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Scritto da andrea cosimini
Cultura
16 Luglio 2022

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In quanti capiscono i testi di Marracash? Sul serio: in quanti? Ok, per i fans sono vangelo. Ma gli altri? Quelli che, distrattamente, fischiettano il motivetto di un suo ritornello o, magari, intonano la hit di una stagione: sanno almeno cosa c'è dietro la maschera del rapper milanese con radici siciliane? Hanno mai provato ad ascoltarsi un suo disco dall'inizio alla fine cercando di carpirne il messaggio? Hanno mai letto, con attenzione, le frasi delle sue canzoni?

La risposta, ovviamente, è no, ma non stupisce: vale un po' per tutti gli artisti che hanno avuto un minimo di successo, la cui fama supera di gran lunga la propria comprensione; però, nel caso di 'Marra' (come lo chiamano - affettuosamente - i suoi seguaci), questo discorso sembra più vero che per altri: in quanti, ad esempio, si ricordano il tormentone estivo del 2008, Badabum cha cha, o quello del 2010, Stupido, seguito dall'altro, Rivincita, con l'allora astro nascente Giusy Ferreri? Sicuramente in tanti. Ma in quanti ne hanno compreso, nel profondo, il significato e sono andati oltre il semplice ritmo? In quanti?

Marra è uno dei più bravi scrittori italiani. Nella musica, si intende. D'altronde, il panorama discografico è talmente arido che, quando un cantautore (nella vasta accezione di 'interprete dei testi che scrive') ancora si dedica con ossessione all'unire forma e contenuto, subito emerge dalla massa e fa notizia. Ma come: non basta fare skrt-skrt e dopare le registrazioni con dosi massicce di autotune per potersi definire un artista? Evidentemente no. E Marracash è lì a dimostrarlo.

Sul palco del Lucca Summer Festival i suoi fedelissimi lo aspettavano da due anni, ovvero, da quando è scoppiata la maledetta pandemia che ha messo in ginocchio il mondo. Due rinvii che, però, non hanno fatto altro che incrementare l'hype intorno alla figura di questo eccentrico personaggio autoproclamatosi (senza smentite, al momento) 'king del rap'.

Ne aveva di roba da dire Marra. Anche perché, nel frattempo, ha scalato le classifiche italiane con ben due album di stupefacente successo: Persona (2019) e Noi, loro e gli altri (2021). Il tour estivo, intitolato Persone, in realtà può essere considerato un 'doppio tour' o, se si vuole, un compendio di due 'tour' che, in realtà, non ci sono mai stati. 

La scaletta, però, non ne ha risentito troppo; è stata, tutto sommato, lusinghiera: Marracash ha suddiviso lo show in quattro parti, dando, ovviamente, risalto principalmente ai due ultimi lp, ma senza scordarsi dei 'vecchi' successi. Un inizio adrenalinico e vertiginoso, con le due 'intro' Loro Body Parts, e l'autocelebrativa Pagliaccio (sull'aria lirica di Vesti la giubba), rinforzata dall'impietosa Cosplayer. Poi un excursus tra le hit, dalla recente Crazy love alla precedente Bravi a cadere, fino al riconoscente omaggio ad un mostro sacro del rap italiano, Frankie Hi-Nrg, autore di quell'immortale pezzo che è Quelli che benpensano (rivisitato da Marra, in chiave moderna, e ribattezzata Quelli che non pensano). Quindi il nichilismo, con Giorni stupidi, e la confessione a cuore aperto: da Nulla Accade a Dubbi, fino a Laurea ad honorem. A chiudere la prima parte, infine, due brani profondi come G.O.A.T. e, soprattutto, Io (sul campione de Gli Angeli di Vasco Rossi).

La seconda parte, preceduta da una breve pausa, ha visto ritornare l'artista alle origini, ovvero senza band a supporto, ma con solo la consolle alle spalle e un dj (il fido Marz) al mixer. Marra, griffato Adidas dalla testa ai piedi, ha proposto un breve medley composto da: Supreme, A volte esagero, La chiave, King del rap, Scooteroni, Cashmere, Sport e Salvador Dalì. Un divertente 'giro di giostra' - come lo ha definito lo stesso artista - prima del gran finale.

Tornata la band sul palco, Marra si è presentato con un elegante kimono bianco ad ha eseguito, forse, il brano più riuscito - sotto il profilo emozionale - della sua intera discografia: Crudelia. E' stato un karaoke. Ancora due brani 'cupi', ma travolgenti, come Poco di buono e Nemesi, poi un micidiale freestyle di 64 barre che ha visto l'artista quasi indemoniato al microfono: alla fine gli è scappato anche un liberatorio - e molto poco politically correct - "Porca troia" (sic!). Anima e Infinite Love hanno chiuso degnamente il concerto.

Con gli ultimi due album, Fabio Rizzo - questo il nome all'anagrafe dell'artista - ha definitivamente 'smascherato' il divo Marracash restituendo al personaggio quell'umanità sacrificata sull'altare della fama. Una mossa coraggiosa, ma che si è rivelata vincente alla luce dei risultati artistici (e commerciali). 

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