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Scritto da Redazione
Cronaca
04 Giugno 2020

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C'è qualcosa di strano che non torna in  tutta questa vicenda, ossia nella rimozione degli antichi arredi della ex profumeria Ristori. I tre soci che gestivano la cioccolateria, attiva fino a marzo e, poi, chiusa per lockdown e non più riaperta, hanno dichiarato di aver portato via tutti gli arredi antichi per proteggerli ed evitare che il prossimo affittuario del locale di via Fillungo potesse in qualche modo danneggiarli o liberarsene. Gli arredi, a quanto pare, saranno montati in un altro negozio chissà quando e chissà dove. Perché, però, i tre soci non hanno lasciato gli arredi dov'erano? Probabilmente per due motivi: o ne erano i proprietari oppure vantavano, forse, dei crediti che hanno compensato con  la presa di possesso degli arredi.

La soprintendente Angela Acordon, tuttavia, proprio qualche minuto fa ha gettato una luce significativa su questo episodio e ne trascriviamo integrale il testo della dichiarazione:

Gentilissimo direttore, forse ci hanno chiesto informalmente se i beni erano vincolati e noi, ingenuamente e correttamente e informalmente, perché io non ho firmato nulla, abbiamo detto di no! Ma certo non ci hanno detto di fare il vincolo o di aiutarli nella tutela perché lo avremmo fatto, seppur nella difficoltà del Covid e dell'essere in persone 22 su 50 previste. Perché la colpa è sempre nostra e nessuno ci aiuta? La tutela, secondo il codice dei beni culturali, appartiene, ormai, a tutti, anche e soprattutto alla proprietà!

Ma vi rendete conto di che cosa è accaduto? E' come se dal negozio Umberto Tenucci o dalla gioielleria Carli qualcuno avesse preso gli arredi e se li fosse portati a casa. A parte che essi, probabilmente, sono sotto vincolo della soprintendenza, ma se ci pensate bene gli arredi della ex profumeria Ristori sono stupendi e antichi e meritavano ben altra considerazione e tutela. Invece né la proprietà si è occupata né preoccupata di chiedere il vincolo e lasciarli dov'erano, né il comune, attraverso un uomo di cultura come Tambellini - professore di filosofia - e altri insegnanti nella sua giunta, si sono preoccupati, oggi di intervenire su questo ennesimo pezzo della città che è stato smembrato e portato altrove sia pure per proteggerlo: ma da chi scusate? Se fosse stato vincolato non ci sarebbe stato alcun timore.

Allora, la soprintendenza niente sapeva, il comune niente ha voluto sapere, la proprietà ancora meno e alla fine uno dei più bei negozi di via Fillungo non esiste più. 

Povera Lucca come ti hanno ridotto! E lo dice uno che non è nato né cresciuto in questa splendida città che sembra essere sempre più simile ad un suk o a un centro commerciale privo di qualunque identità. 

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