Ci saranno tutti. O quasi. Mancherà, soltanto e per cause di forza maggiore, un collega che avrebbe fatto carte false per esserci visto che di Claudio Arpaia è stato, per anni, amico e cronista di nera per la questura. Alessandro Del Bianco, ex giornalista del quotidiano La Nazione, è morto tanti anni fa, troppi, ma non abbastanza perché non venga voglia di ricordarlo. Fu anche lui a seguire, oltre agli inviati nazionali, la vicenda della piccola Elena Luisi rapita a Lucca e ritrovata grazie al lavoro di indagine proprio di Arpaia.
E il 18 settembre, venerdì, alle 17 al Real Collegio, ci sarà anche lei, ormai donna, ad assistere alla presentazione del libro Lupo di strada - Storie criminali lucchesi scritto da Manuela Antonucci che ha raccolto un'idea di Walter Farnesi. Moderatore l'avvocato Florenzo Storelli, al tavolo lo storico Umberto Sereni e, per l'occasione, il giornalista Paolo Del Debbio.
Oltre ai molti amici e conoscenti che hanno vissuto quegli anni, ci saranno, seduti nelle prime file i colleghi della Squadra Mobile di Claudio Arpaia, la sua squadra: da Carlo Alberto Di Dio a Gianna Tamilia, da Luigi Nazzicone ad Antonio Di Sotto, da Florindo Nocera a Pasquale De Carlo, da Luca Olivieri a Margherita Castellano, da Andrea Vidili a Maurizio Daddoveri, da Luciano Presenti a Laura Marchesini.
Conosciamo Claudio Arpaia da trent'anni da quando, cioè, siamo sbarcati davanti alla stazione ferroviaria di Lucca una mattina di settembre provenienti dalla capitale e domandandoci in quale posto ci avessero mai mandato. Arpaia lo abbiamo imparato a conoscere col tempo. Molto più umano di quanto non lasciasse trasparire quel suo modo di fare burbero e autoritario. Di sicuro un poliziotto di vecchio stampo, che non si lasciava passare due volte la mosca al naso, che stava dietro alla sostanza delle cose, che aveva imparato sulla propria pelle come, nel suo ambiente e affini, se non ti pari le chiappe finisci, prima o poi, per restarci fregato.
E' stato a Lucca per così tanto tempo che nessun altro è stato capace di restarci quanto lui. E se anche qualcuno - perché qualcuno c'è stato - ha provato a farlo sloggiare, soprattutto, sul finire degli anni Novanta, alla fine non c'è riuscito perché Claudio Arpaia è stato capace di imporsi e di far valere le proprie ragioni.
Questo libro è fatto di storie che si possono raccontare ha spiegato il protagonista, quanto a quelle che non si possono raccontare ancora, ne uscirà un secondo chissà quando.
Arpaia ci ha incontrato prima di annunciare l'uscita del libro e ci ha chiesto, conoscendoci, di non andare al Real Collegio e rompere i coglioni con le solite domande che finiscono per mettere in imbarazzo qualcuno e far casino per tutti. Abbiamo detto che non garantiamo, ma sicuramente, se ci saremo, lasceremo la ribalta a questo simpatico personaggio che ha scelto la nostra città proveniente da Cosenza per vivere e crescere se stesso e la propria famiglia.
Arpaia vive da sempre in una bella casa accanto all'Acquedotto del Nottolini, a Sorbano del Giudice. Noi che a quelle latitudini abbiamo vissuto un decennio, passavamo spesso davanti casa sua con i nostri due boxer che litigavano, attraverso il cancello, con il suo. Amante dei cani, condivideva con noi l'amicizia e la professione di veterinario per Alessandro Bianchi da Altopascio che sarà anche lui alla presentazione.
Arpaia era un dirigente di polizia vecchio stampo come abbiamo già detto, che avrebbe anche potuto fare molta più carriera se solo avesse accettato di trasferirsi, ma non lo ha mai fatto. Qui a Lucca conosceva e conosce tutto e tutti, probabilmente ci saranno, ad ascoltarlo e salutarlo, anche alcuni tra coloro che lui ha contribuito, in quegli anni, a spedire al gabbio. Era un capo della squadra mobile che amava fino ad un certo punto le luci della ribalta, anzi, a volte sceglieva volutamente un basso profilo. Non andava in cerca di articoli o prebende né di consensi. badava al sodo e aveva intorno a sé una squadra di gente che era abituata a vivere per la strada, unica maestra, all'epoca, di chi sceglieva di stare dalla parte della giustizia.
Aveva i suoi difetti e qualche volta hanno anche cercato di farglieli scontare senza riuscirci. Ricordiamo quando ce lo vedemmo piombare in redazione la sera tardi incazzato come una iena a domandarci in merito a una vicenda della quale era parte in causa. Quando si incazzava non guardava in faccia nessuno e diventava una bestia. Col tempo si è addolcito, soprattutto, perché è andato in pensione.
Come tutti i poliziotti, ce lo hanno stampato in fronte, conosce l'essere umano nelle sue debolezze, in particolare, e nei suoi, pochi, pregi. Diffida per questo, a prescindere, di tutti per poi fidarsi, soltanto, di qualcuno.
Questo libro ce lo leggeremo volentieri e con gusto. In attesa del secondo e, magari, anche di un terzo dove si potranno scrivere cose che non sono mai state non soltanto scritte, ma nemmeno dette e, ne siamo certi e Arpaia lo sa, ce ne sono a iosa. Ma, a così tanti anni di distanza a chi potrebbero interessare?