". Diversamente, saremmo di fronte all'ennesimo tentativo di scardinare l'ordinamento giuridico italiano per imporre l'agenda politica Lgbtqia+, scavalcando il Parlamento espressione della sovranità popolare. Ciascun essere umano nasce da un uomo e una donna e ha il diritto a una madre e un padre. La fecondazione eterologa per coppie dello stesso sesso, fondata su un deplorevole commercio di gameti umani, è illegale in Italia perché scardina il paradigma naturale della genitorialità e della famiglia. Non esiste il diritto di avere un figlio ad ogni costo, né il diritto di essere riconosciuti come madri o padri di un figlio in base a un egoistico "progetto familiare" che viola i diritti fondamentali di altri esseri umani».
Così Jacopo Coghe, portavoce di Pro Vita & Famiglia sulla decisione dei giudici del Tribunale di Lucca di appellarsi alla Consulta affinché si pronunci sulla legittimità costituzionale degli art. 8 e 9 della legge 40/2004 e dell'art. 250 codice civile laddove "impediscono l'attribuzione al nato dello status di figlio anche alla madre intenzionale" non solo a quella biologica.