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Scritto da Redazione
Cronaca
30 Maggio 2020

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Ci risiamo. Senza alcuna prova certa, senza alcuna evidenza scientifica, i burocrati dell'istituto Superiore di Sanità, i famigerati oracoli del rischio zero, continuano ad imporre gravose e talvolta impossibili condizioni agli imprenditori ed allo sport. Mi riferisco all'obbligo della sanificazione certificata per gli impianti di aria condizionata e per gli impianti di trattamento aria. Al momento, non vi sono certezze sul fatto che dopo un percorso all'interno delle canalizzazioni di tali impianti, il virus, rientrato nell'ambiente, se rientrato, continui ad essere aggressivo. Quindi, mancanza di prova, come prova a sostegno.

Vorrei raccontare un episodio realmente avvenuto che rende bene l'idea. Circa un secolo fa, alcuni docenti di storia della navigazione, nelle università del Portogallo, svilupparono una bislacca teoria: i navigatori portoghesi avevano anticipato i vari Cristoforo Colombo, Giovanni Caboto, Giovanni da Verrazzano, Ferdinando Magellano (che pur essendo portoghese navigò per il re di Spagna) nelle loro scoperte geografiche, e questo senza che mai fossero state rinvenute la mappe come prova a sostegno. Come mai, secondo questa bislacca teoria poi distrutta, la mancanza delle mappe? La spiegazione di questi professori era semplice: i portoghesi erano i migliori navigatori del mondo e quindi, una volta effettuate le scoperte e disegnato le mappe, le distruggevano prima che cadessero nelle mani della concorrenza, all'epoca spietata, ma non competente come erano invece i portoghesi. Come disse il professor Samuel Eliot Morison, forse il maggior esperto di tutti i tempi sull'argomento, si era di fronte all'assurdo: la mancanza di prove, come prova a favore.

Se Morison fosse ancora vivo avrebbe trovato altri esempi. I burocrati dell'Istituto superiore della sanità, senza evidenze scientifiche, continuano a chiedere la Luna agli imprenditori. Richieste che, tanto per rincarare la dose, stanno seriamente mettendo a rischio molte aperture di impianti sportivi. Se durante l'estate gli impianti di trattamento aria possono rimanere fermi, durante l'inverno debbono entrare in funzione perché necessari per il riscaldamento degli ambienti. Ciò che da veramente irritazione è che l'informazione di regime, che tiene la mano al governo circense, fa passare sotto silenzio problematiche fittizie, per non dire inventate, che stanno distruggendo molte attività.

In impianti di questo tipo le canalizzazioni, lunghe a volte decine di metri, aspirano aria con sporco e batteri, aria che poi viene filtrata e re-immessa nell'ambiente "ripulita". Ma l'aria viene anche essiccata – i condizionatori alla fine sono dei deumidificatori – e riscaldata – in inverno – quindi viene depauperata delle gocce di umidità che sono alla base per la sopravvivenza dei virus. Questi, al contrario dei batteri che proliferano nello sporco e/o nell'acqua stagnante, si indeboliscono fortemente fuori del corpo umano, perdono gran parte della loro aggressività e lontano dalle condizioni ideali di temperatura e umidità - gli impianti di trattamento aria, dove le condutture a volte sono lunghe decine di metri, sono lontanissimi dalle condizioni ideali – facilmente muoiono.

Dico soltanto che i burocrati, prima di pretendere tutto e sempre, dovrebbero fare dei distinguo e chiedere riscontri sulle singole situazioni; tanto pagano gli imprenditori – ai cani magri, randellate! – mentre loro continuano a prendere, intoccati, i loro faraonici stipendi anche se, dopo un paio di mesi, come accaduto altre volte, si scopre che ci hanno la figura, omaggio il cinema muto, di Ridolini. Imprenditori i quali, faccio notare, stanno subendo dal governo circense, tali vessazioni che, per parafrasare il Direttore, neanche al maiale sarebbe giusto imporre.

Prima che qualcuno si faccia delle illusioni sappia che il credito d'imposta del 60% su tali interventi non esiste. Il governo circense, che come al solito con una mano prega e con l'altra ti frega, ha messo il tetto complessivo di 200.000 milioni di euro, tetto che andrà esaurito in un battito d'ali.

Nella circolare n.17644 del 22 maggio 2020 del ministero della salute è riportata una tabella relativa alla persistenza del virus su superfici inanimate, preceduta dalla seguente dizione: Dati sperimentali più recenti relativi alla persistenza del virus SARS-CoV-2 sono riportati nella tabella seguente: tuttavia bisogna considerare che i dati in essa riportati, essendo generati da condizioni sperimentali, devono essere interpretati con cautela, tenendo anche conto del fatto che la presenza di RNA virale non indica necessariamente che il virus sia vitale e potenzialmente infettivo.

Lo stesso ministero afferma che i dati sperimentali riproducono condizioni ideali e quindi – aggiungo io – nella realtà i tempi di sopravvivenza sono molto minori. Ma si può dire di più. Quando la tabella dice che sul legno sono state ritrovate particelle infettanti di virus a distanza di un giorno – ribadisco, in condizioni ideali – non dice la percentuale di colonie che dopo un giorno sono sopravvissute. Mi spiego. Se metto mille colonie sul legno ed il giorno dopo ne trovo soltanto 50 che sono aggressive, questo vuol dire che il virus ha il 5% di probabilità di sopravvivere per un giorno intero.

Si chiede di spendere migliaia di euro per azzerare un rischio – da qui il nome di oracoli del rischio zero – che di suo è, nella maggioranza dei casi, trascurabile. D'altronde non si può chiedere a burocrati graduati dalla politica, con competenze, sempre che mai ne abbiano avute, ridotte a zero – tanto, zero più, zero meno - di esibirsi in concetti tecnici, scientifici o, peggio ancora, in calcoli probabilistici.

Il rischio di morire in un incidente automobilistico è, in Italia, pari a 15 su 100.000. Tradotto: ogni volta che mi metto alla guida della mia auto ho 15 probabilità su 100.000 di morire. E non si impone alle case automobilistiche di mettere – esempio – il limitatore di velocità ad 70 Km/ora su ogni auto per ridurre quel rischio. Perché si tratterebbe di una vessazione inaccettabile, perché il rischio di mortalità è ritenuto accettabile e perché la lentezza degli spostamenti comporterebbe un danno maggiore del beneficio che ne risulterebbe. In questo caso invece si impone di spendere fior di quattrini per ridurre il probabilità di contrarre il Covid-19 – si badi bene, non di morire! – che magari si scopre essere dell'ordine di 10 su 100.000!

Cosa volete cacciar fuori da personaggi che, imponendo ai medici di seguire i protocolli nella cura del covid-19, hanno ingrossato il numero dei morti. Non occorre essere laureati per sapere che, anche quando si conosce bene una malattia, ogni paziente risponde alle cure in modo diverso, che la cura deve essere, prima di tutto, sintomatica. E' quindi sbagliato in radice imporre un protocollo medico quando si parla di clinica – ma troppe volte la carta è il rifugio degli incompetenti – figuriamoci di fronte ad una malattia quasi del tutto sconosciuta. Ed infatti molti medici si sono rifiutati di seguire i protocolli pagliacci – altrimenti, se i laureati sono obbligati a seguire dei bovini fogli, cosa hanno studiato a fare? – ed in questo modo hanno cominciato a portare a casa risultati positivi ed a salvare i pazienti. Domandatevi perché, inizialmente, non venivano fatte le autopsie e perché venivano rapidamente cremati i cadaveri.

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