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Scritto da luciano luciani
Enogastronomia
11 Agosto 2024

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Insomma, per capirci, mangiare non è, non è mai stato, soltanto mangiare. Manifestazione fondamentale del corpo, non si può ridurre, però, al solo fatto biologico. Mangiare è un atto intriso di ritualità, soprattutto quando avviene con gli altri: è la metafora dell’unione, della famiglia, della comunità di appartenenza, dell’amicizia… Per Massimo Montanari, docente di storia dell’alimentazione presso l’Università di Bologna, “sempre la tavola rimane il luogo per eccellenza attorno a cui si concentrano valori e ideologie, si scambiano segni e messaggi, si esprimono sentimenti e passioni”. Proviamo a verificare un tale assunto con uno dei piatti più famosi della cucina lucchese di tradizione: i tordelli. Attenzione, tordelli. Con la consonante occlusiva dentale sonora che prende il posto delle t, dentale sorda. Come mai? E chi lo sa… Del resto è noto che, da sempre, il lucchese ha tenuto, e non poco, a distinguersi dal resto della Toscana: poco o punta aspirazione della c; pane più spesso salato che sciocco; piccola proprietà al posto della mezzadria; devoto e baciapile, il lucchese, in una regione popolata da comunisti, anarchici e mangiapreti… Insomma, al posto del corrivo e convenzionale tortello toscano, qui la fa da padrone il tordello: più sonoro, tondo, accogliente… Forse, l’ennesima manifestazione di quel garbo lucchese che tanto piacque a Curzio Malaparte.

Sempre per rimanere nel campo delle ipotesi, relative alla piccola - ma abbiamo visto quanto importante - modifica del fonema, taluni sostengono che derivi da una similitudine toscana che trova origine nel mondo della caccia e dei cacciatori assai numerosi da queste parti: “grasso come un tordo” è l’espressione, usata in quegli ambienti venatori, per indicare da gran tempo, persone con una qualche tendenza alle rotondità. Ecco, quindi, passando per diverse, progressive associazioni di pensiero, fare la sua apparizione, dicono nel secolo dei Lumi o giù di lì, il nostro panciuto e saporoso tordello.

Diversi, di nome e di fatto, i tordelli. Si presentano, dunque, in una forma pingue, polposa, a mezzaluna e dai bordi ben schiacciati, per impedire al contenuto di fuoriuscire in fase di cottura. Sempre economo, quindi il nostro lucchese… Che inventa il tordello come pietanza di riuso del lunedì, quando venivano riciclati gli avanzi derivati dal pasto della domenica. È realizzato con pasta sfoglia piuttosto spessa ripieno di carni (manzo e maiale)mortadellabietolapane casalingo ammollato nel brodocipollaodorispezie e parmigianoE poi, insugali ben bene i tuoi tordelli in un buon ragù di carne: non lesinare, abbonda. Un altro velo di parmigiano e finalmente si mangia!

Per i suoi colori rumorosi – certo, è proprio vero che si mangia anche con gli occhi! – per i suoi sapori intensi e insieme morbidi, per la sua lenta elaborazione digestiva che lo eleva ormai stabilmente a cibo dei giorni festivi, il tordello si abbina bene ai vini rossi dell’area lucchese e conseguentemente anche alla possibilità di un riposino pomeridiano. Sì, perché di fronte all’alternativa propostaci dagli antichi archiatri del Regimen Sanitatis Salernitanum a proposito del dopopranzo – …aut cubabis aut lento pede deambulabis – noi siamo sempre stati decisamente a favore della prima opzione.

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