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Scritto da Redazione
Piana
24 Febbraio 2025

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Emergono importanti novità sull'impianto di trattamento di pannoloni e assorbenti previsto a Salanetti che, a detta dei comitati sanità, aprirebbero uno scenario nuovo e ancor meno rassicurante sull'intera vicenda.

Del Chiaro e Menesini ci hanno raccontato che a Treviso c'era un'azienda che, prima al mondo, aveva progettato una tecnologia in grado di recuperare pannoloni e assorbenti sporchi. Una delegazione, che a quanto ci risulta aveva più una connotazione politica che tecnica, fu inviata a visionare l'impianto; non sappiamo bene in base a quale considerazione ne riportò una valutazione positiva- afferma Liano Picchi in qualità di portavoce- A noi è toccato scoprire, invece, che i due presupposti su cui era fondata la valutazione erano completamente falsi”.

La tecnologia su cui l'impianto si basava era infatti così poco funzionale che la proprietà stessa decise, pochi mesi dopo la visita, di smantellarlo, vuoi per l'insostenibilità dei costi di produzione, vuoi per l'impossibilità di ricollocare sul mercato le scarse materie prime recuperate”, dichiara ancora Picchi.

Tuttavia, la novità che emerge da una ricerca svolta dai comitati è che la Fater di Treviso non era affatto la prima azienda ad aver sperimentato il recupero dei pannoloni e assorbenti: già alcuni anni prima la Knowaste, una multinazionale canadese, aveva installato in Inghilterra un impianto per il recupero di 36mila tonnellate annue di pannoloni e assorbenti.

Anche in quel caso, come nel nostro, l'apertura era stata preceduta da una serie di roboanti annunci circa il fatto che sarebbe stato il primo di cinque impianti che sarebbero sorti nel Regno Unito, che avrebbero recuperato e riavviato alla produzione il 97 per cento del materiale evitando così il rilascio in atmosfera di ben 110mila tonnellate annue di gas serra, e che non avrebbe comportato nessun dato negativo sull'ambiente- prosegue Picchi- Ma i risultati che ne sono seguiti hanno clamorosamente smentito i buoni propositi: dopo appena 20 mesi dalla sua installazione, infatti, l'impianto è stato smantellato a causa delle ingenti perdite economiche e dei cattivi odori”.

A seguito di quest’esperienza, tutti gli altri impianti già progettati non hanno avuto il consenso a partire; l’articolo del quotidiano specializzato che riporta questa vicenda termina con la seguente frase: “L’impresa si indirizza ormai verso l’Africa del sud”. Ora, dichiara in conclusione Picchi, siamo a conoscenza di ulteriori importanti elementi che ci inducono, ancor più, “a non fidarci delle loro promesse”.

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